L’Italia può ridurre la dipendenza per le materie prime critiche di circa un terzo, generando oltre 6 miliardi di euro di valore aggiunto per la filiera al 2040, ma servono 1,2 miliardi di euro di investimenti. È quanto emerge dallo studio realizzato da Teha Group per Iren e presentato il 4 novembre a Roma. L’analisi traccia il percorso di sviluppo per il nostro Paese in cui le materie prime critiche rappresentano un elemento chiave per la competitività nazionale, contribuendo ai 690 miliardi di euro di produzione industriale, pari al 32% del Pil.
Lo studio si sviluppa a partire dalla rilevanza strategica dei materiali di difficile approvvigionamento ma che sono strategici per lo sviluppo industriale e tecnologico (ad esempio: litio per le batterie, silicio per i semiconduttori, indio per i display). L’Europa, in generale, dipende soprattutto dalla Cina che produce il 56% delle materie prime critiche importate in UE. Come rileva lo studio, il gap di investimenti tra il nostro continente e il Paese asiatico è enorme: ammontano a 2,7 miliardi di euro gli investimenti realizzati nel 2023 dall’Europa per il comparto, a fronte dei 14,7 miliardi della Cina.
Materie prime critiche e valorizzazione dei Raee
La crescita del contributo delle materie prime critiche alla produzione industriale in Italia, negli ultimi 5 anni, è pari al 51%. Nella road map indicata, ad essere cruciale per il percorso di sviluppo sarà la corretta valorizzazione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), rispetto a cui l’Europa rappresenta il continente che ne genera il maggior quantitativo pro capite (16,2 kg).
Fondamentale è investire sulla capacità impiantistica e la realizzazione di nuovi impianti per il recupero e il trattamento, dato che ad oggi il 90% delle componenti dei Raee viene esportato. Il documento rileva che gli impianti accreditati in Italia per il recupero e il trattamento non sono adeguati alla gestione dei volumi prodotti (solo 47 impianti su 1.071 lo sono, pari al 4,3%): “In quest’ambito, Iren si pone come apripista di un percorso di sviluppo nazionale, avviato con la creazione della piattaforma RigeneRare e proseguito con la prossima inaugurazione dell’innovativo impianto in Valdarno, il primo in Italia per il trattamento dei Raee, diretto al recupero di metalli con processo idrometallurgico e una capacità di trattamento di oltre 300 tonnellate di schede elettroniche all’anno” viene evidenziato nella nota stampa.
Le strategie per incrementare la competitività dell’Italia
In tema di materie prime critiche, quattro sono le strategie operative:
- l’esplorazione mineraria: richiede la formulazione di un nuovo piano che risponda a una visione integrata a livello nazionale e regionale, che includa una strategia di consolidamento delle competenze minerarie e il rilascio dei titoli minerari;
- le partnership con i Paesi africani, identificando linee di finanziamento ad hoc del Fondo del made in Italy e valorizzando i fondi a disposizione nel quadro del piano Mattei, per favorire l’estrazione e la lavorazione delle materie prime critiche;
- la raffinazione e il trattamento: riguarda l’individuazione delle aree strategiche di specializzazione per l’Italia nella fase di processing delle materie prime critiche, unita alla promozione di meccanismi di coordinamento a livello dell’UE per ridurre la frammentazione;
- il recupero di materiali e l’utilizzo delle materie prime seconde nelle produzioni industriali per lo sviluppo dell’economia circolare e dei processi di urban mining: per contribuire a questo obiettivo, una leva strategica sarà la crescita dei volumi di Raee raccolti, il cui 70% non viene gestito correttamente per la scarsa presenza di centri di raccolta fruibili e la ridotta consapevolezza dei cittadini.
Infine, altro propulsore di sviluppo per l’economia circolare è l’utilizzo delle materie prime seconde nelle produzioni industriali. La mancata valorizzazione di queste ultime, in base ai dati dello studio, comporta una perdita annua di oltre 1,6 miliardi di euro di materie prime critiche per l’industria.
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