Il mondo della moda si sta confrontando a Roma su transizione ecologica e innovazione tecnologica. Sta accadendo al Phygital Sustainability Expo (11-12 luglio presso i Mercati di Traiano), evento sul tema per moda e design giunto alla sua terza edizione.
Tra le innovazioni presentate: maglioncini al burro di canapa, vestiti di
fibre di rosa, di bamboo, di ortica, di arancio, pelle vegana di cactus, di mais, o di uva; fibre d’argento che hanno funzioni antisettiche e grazie alle nanotecnologie anche dimagranti a base di alghe, funghi e ancora, proteine fermentate che sostituiscono le pellicce.
L’evento è ideato e curato dalla Sustainable Fashion Innovation Society è la più grande community europea di brand ecosostenibili, con oltre 2.000 aziende di moda e design iscritte ufficialmente gratuitamente.
Gli eventi del Phygital Sustainability Expo
L’evento comprende un esposizione museale a cui si può accedere gratuitamente, una sfilata narrata con un percorso sensoriale e digitale; Green Confidential® è la sessione conferenze dal titolo “Lost in transition”, che vede annualmente importanti aziende multinazionali, ma anche PMI, annunciare la loro green disruption; la Sfilata Narrata dove per ogni abito in passerella viene narrato il carbon footprint emesso per la produzione del capo; il premio “IV Award Phygital Sustainability EXPO”, in partnership con Innovation Village Award 2022 dedicata all’innovazione di cui sei startup selezionate illustreranno le loro innovazioni.
I capispalla “Cruelty free”
Nel corso del Phygital Sustainability Expo verrà presentata in anteprima una collezione di capispalla in materiale riciclato cruelty free che adotta imbottiture in fibre naturali e vegetali come lino e cachemire, in sostituzione alle classiche in piuma d’oca.
“La moda – sostiene Antonio Alessandro Valerio amministratore e direttore creativo di Fibre, brand molisano nato nel 2020 che produce tessuti alla moda green, derivanti dal riciclo della plastica e rigenerati – è uno dei settori a maggior impatto ambientale, sia per la filiera troppo lunga e ormai dislocata a livello globale, sia per il materiale utilizzato spesso di bassa qualità e altrettanto inquinante. Realizzare abiti con una filiera locale a chilometro zero e con l’impiego di materie prime sostenibili è il punto di partenza per una vera rivoluzione green”.
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