L’Area Science park di Trieste è un Parco scientifico, associato all’Associazione Parchi Scientifici e Tecnologici Italiani (APSTI), che da circa quindici anni è stato acquisito dal Ministero dell’istruzione, università e ricerca. La struttura da circa sei mesi ha attivato un Osservatorio sull’economia circolare che entrerà a pieno regime dopo l’estate, con l’obiettivo di guardare a questa opportunità calata nel territorio, cominciando dal Friuli Venezia Giulia.
Con Fabio Morea responsabile dell’Osservatorio abbiamo approfondito alcuni aspetti di questa nuova sfida. “Il nostro obiettivo è guardare allo scenario industriale in prospettiva a 5 – 10 anni. È evidente che ci saranno alcune forti determinanti sullo sviluppo economico come le normative di carattere ambientale, la globalizzazione e l’era del digitale. Considerando questi fattori abbiamo deciso di sviluppare il nostro ruolo di supporto alle piccole imprese per cogliere le sfide ambientali”.
In questo scenario il sostegno alla crescita industriale è proprio nello svolgere un lavoro “sul piano della strategia e della open innovation in cui aiutiamo le imprese a capire che domanda porsi e quali specialisti ti possono supportare a trovare le risposte che stai aspettando” spiega Morea.
“L’imprenditore guarda all’economia in un modo diverso da noi studiosi. Realizza un prodotto o un packaging riciclabile o magari individua un processo di estrazione di terre rare dalle batterie ma non sempre ha una visione prospettica della sua azione o valuta quale ruolo ritagliarsi in un contesto più amplio della filiera. Il nostro compito sarà proprio questo” spiega Morea.
Nuovi indicatori di economia circolare
Calando l’economia circolare in una realtà territoriale lo studioso si auspica di poter rilevare alcuni indicatori ad oggi ancora non definiti. “Vorremmo arrivare a fare una mappatura della economia circolare a livello regionale usando in parte il modello realizzato da Enea e in parte sperimentando 4-5 indicatori specifici che individuino quanto vale l’economia circolare in un determinato territorio e in una specifica filiera. Inoltre vorremmo valutare l’uso dei dati delle dichiarazioni uniche ambientali, delle stesse imprese, per stimare un’eventuale sinergia tra scarti industriali e attività industriale”.
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