In questi giorni il Governo sta emettendo disposizioni per la riduzione dei consumi energetici della PA e della relativa spesa che secondo i dati più recenti, è pari a circa 8,9 miliardi di euro (fonte: elaborazioni Consip 2018 su dati Ministero dello Sviluppo Economico, Camera di Commercio di Milano, Arera, Terna, Enea, GME, EEX, TTF).
Si tratta di interventi correlati alla guerra in Ucraina volti a ridurre le dipendenze energetiche dalla Russia. Tra queste il primo maggio sarà operativa la riduzione delle temperature dei condizionatori a 27 gradi per gli edifici della PA. Misura che avrà seguito anche in inverno con un limite dei riscaldamenti a 19 gradi. Una scelta che dovrebbe portare a un risparmio complessivo di 4 miliardi di metri cubi di gas affrancandoci almeno in parte dalle esigenze di gas russo.
Ma è davvero questa la voce di spesa maggiore per l’energia nella PA? Purtroppo ci è voluta una guerra per porre attenzione al tema. Dall’indagine che abbiamo pubblicato a giugno 2021 “Spese ambientali dei comuni italiani – parametrizzazioni, target e analisi – con stima saving ottenibile nel breve periodo” (a cui si rimanda per approfondimenti), in cui abbiamo esaminato i costi dei Comuni, che rappresentano una parte importante dei Consumi della PA, confrontandoli tra loro per grandezza e area geografica. Da questa analisi è emerso un contesto più articolato dei consumi e soprattutto sono state evidenti alcune inefficienze.
I costi energetici dei comuni italiani dipendono principalmente da:
- Consumi elettrici per illuminazione pubblica (IP)
- Consumi elettrici per scuole, uffici e similari (Macchine da ufficio, illuminazione interna, raffrescamento, ecc.)
- Riscaldamento per scuole, uffici e similari
A fronte di una previsione di risparmi pari al 5-10% per il riscaldamento e al 5-7% per il raffrescamento previste dalla misura del Governo, i consumi energetici della PA evidenziano uno spreco del 25-30% che non viene colpito dalle attuali misure.
Quindi ci chiediamo, perché non agire anche sulla prima voce di spesa della PA? D’altronde l’illuminazione pubblica è usata prevalentemente di notte, momento della giornata in cui i carichi sono più ridotti. Ad esempio si potrebbero usare i fondi PNRR per trasformare a led tutti gli impianti di illuminazione pubblica (IP) non ancora efficientati per un risparmio ottenibile di circa il 50%. Per farlo sarebbe possibile utilizzare i capitolati e le gare CONSIP/REGIONI già approntati e utilizzati per recenti interventi. Un’azione che potrebbe dare corso a un massiccio intervento nazionale, realizzabile in 12-18 mesi, incidendo in modo significativo sulla spesa (900 milioni €/anno) e sui i consumi IP suddetti.
Mentre meno efficaci e di scarsa lungimiranza sono interventi come lo spegnimento notturno che porta a un risparmio reale del 15-20%, che inoltre necessita di implementazioni di infrastruttura per l’inserimento dei timer di spegnimento e mette i cittadini a rischio sicurezza stradale e furti notturni.
Come ridurre i consumi energetici della PA e le inefficienze già facilmente individuabili
Come ridurre le inefficienze già facilmente individuabili. Ad esempio dai dati del nostro studio le spese energetiche risultano sì tra le più rilevanti ma ammettono una significativa riduzione di sprechi e inefficienze.
Su una spesa di 2,7 miliardi €/anno del 2019 (cioè il 30% della spesa totale PA) è stata individuata una area di saving di 0,8 miliardi di €. Quindi 1,9 miliardi €/anno sarebbe la spesa corretta accettabile. Maggiori costi sono “accettabili o subibili” solo nei casi di buona gestione energetica.
Premiare le efficienze pubbliche e private ecco come
La prima azione per una transizione ecologica è consumare meno e per farlo bisogna agire su un’analisi dell’esistente individuandone le falle. Poi certamente arriva anche l’implementazione di nuove tecnologie.
Sarebbe utile ad esempio premiare i comuni efficienti e, perché no, anche le spese dei singoli utenti più attenti al contenimento delle spese.
Come premiare i cittadini efficienti
Si potrebbe portare l’IVA per energia elettrica al 5% (come fatto per il gas) esclusivamente per le famiglie che consumano in linea con gli standard di economia energetica. Quindi valutando 200 kWh/mese e per consumi non oltre 3500 kWh/anno mettendo l’attuale IVA al 22% per consumi residui. L’IVA resterebbe al 22% per consumi >3500 kWh/anno (vedi grafico).
Il consumo standard di una famiglia efficiente è di circa 2500-3000 kWh/anno. Prima della crisi in corso, la tariffa media completa era di 0,24 €/kWh (0,2 €/kWh senza IVA) cui corrisponde una spesa annua di 610 – 730 €/anno, compresa IVA.
Su tale importo la IVA al 22% è 110 – 130 €/anno. La spesa ora è circa raddoppiata (925-1110 €/anno) e lo Stato incassa circa 205 – 245 €/anno di IVA.
Lo Stato verrebbe incontro ai consumatori più efficienti e meno spreconi con una IVA agevolata, con minore introito accettabile e largamente compensato dal maggiore introito dalle famiglie più energivore.
EFFETTI INDOTTI
Le famiglie prossime allo standard (consumi tra 2400 e 3500 kWh/anno) sono indotte a ridurre i proprii consumi con interventi di efficientamento energetico o con uso di FER (FV) per usufruire di IVA al 5% per tutti i consumi.
Le famiglie che superano lo standard (oltre 3500 kWh/anno) sono indotte a ridurre drasticamente i propri consumi con interventi di efficientamento energetico o con uso di FER (FV). Un’azione integrata, equa e in linea con la transizione energetica
Comuni- I dettagli del potenziale risparmio energetico
Per i soli Comuni c’è un valore di spesa energetica di 2,8 miliardi €/anno, valore medio nazionale circa 47 €/abitante*anno. Se invece si allineassero i target individuati risulterebbero:
Quindi valore medio nazionale circa 32 €/abitante*anno (1,9 miliardi €/anno).
In tale contesto la spesa per IP è pari al 40-50% della spesa totale elettrica, per un totale annuo di 600 milioni €/anno secondo target (applicando ai costi extra target una quota 30%, % media degli sprechi riscontrati, la spesa per IP è valutabile 900 milioni €/anno, valore in linea con stime 2012 che risentono di successivi interventi miglioramento).
Dallo studio è stato possibili stimare anche i consumi energetici per abitante dei Comuni:
Questi valori sono di fatto dei target energetici a cui i Comuni dovrebbe puntare come obiettivo per una reale transizione energetica e ottimizzare le spese.
In sintesi, senza aspettare le guerre, il motto doveva e deve essere:
La prima fonte rinnovabile è la eliminazione degli sprechi (che non richiede alcuna energia successiva) e questo dovrebbe essere il primo passo per la transizione energetica reale.
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