Non siamo più i primi in economia circolare. Questo secondo il quarto Rapporto Circonomia, il Festival dell’economia circolare e della transizione ecologica promosso in collaborazione con Legambiente, Kyoto Club, Fondazione Symbola.Al primo posta ora c’è l’Olanda.
I dati del report divulgati oggi 14 settembre a Roma, evidenziano un rallentamento nella crescita green come sottolinea il direttore scientifico del Festival Roberto Della Seta: “Più del “sorpasso” olandese, a colpire è il brusco rallentamento del cammino “green” italiano negli ultimi anni. In tutti gli indicatori tranne uno (tasso di riciclo dei rifiuti), dal 2018 in poi corriamo di meno della media dei Paesi Ue. Talvolta il peggioramento non è solo relativo ma assoluto: consumiamo più materia e produciamo più rifiuti sia per abitante che per unità di Pil (mentre i dati medi europei segnano una riduzione), produciamo più emissioni climalteranti pro-capite (dato medio europeo: -7 peggio dell’Europa nel consumo di energia fossile (noi stabili, in Europa -5%) e nella crescita delle energie rinnovabili: +7% sul totale dei consumi contro il +14% dell’Europa, +2,2% sulla produzione elettrica contro il +15,2% europeo”.
Resta il primato del riciclo
All’Italia resta l’unico primato del tasso di riciclo sul totale dei rifiuti prodotti. Uno scenario in cui brillano particolarmente le performance di molti consorzi di filiera che gestiscono la raccolta e il riciclo di specifiche tipologie di rifiuto.
Su tutti Conou, il Consorzio nazionale degli oli minerali usati, raccoglie pressoché la totalità dell’olio usato raccoglibile e ne rigenera in il 98% in nuove basi lubrificanti (in Europa il tasso medio di rigenerazione è inferiore ai due terzi). Riccardo Piunti, Presidente del CONOU – Consorzio degli Oli Minerali Usati commenta così il successo del modello Conou. “La raccolta degli oli minerali usati e il tasso di rigenerazione di oltre il 98% fanno del “sistema CONOU” l’eccellenza dell’economia circolare in Europa, dove mediamente si rigenera appena il 61% dell’olio usato raccolto e una grande parte di esso viene bruciata. Questo modello porta con sé indubbi benefici sia ambientali che economici. Nel solo 2022, per esempio, le nostre attività hanno evitato l’immissione in atmosfera di 64 mila tonnellate di CO2 e sono stati circa 7,5 milioni i giga joule di combustibili fossili consumati in meno rispetto al modello di economia lineare, con un risparmio di circa 130 milioni di euro sulla bolletta petrolifera per importazioni di greggio evitate.”
Bravi anche nel riuso di materie prime seconde. Grazie a questo l’industria manifatturiera italiana nel 2021 ha conseguito “un risparmio energetico di circa 770 mila TJ (o 18,4 milioni di Tep), equivalente all’11,8% del totale dell’energia disponibile lorda, e ha evitato emissioni climalteranti per 61,9 milioni di tonnellate di CO 2 eq, pari al 15,9% delle emissioni lorde italiane”.
Una crisi di modello e di investimento in innovazione
“Sul tema ambientale sono stati fatti degli errori, ma sono stati ideati anche strumenti virtuosi” ha dichiarato Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera. “L’approvvigionamento energetico non può andare a scapito della salvaguardia del paesaggio: se abbiamo un deficit di energia non possiamo andare a spalmare sul territorio milioni e milioni di pale eoliche e pannelli fotovoltaici perché rischiamo di distruggere questa ricchezza e procurando un’altra emergenza, ancora più pericolosa, quella alimentare. Sulla rigenerazione urbana, non si può continuare a parlare di economia circolare e poi costruire con i materiali più energivori che ci siano, vetro e acciaio. Infine i rifiuti: se dobbiamo fare economia circolare, la costruzione del termocombustore rinnega il principio stesso dell’economia circolare”.
Commento che stride con alcuni dati evidenziati dal report proprio in ambito di rinnovabili in cui “l’arretramento italiano appare più rilevante è il trend di crescita delle nuove energie rinnovabili, solare ed eolico”, definite nel report “cuore” della risposta alla crisi climatica.
Secondo Circonomia “nel 2022 la produzione italiana da eolico si è contratta di circa l’1% rispetto all’anno prima, mentre su scala Ue è aumentata del 9%, in Germania del 10%, in Olanda e Danimarca di oltre il 18%. “La produzione da solare
fotovoltaico è cresciuta in Italia del 10%, a fronte di un incremento del 26% nell’Ue, del 20% in Germania, di oltre il 25% in Spagna e Francia, del 54% in Olanda”.
Inoltre il report evidenzia come “Le prospettive non sono brillanti anche considerando solo la nuova capacità fotovoltaica installata: in Italia è aumentata dell’11%, la metà di quanto è cresciuta in media nella Ue (+22%) e addirittura un quinto di quanto è cresciuta in Olanda”.
Tra le macroregioni italiane, il Nord è quella che peggiora di più, mentre il centro Italia resta virtuosa.
Anche l‘assenza adi investimenti in innovazione tecnologica tra le cause di arretramento. “L’Italia spende in ricerca e sviluppo (2021) l’1,48% del Pil, contro il 2,26% della media Ue e il 3,13% della Germania, mentre nel 2020 (dato più aggiornato disponibile) la brevettualità dell’Italia è stata pari al 21% di quella della Finlandia, al 26% di quella della Germania, al 49% di quella della Francia”.
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