È possibile creare un sistema circolare che permette di raccogliere, selezionare e riciclare gli abiti usati, in grado di coprire i costi di queste operazioni sia nei paesi di raccolta che in quelli di destinazione. Lo afferma il report “Pushing the Boundaries of EPR policy for textiles”, realizzato dalla Ellen Mac Arthur Foundation.
A livello globale, l’80% dei prodotti tessili finisce in discarica oppure viene incenerito o disperso nell’ambiente. Ciò avviene perché non esiste una vera raccolta differenziata per questo tipo di rifiuti e, soprattutto, non viene operata una selezione per salvare la parte riutilizzabile del prodotto da quella da smaltire.
Our new report ‘Pushing the Boundaries of EPR policy for textiles’ sets out why a #circulareconomy is the only solution that can match the scale of the global textile waste problem, and how #EPR policies play an important part in this. Explore more: https://t.co/jGlwZUUfg3 pic.twitter.com/biAT2I8RrZ
— Ellen MacArthur Foundation (@circulareconomy) June 17, 2024
Come funziona la normativa EPR
Secondo il report, la normativa EPR sulla responsabilità estesa del produttore sarebbe in grado di consentire una gestione più efficiente dei tessili usati: in pratica, le imprese stesse dovrebbero versare di contributi per la creazione di infrastrutture dedicate al riciclo e smaltimento dei rifiuti tessili e per la formazione di personale. Il contributo dovrà essere commisurato al quantitativo di materiale immesso nel mercato.
Ad oggi i paesi che hanno approvato una normativa EPR sono tre: Francia, Paesi Bassi e Ungheria. Sono molti, tuttavia, i paesi in cui la norma è in discussione, oltre che in Europa anche in Africa e nelle Americhe.
Il report sostiene che le infrastrutture di raccolta sei tessili siano insufficienti a livello globale. I tassi medi di raccolta vanno infatti dal 14% al 50%. Inoltre, l’80% degli indumenti riutilizzabili raccolti viene esportato, creando un onere per la loro gestione a carico dei paesi importatori.
L’importanza del riuso
Lo studio condotto dalla fondazione evidenzia l’importanza strategica della selezione dei rifiuti tessili. Senza un’operazione in cui si individuino i capi usati che possono essere immessi nel mercato del riuso, il sistema non può sostenersi economicamente.
Il grafico sottostante analizza tre diversi paesi. Viene qui evidenziato che solo gli abiti usati destinati al riuso possono generare un margine positivo per le aziende di settore. La parte che non può essere riusata, quindi possibilmente da indirizzare al riciclo, genera solo perdita, perché ad oggi non esiste un mercato per questi materiali.
Il report quindi afferma che creare un sistema EPR potrebbe essere l’unica soluzione per attrarre gli investimenti necessari per potenziare il riciclo del tessile, e incentivare il mercato del riuso.
Serve una base normativa comune
La fondazione ritiene che i sistemi EPR dovrebbero funzionare sempre allo stesso modo, indipendentemente dal paese in cui vengono adottati. Dal momento che l’industria della moda è un settore che abbraccia le economie di tutto il mondo, una base normativa comune è fondamentale per affrontare il problema. Anche perché molte cose sono ancora poco chiare, a partire dalla definizione di rifiuto tessile, che varia da paese a paese.
Pertanto, le operazioni di raccolta, selezione, preparazione al riuso o al riciclo dovrebbero essere sempre sostenute economicamente da contributi obbligatori per le aziende produttrici. Mentre per altre voci della filiera, come il trattamento dei tessili destinati a distruzione o i costi amministrativi, il report lascia discrezionalità a ogni paese.
La gestione dei materiali esportati
Un altro nodo della questione è relativo all’export degli abiti usati, che ad oggi rappresenta una delle soluzioni adottate più di frequente dai paesi che non riescono a gestire questi materiali. I sistemi EPR dovrebbero prevedere dei meccanismi di trasparenza e tracciabilità per fornire un quadro chiaro di ciò che viene esportato.
Il report auspica che le normative EPR possano agire al di là dei confini nazionali, creando dei fondi appositi in cui le aziende potranno versare le risorse destinate alla gestione dei rispettivi scarti tessili nei paesi di destinazione. L’obiettivo è creare un sistema infrastrutturale in grado di aiutare le economie locali a crescere e a non subire l’invasione incontrollata di materiali difficili da gestire.
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