Il problema strutturale dell’assenza sul territorio nazionale di una rete di impianti di trattamento adeguata per i rifiuti, significa esportare ogni anno quantità di rifiuti derivanti dalle attività industriali, che fa perdere ogni anno al nostro Paese un miliardo di euro. Rifiuti che invece all’estero vengono trasformati in nuove materie prime.
Lo rivela il report “Ambiente, Energia, Lavoro – La centralità dei rifiuti da attività economiche”, presentato da Assoambiente (Associazione imprese servizi ambientali ed economia circolare) lo scorso 25 maggio al palazzo Generali piazza Venezia a Roma, da cui emerge un fabbisogno impiantistico necessario superiore alle 10 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno. Inoltre evidenzia un fabbisogno accumulato tra il 2021 e il 2025 che sarà pari a circa 34 milioni di tonnellate..
Dai dati del 2019 emerge inoltre come, in Italia la produzione di rifiuti ha superato le 193 milioni di tonnellate, 163 milioni sono speciali, ovvero provenienti da attività industriali e circa 30 milioni sono urbani.
I rifiuti speciali costituiscono l’85% della produzione complessiva dei rifiuti, il quintuplo di quelli urbani. Il report si concentra sui di essi senza comprendere quelli del comparto costruzioni e demolizioni.
La geografia dei rifiuti speciali
Nel 2019, i rifiuti speciali hanno registrato una produzione pari a 111 milioni di tonnellate. Il rapporto si concentra sui rifiuti direttamente prodotti dalle attività economiche, pari a circa 65 milioni di tonnellate. Di cui, oltre 36 milioni di tonnellate (55%) sono stati prodotti dalle aziende manifatturiere.
I maggiori volumi si hanno nel nord Italia, in seguito all’elevato numero di realtà produttive presenti e alla dotazione impiantistica dedicata alla gestione degli scarti prodotti. In testa la Lombardia con 23 milioni di tonnellate di rifiuti speciali prodotti, seguita da Veneto (12), Puglia (11), Emilia-Romagna (10), Piemonte (7), Toscana (7) e Lazio (7).
Il trattamento dei rifiuti speciali
L’Italia è leader nel riciclo e recupero dei rifiuti speciali, oltre che nella gestione di quelli urbani.
Nel 2019, il 65% delle oltre 109 milioni di tonnellate di rifiuti speciali è stato avviato a recupero e, il restante 35% ad operazioni di smaltimento, quali incenerimento, discarica, stoccaggio finalizzato allo smaltimento finale o altre operazioni come il trattamento chimico-fisico.
Oltre 15 milioni di rifiuti speciali finiscono in discarica, soprattutto al Centro e al Sud. Invece, quasi sette milioni di rifiuti finiscono negli impianti di incenerimento o recupero energetico, di cui quasi un milione di tonnellate viene destinato a incenerimento. Il resto viene gestito nei cementifici o in impianti privati di incenerimento di scarti produttivi e di processo industriali, “torce” per la produzione di energia elettrica con biogas da discarica o da impianti di compostaggio.
Gli impianti presenti in Italia
Esistono 11.200 impianti di trattamento dei rifiuti speciali, localizzati a macchia di leopardo: ad esempio la Puglia dispone di 612 impianti con circa 11 milioni di tonnellate di rifiuti speciali prodotti, mentre il Veneto produce 12 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, ma ha 1.190 impianti.
Su 11mila impianti totali, circa il 58% è concentrato nel Nord Italia, il 17% al Centro e il 25% al Sud e Isole. Il 24% del totale, circa 27 milioni di tonnellate, sono state trattate in un territorio diverso dalla Regione di produzione.
Dove finiscono i rifiuti destinati all’estero
Nel 2019, sono stati conferite all’estero oltre quattro milioni di tonnellate di rifiuti speciali prodotti in Italia, destinate per il 50% alla Germania, Austria, Francia, Svizzera e Slovenia. La Germania ha accolto 800mila tonnellate, il 23% dei rifiuti esportati è finito negli impianti di incenerimento o recupero energetico, il 14% è stato conferito in discarica o avviato ad altre operazioni di smaltimento; i rimanenti flussi sono stati destinati ad impianti per il recupero di materia.
“I volumi di rifiuti speciali annualmente esportati sono un forte segnale di carenza impiantistica, particolarmente preoccupante se si considera la previsione di crescita industriale stimata per i prossimi anni. Senza una pianificazione strategica di investimenti in nuovi asset dedicati, si amplierà il gap tra i quantitativi da avviare a trattamento e gli impianti sul territorio”, ha commentato Marco Steardo, presidente della sezione Rifiuti Speciali di Assoambiente.
I costi della carenza impiantistica
Continuare a cedere all’estero i rifiuti speciali significa perdere un miliardo di euro all’anno, a cui si aggiungono le perdite occupazionali, di produzione delle materie prime ed energia e di gettito fiscale legato alla mancata gestione interna.
Si stima una mancata produzione di energia generabile dai rifiuti che potrebbero essere termovalorizzati tra i 330 e i 400mila MWh all’anno, che per l’Italia che importa energia significa un costo annuo fra i 40 e 60 milioni di euro.
“La realizzazione degli impianti di riciclo, di recupero di materia e di energia”, ha aggiunto Steardo, “deve essere adeguatamente pianificata, privilegiando la realizzazione di impianti a servizio di distretti produttivi specifici nei quali la gestione dei rifiuti si integrerebbe, producendo materie prime seconde e/o energia utili al distretto stesso. Perché ciò avvenga deve consolidarsi un quadro normativo rigoroso, ma inequivocabilmente applicabile, che, in condizioni di sicurezza per l’ambiente e per la salute, favorisca dove possibile la trasformazione dei rifiuti in materia, attraverso specifici processi ‘end of waste’”.
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