Sostenibilità, economia circolare, riciclo e recupero, sono tutti obiettivi imprescindibili per raggiungere la transizione ecologica. Ma, dati i tempi ristretti di presentazione dei progetti per nuovi impianti del Pnrr e la necessità di dialogo e informazione, “Prato riparte” laboratorio politico composto da sette partiti (Azione, Buona Destra, Energie per l’Italia, Italia Viva, Partito Liberale italiano, Radicali e +Europa) che hanno sottoscritto un manifesto, ha deciso di organizzare lo scorso giovedì 3 marzo, un confronto pubblico con tutte le parti coinvolte sul nuovo hub per il riciclo tessile di Prato.

Sono intervenuti: Sergio Benvenuti per il Comitato dei cittadini del No; l’assessore Valerio Barberis per l’Amministrazione comunale; il presidente di Alia (gestore dei rifiuti locale) Nicola Ciolini, che si occuperà della struttura; l’imprenditore Roberto Caverni; il rappresentante di Astri (Associazione tessile riciclato italiano) Sauro Guerri e il sindacalista della Cgil Massimiliano Brezzo.

L’imprescindibile professionalità del distretto e l’hub come strumento

Il progetto del nuovo impianto dell’hub del tessile pratese, presentato poco meno di un mese fa, ha dato luogo a pareri contrastanti e unilaterali, per questo è stato ritenuto doveroso spiegare alla cittadinanza alcuni aspetti. 

Nicola Ciolini di Alia ha voluto specificare che: “L’hub non è una scelta unilaterale dell’azienda, ma è il risultato di un percorso finalizzato a capire come sfruttare questa occasione del Pnrr, in funzione di come cambierà la normativa sul rifiuto tessile, che deve essere avviato a riciclo. La richiesta dell’hub è giunta da buona parte delle aziende, in quanto è nato il tema di dover pensare ad una struttura che sia centrale per tutto il distretto e operi facendo la selezione dei capi, per poi riavviarli alle varie fasi del riciclo, facendosi trovare pronti dalla normativa”. 

L’hub, secondo Ciolini, è uno strumento, ma dentro devono esserci tutte le competenze che ha il distretto pratese per farlo funzionare, perché è fondamentale saper fare la selezione manuale in un primo passaggio e, riconoscere quali sono le frazioni che possono andare al riuso e quali invece sono quelle che vanno su altri tipi di distretto. Un altro aspetto, è il fatto che si debba andare verso una maggiore meccanizzazione di questo tipo di processi e quindi investire in innovazione. Il macchinario, dopo la prima selezione manuale, deve aiutare successivamente ad avviare alle varie attività di riciclo che possono essere il riuso, il ritaglio, lo sfilaccio, oppure, la parte che non può essere utilizzata in alcun modo va trasformata in un altro tipo di prodotto. Ciolini conferma che, la normativa attualmente limita molto, in quanto il passaggio da rifiuto a materia ha tutta una serie di vincoli ancora difficilmente superabili per quanto riguarda i tessili.

Le perplessità dei cittadini e degli imprenditori

L’imprenditore Roberto Caverni afferma di non essere contrario all’impianto, ma ritiene che il problema sia piuttosto il fatto che ci siano i rifiuti tessili cinesi, quelli derivanti dalla tessitura e dai sacchi che vengono donati agli enti caritatevoli, che non possono essere riciclati in alcun modo. Ciolini risponde affermando che, effettivamente gli scarti tessili dei prodotti cinesi non si riesce a separarli, perché sono tanti pezzetti misti per i quali non si può fare una selezione delle fibre, ma magari si possono trasformare in qualcos’altro. 

Per questo motivo, bisogna che le Regioni mettano in campo una normativa che consenta di trasformare un rifiuto in materia, proprio perché oggi questo non è possibile. “Dall’hub deve uscire tutta una materia, di cui una parte andrà tagliata e c’è bisogno di chi sappia fare la cernita e dica a noi che presentiamo il  progetto come si fa”, dice Ciolini. 

Il “Comitato dei cittadini del No” e dell’Osservatorio ambientale di Prato

Come spesso accade, la cittadinanza si oppone a un impianto perché non è stata coinvolta nel processo partecipativo e decisionale, questo lamenta Sergio Benvenuti del “Comitato dei cittadini del No” e dell’Osservatorio ambientale di Prato, composto da associazioni e comitati.

“Noi”, dichiara Benvenuti, “abbiamo sempre proposto impianti di selezione e riciclo dei rifiuti, invece questa volta siamo contrari perché c’è un difetto di partecipazione e di ascolto da parte dell’amministrazione comunale, che continua a prendere decisioni che impattano sul territorio senza consultare preventivamente la cittadinanza. Dunque, lamentiamo la mancanza di adeguati processi di partecipazione e coinvolgimento della stessa. Chi ha testato e valutato l’operato del nuovo impianto? Che fine faranno i filati di origine sintetica che non potranno essere rigenerati? Se questo nuovo impianto di selezione è un’opportunità per le aziende della filiera perché non è stato progettato in compartecipazione con queste e con quelle della selezione? Quali le competenze tecniche di Alia per poter gestire questo impianto?”.

Questi i quesiti posti dal Comitato del No, che si chiede inoltre se i 18 milioni di euro dovranno essere pagati da tutti i cittadini nella Tari, senza che gli sia stato specificato e senza che questi abbiano avuto modo di esprimere un loro parere in merito.

“Dunque i cittadini saranno i principali stakeholder e possessori delle quote”, continua Benvenuti, “quando si tratta di fare investimenti significativi dovremmo essere informati preventivamente. Inoltre, secondo noi non è prioritario che a Prato si investa in un impianto di selezione, dato che esiste già un’intera filiera ad occuparsene”. 

Altra questione, la localizzazione dell’impianto, per la quale sussisterebbero secondo i cittadini quattro motivi escludenti che sono: gli elettrodotti, il gasdotto di Snam, i pozzi e la prossimità delle case. 

L’assessore Valerio Barberis, in rappresentanza dell’amministrazione comunale, ha rassicurato la cittadinanza, specificando che sono tutti motivi che vanno affrontati tecnicamente. Inoltre, delle 14 aree individuate e analizzate, l’unica dove si può costruire l’hub è quella individuata, in quanto l’area deve appartenere ad enti pubblici. Oltre a ciò, Alia presenterà il progetto definitivo che verrà sottoposto ad Aia (Autorizzazione integrata ambientale) regionale e ad un iter di almeno un anno, sottostando alla normativa del Piano regionale dei rifiuti che analizza esclusivamente gli aspetti ambientali.

I tempi ristretti dei bandi Pnrr

Barberis ha sottolineato inoltre come i bandi del Pnrr hanno dei tempi strettissimi, per cui bisogna rispondere in una settimana o dieci giorni. Con questi tempi, le uniche aree candidabili sono o di utilità pubblica o di enti pubblici, come ad esempio una Camera di commercio. In questo caso, è stata identificata l’area davanti a Gida, azienda di servizi ambientali nel settore delle acque di scarico. 

“Il progetto”, specifica l’assessore, “non è del Comune o di Alia, ma è un progetto della città per cui è stato sottoscritto un Protocollo di intesa. Chi poi deciderà cosa fare di questi prodotti sarà il Consorzio, come ad esempio avviene con Conai per la carta. Smi (Sistema moda Italia) ha realizzato il Consorzio di produttori Retex.Green, ma è molto focalizzato sui produttori del fashion, invece Prato deve giocare la sua partita sui produttori tessili”.

La vera natura dell’impianto

Barberis poi chiarisce un aspetto fondamentale che ha inutilmente destato proteste e incomprensioni: “Io credo che molti commenti non siano appropriati poiché non si conosce il progetto di Alia. L’impianto non ha infatti nulla a che vedere con il riciclo, ma è un hub dove viene fatta una cernita di tutto quello che entra e di tutto ciò che esce. Una quota va a chi fa riuso e vendita degli abiti usati, un’altra a chi si occupa di riciclo. Quindi, si chiama hub del riciclo del tessile semplicemente perché il progetto e il finanziamento del Pnrr ha questo titolo, ma in realtà è un impianto di cernita oppure di accelerazione di riciclo”.

L’impianto di Prato dovrebbe essere simile a quello svedese di Malmö, racconta Ciolini, qui si prevede una prima fase che rimarrà comunque manuale ed è quella imprescindibile di cernita dei capi e dei materiali, che sarà affidata alle mani esperte di professionisti del settore. Il macchinario è innovativo, Alia dichiara che è a impatto zero, in quanto non ci sono scarti né emissioni. Inoltre, ad oggi il tessile per Alia vale 6mila tonnellate su 950mila tonnellate raccolte ogni anno, una cifra ridotta rispetto ai numeri della plastica. 

“Ce lo chiede la normativa”, dice Ciolini “e, quando ci sarà il Consorzio verrà riconosciuto un valore a chi farà meglio la selezione, come succede per gli altri materiali che fanno riferimento al Conai. Creare un sistema sostenibile ha certamente un costo, ma sono finiti i tempi in cui non si pagava nulla perché veniva portato in discarica. É il distretto che ci deve dire cosa serve, deve capire che è un’enorme opportunità e guardare avanti, perché tra cinque anni non sarà come oggi e le normative cambieranno ancora”. 

Il “Next generation Prato”: una decisione concertata con le parti

Da tempo il Comune sta lavorando con Confindustria, Confartigianato e le parti sociali per raccogliere le esigenze del distretto, tanto è vero che la città si è dotata di un documento il “Next generation Prato”, approvato a luglio 2021, in cui ci sono le richieste della città su quelle che sono le potenzialità del Pnrr. Si tratta di un posizionamento strategico. 

Sono dunque state le Associazioni di categoria a far presente che per loro l’hub del tessile era importante che fosse a Prato. Inoltre, nel prossimo futuro il tessile sarà un rifiuto come la carta e la plastica e Alia non andrà più a prenderlo nelle parrocchie, ma come per la plastica sarà raccolto e portato nell’hub all’interno di una organizzazione strutturata.

Infine, Sauro Guerri, rappresentante dell’Associazione Astri (Associazione tessile riciclato italiano) conclude: “Non essere favorevoli all’hub per principio ritengo sia una cosa assurda, ma certamente si può scegliere in che maniera farlo, nel senso che a Prato un hub c’è già ed è talmente particolare che non ne esiste un altro al mondo. Il distretto è cresciuto e si è adeguato, nella sua storia ha cambiato i macchinari per riciclare ad esempio il cachemire con dei dispositivi particolari che aprono tutte le fibre; la crescita dal punto di vista tecnico è stata incredibile. Dunque, l’hub del tessile a Prato bisogna farlo, ma senza imposizioni da parte di chi non è competente”. 


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Professionista delle Relazioni Esterne, Comunicazione e Ufficio Stampa, si occupa di energia e sostenibilità con un occhio di riguardo alla moda sostenibile e ai progetti energetici di cooperazione allo sviluppo. Possiede una solida conoscenza del mondo consumerista a tutto tondo, del quale si è occupata negli ultimi anni.