In base ai dati relativi al 2022, l’industria italiana delle plastiche biodegradabili e compostabili è rappresentata da 271 aziende – suddivise in produttori di chimica di base e intermedi (5), produttori e distributori di granuli (19), operatori di prima trasformazione (182), operatori di seconda trasformazione (65).
Il volume di manufatti compostabili prodotti è pari a 127.950 tonnellate (+2,1 per cento rispetto al 2021) e il fatturato complessivo ammonta a 1.168 milioni di euro (+10,1 per cento sul 2021). Il numero di addetti è cresciuto del 135 per cento in poco più di dieci anni, arrivando a quota 3.005.
Il riciclo delle bioplastiche
A far emergere questi dati positivi è il nono Rapporto sulla filiera italiana delle bioplastiche compostabili, presentato il 6 luglio a Roma durante il convegno di Assobioplastiche, Consorzio Biorepack e Consorzio Italiano Compostatori (CIC).
Sul fronte delle attività di riciclo, i numeri sono altrettanto positivi: il riciclo organico delle bioplastiche compostabili ha raggiunto nel 2022 quota 60,7 per cento dell’immesso al consumo (nove punti in più rispetto al 2021), superando con otto anni di anticipo l’obiettivo fissato per il 2030 (pari al 55 per cento).
Presentato il IX rapporto annuale di #Assobioplastiche
Nel 2022 cresce ancora l’industria delle #bioplastiche in Italia
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— Asso Bio Plastiche (@abioplastiche) July 6, 2023
Le emissioni di gas serra evitate
Non meno rilevanti, i numeri relativi alle attività di trattamento: i 293 impianti di compostaggio distribuiti nelle diverse regioni hanno trattato 4 milioni di tonnellate di rifiuto a matrice organica, cui si aggiungono ulteriori 63 impianti integrati (digestione anaerobica e compostaggio) che ne hanno trattati altri 4,3 milioni di tonnellate.
Il trattamento biologico della FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano) ha permesso di evitare 5,4 megatonnellate di CO2 equivalente e di produrre oltre 2 milioni di tonnellate di compost (il 34 per cento delle quali a marchio CIC), riportando nei terreni agricoli 440mila tonnellate di carbonio organico.
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L’aumento dell’illegalità
C’è da evidenziare, però, anche qualche criticità. Nel breve termine, la diminuzione complessiva dei consumi finali e la riduzione della spesa delle famiglie, schiacciate dall’inflazione, fanno presagire per l’anno in corso una contrazione della produzione industriale di manufatti compostabili. Il tasso dei sacchetti illegali è salito dal 22 per cento del 2021 al 28 per cento del 2022. E basta osservare con attenzione gli scaffali di negozi e supermercati per rendersi conto che stanno proliferando piatti, bicchieri e posate realizzati in plastica tradizionale, ma venduti con la dicitura “riutilizzabile”.
“I manufatti in plastica tradizionale rappresentano la maggiore quantità di frazione estranea che ritroviamo nei nostri impianti di compostaggio. Questi prodotti ‘sporcano’ la raccolta dell’umido domestico e, così facendo, diminuiscono la quantità di compost che è possibile produrre nei nostri impianti”, spiega Lella Miccolis, presidente del CIC.
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L’appello di Assobioplastiche, Biorepack e CIC
“Questi fenomeni erodono i margini di crescita delle aziende che operano nella legalità e, così facendo, riducono le loro possibilità di investire nella ricerca di soluzioni innovative, a ridotto impatto ambientale. Inoltre, creano problemi economici ai Comuni impegnati nella raccolta differenziata della frazione organica dei rifiuti: una minore qualità della raccolta equivale infatti a minori corrispettivi economici che possiamo garantire loro come consorzio”, aggiunge Marco Versari, presidente di Biorepack.
Ecco perché Assobioplastiche, Biorepack e CIC hanno deciso di lanciare un appello congiunto: sul fronte del contrasto all’illegalità, occorre ripensare e rafforzare il meccanismo dei controlli, che vedono già oggi impegnate le diverse Forze dell’Ordine. Parallelamente, si evidenzia la necessità di un riconoscimento del valore strategico del comparto, anche tramite apposita classificazione ATECO/NACE.
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