L’importanza della circolarità per la competitività dell’economia italiana

Presentato a Roma l’ultimo Rapporto sull’economia circolare del Circular Economy Network, redatto in collaborazione con l’ENEA.

La quinta Conferenza nazionale sull’economia circolare, svoltasi il 16 maggio a Roma con il patrocinio del MASE, è stata l’occasione per presentare il Rapporto sull’economia circolare 2023. Il report, elaborato dal Circular Economy Network in collaborazione con l’ENEA, raccoglie i dati più aggiornati sull’andamento dei principali indicatori di circolarità in Italia e compara la performance del nostro Paese con quelle di altre nazioni europee: Polonia, Francia, Spagna e Germania.

“Per un’economia circolare serve l’impegno dei decisori politici, ma anche dei consumatori. Gli italiani, in questo campo, sono fra i migliori. Abbiamo conoscenze e competenze che possono davvero dettare il percorso. Comprendiamo la necessità di incrementare il riuso, come auspicato dall’Unione europea, ma vogliamo continuare a puntare sul riciclo. Riformeremo il Paese a partire dal PNIEC, dalla Strategia nazionale per l’economia circolare e dal Programma nazionale per la gestione dei rifiuti”, ha dichiarato Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, in apertura dell’evento.

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L’Italia e la circolarità

“La circolarità è importante per la competitività dell’economia italiana e per disaccoppiare la crescita economica dall’importazione di materiali”, ha poi spiegato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, cominciando a illustrare i dati del rapporto. Nel 2021, l’Italia ha generato 3,2 euro di PIL per ogni kg di risorse consumate. Il punteggio di circolarità è buono, ma il trend è in peggioramento. Il tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo è del 18,4 per cento: siamo dietro la Francia, ma ben oltre la Germania. Il trend è stazionario. La produzione di rifiuti nel nostro Paese è in crescita: nello specifico, cresce la produzione di rifiuti speciali, cala quella di rifiuti urbani.

“Fra le proposte prioritarie per attuare la Strategia nazionale per l’economia circolare, ci sono: recepire con attenzione le normative europee in materia di eco-design e prodotti sostenibili; realizzare i progetti per l’economia circolare finanziati col PNRR; rafforzare le misure di circolarità nella prevenzione della produzione di rifiuti; far partire sistemi di EPR in nuovi settori, come il tessile o l’alimentare”, ha evidenziato Ronchi.

Le scelte dei consumatori per l’economia circolare

Per affermare un modello circolare di economia, bisogna facilitare le scelte dei consumatori nelle fasi di acquisto, utilizzo e a fine uso dei prodotti. Dal focus in collaborazione con Legacoop e Ipsos emerge che sette italiani su dieci ritengono che l’acquisto di un prodotto usato o ricondizionato abbia maggiori benefici ambientali. A fine vita, sempre o spesso, sei italiani su dieci conferiscono il prodotto per avviarlo al riciclo. “Sensibilità, consapevolezza del ruolo del processo d’acquisto nel modificare i comportamenti altrui e coerenza sono i fattori che indirizzano le scelte sostenibili dei consumatori”, ha puntualizzato Marco Frey, professore ordinario di Economia e Gestione delle imprese presso la Scuola universitaria superiore Sant’Anna di Pisa.

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Mattia Granata, presidente del centro studi Legacoop, ha illustrato altri dati della ricerca. Negli ultimi tre anni, quasi un italiano su due ha acquistato un prodotto usato, specialmente nel settore dell’abbigliamento e degli accessori o in quello della tecnologia (in quest’ultimo caso, si parla di usato rigenerato). Nel settore della mobilità, prevalgono soluzioni come leasing, noleggio e sharing, anche se emerge un dato contraddittorio: sei italiani su dieci preferiscono essere proprietari di un bene. Diversa la percezione dei più giovani.

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“Abbiamo intenzione di riproporre quest’indagine annualmente per monitorare, anche a favore delle nostre imprese, le dinamiche legate ai comportamenti dei consumatori, così da supportare la strutturazione di una serie di politiche industriali sempre più strategiche”, ha concluso Simone Gamberini, presidente della Legacoop.

Le sfide legate alle materie prime critiche

Altro focus, quello sulle materie prime critiche. “In Italia, le MPC rientrano nella produzione industriale di circa 565 miliardi di euro (32 per cento del PIL)”, ha sottolineato Roberto Morabito, direttore del Dipartimento sostenibilità sistemi produttivi e territoriali dell’ENEA. L’European Critical Raw Materials Act stabilisce obiettivi sfidanti per il 2030: almeno il 10 per cento delle materie prime critiche consumate dovrà essere estratto in Europa, e almeno il 15 per cento dovrà provenire da attività di recupero e riciclo. L’ENEA, fra i partecipanti al Tavolo tecnico nazionale sulle materie prime critiche, ha sviluppato tecnologie per recuperarle dai RAEE. Si possono recuperare anche dai pannelli fotovoltaici. A emergere, comunque, è il grande potenziale delle strategie circolari combinate sulla domanda di MPC.

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La Strategia nazionale per l’economia circolare

Laura D’Aprile, a capo del Dipartimento sviluppo sostenibile del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, ha parlato dei pilastri del cronoprogramma di attuazione della Strategia nazionale per l’economia circolare, fra cui “la tracciabilità dei rifiuti per supportare le filiere industriali con elementi quantitativi, gli incentivi fiscali (primo fra tutti il credito d’imposta per i materiali riciclati), la revisione dei sussidi ambientalmente dannosi, il diritto al riutilizzo e alla riparazione”.

Barbara Clementi, dirigente della Divisione economia circolare, DG per la politica industriale, l’innovazione e le PMI, del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ha aggiunto: “Fondamentale la partecipazione governativa alle discussioni europee. In quest’ottica, vorrei ringraziare i partecipanti al Tavolo tecnico nazionale sulle materie prime critiche perché stiamo formando la posizione dell’Italia a tutto tondo, tenendo conto anche degli input che riceviamo dai diversi stakeholder. Gli obiettivi al 2030 sono sfidanti, perché nei prossimi anni cresceranno anche i consumi. Questo fa sì che il governo sia ancora più impegnato nella definizione delle politiche che porteranno al raggiungimento di questi target”.

Il connubio tra sostenibilità ambientale, sociale ed economica

La mattinata si è conclusa con una tavola rotonda che ha coinvolto i rappresentanti di alcune categorie di riferimento. L’intervento di Katia Da Ros, vicepresidente Ambiente di Confindustria, si è concentrato sul nuovo regolamento sugli imballaggi dell’Unione europea. Da Ros ha ricordato che “a fronte della sostenibilità ambientale, ci dev’essere anche quella economica. Per questo, crediamo nella neutralità tecnologica”.

Giorgio Graziani, segretario confederale della CISL, ha introdotto il tema della sostenibilità sociale. “Transizione digitale e transizione verde, se governate nel modo corretto, possono rappresentare delle opportunità dal punto di vista occupazionale. Facciamo partecipare lavoratrici e lavoratori alle scelte delle imprese”.

“Io penso che alla fine vinceremo la sfida. Vincerla fra trent’anni, però, non è come vincerla fra dieci. È questa la grande questione su cui dobbiamo confrontarci nel prossimo futuro. Le transizioni fanno contenti alcuni e scontentano altri, ma è importante far prevalere le ragioni dell’interesse collettivo e cogliere i segnali che il Pianeta ci sta lanciando. Impegniamoci ad accompagnare la rivoluzione che è iniziata, perché l’Italia è in grado di farlo”, ha concluso Stefano Ciafani, presidente di Legambiente.


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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.