Gli scarti alimentari nel contesto dell’economia circolare

Questo il tema di un webinar organizzato dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi nell’ambito del servizio di assistenza specialistica rivolto alle imprese.

Il modello economico lineare, basato sullo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali, ha dimostrato di essere insostenibile. A sottolinearlo è il fatto che l’Overshoot day, giorno che sancisce la fine delle risorse rinnovabili che la Terra è in grado di offrirci, arriva ogni anno sempre prima.

L’economia circolare, secondo la definizione del Parlamento europeo, si basa invece sul riutilizzo e sul riciclo di materiali e prodotti esistenti. E ha un obiettivo bellissimo, se ci pensiamo bene: quello di estendere il ciclo di vita dei prodotti.

Gli obiettivi dell’economia circolare

“Vita” è la parola chiave: questo modello di sviluppo rappresenta la chiave per salvarci dall’estinzione. Si tratta di “un cambio di paradigma cruciale che le aziende sono chiamate ad abbracciare, non solo per adeguarsi alle prescrizioni normative, ma per definire una visione strategica che risponda alle nuove esigenze dei consumatori”, ha commentato l’ingegnere Fabiana Panella in apertura del webinar sugli scarti alimentari nel contesto dell’economia circolare organizzato il 19 febbraio dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. Come ha spiegato la dottoressa Panella, tre sono gli obiettivi principali della circular economy:

  1. eliminare rifiuti e inquinamento;
  2. far circolare prodotti e materiali;
  3. rigenerare la natura.

La circolarità nell’industria agroalimentare

“Circa un terzo delle emissioni di gas serra deriva dai sistemi agroalimentari, responsabili anche del 70 per cento della perdita di biodiversità”, ha ricordato l’ingegnere, illustrando poi quattro strategie principali per mitigare l’impatto del settore, promuovere una transizione circolare al suo interno e valorizzare gli scarti alimentari:

  1. diversificazione degli ingredienti;
  2. scelta di prodotti a basso impatto;
  3. upcycling, per trasformare gli scarti in nuovi ingredienti di valore;
  4. produzione alimentare rigenerativa, con impatto positivo sull’ambiente (es. rigenerazione dei suoli, miglioramento della qualità dell’aria).

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“Sfruttare insieme i quattro principi del food redesign ha il potenziale di generare sostanziali benefici ambientali, di produzione e di redditività rispetto al business as usual”, ha concluso Panella. Per assicurare il successo delle quattro strategie, ci sono cinque passi da compiere.

I cinque pilastri della transizione circolare in ambito food

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  1. Creare piani d’azione ambiziosi, con obiettivi chiari per affrontare cambiamenti climatici e perdita di biodiversità. Questo significa valutare gli attuali impatti ambientali per poi strutturare un nuovo portafoglio di ingredienti.
  2. Instaurare una collaborazione dinamica con gli agricoltori, rimodellando le relazioni lungo l’intera catena del valore, stabilendo nuovi termini contrattuali e facilitando la condivisione delle conoscenze.
  3. Sviluppare prodotti iconici per dimostrare il potenziale del design circolare in ambito food, rinnovando i prodotti core su larga scala, anche grazie a una serie di sperimentazioni.
  4. Contribuire all’utilizzo di metriche comuni in azienda, per misurare gli impatti, monitorare i progressi e reperire informazioni accurate da fornire a rivenditori e clienti.
  5. Sostenere politiche verdi a supporto di un sistema alimentare positivo per la natura.

Il Green Deal e la Politica Agricola Comune

A proposito di politiche, “è da anni che l’Europa sta cercando di modificare l’utilizzo del suolo da parte degli agricoltori. Gli strumenti principali sono il Green Deal e la Politica Agricola Comune (PAC) che, come sappiamo, hanno recentemente dato origine a una serie di manifestazioni di protesta. L’obiettivo è avere suoli sani entro il 2050, soprattutto grazie a: monitoraggio, minor utilizzo di pesticidi, aumento delle produzioni biologiche”, ha spiegato l’avvocato Chiara Cremona.

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La Strategia Farm to Fork

La Strategia “Dal produttore al consumatore” (Farm to Fork) è un pilastro importante del Green Deal che ha l’intento di promuovere un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente, il quale:

  • abbia un impatto ambientale neutro o positivo;
  • sia in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici e di contribuire a mitigarli;
  • possa invertire la perdita di biodiversità;
  • garantisca la sicurezza alimentare;
  • preservi l’accessibilità economica dei prodotti alimentari.

Il potenziale dei sottoprodotti

La Direttiva 2008/98/CE ha introdotto il concetto di sottoprodotti, ovvero quegli scarti che non possono essere considerati rifiuti, e l’idea che lo smaltimento sia l’ultimo passo da compiere nell’ambito del waste management. Direttiva recepita dall’Italia, la cui applicazione presenta però delle criticità.

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Si è cercato di fare un po’ di chiarezza con il Decreto 13 ottobre 2016, n. 264, cui è seguita una circolare esplicativa. Non riguarda i sottoprodotti di origine animale, che sono regolati da una normativa specifica. Il superamento di queste criticità, insieme alla promozione di pratiche replicabili di simbiosi industriale, è fondamentale dal punto di vista dell’economia circolare anche in ambito food.

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Alcuni casi studio

L’ing. Fabiana Panella, infine, ha illustrato alcuni casi di successo.

Flies 4 Value. È un’iniziativa che prevede l’impiego di insetti (nello specifico, mosche soldato) per la bioconversione di sottoprodotti agroalimentari (derivanti da pomodori e crusca) in mangimi e sostanze ad alto valore aggiunto.

Co.ffee Era. È un progetto che nasce dalla volontà della startup Krill Design di proporre una soluzione alla gestione degli scarti di caffè, declinando a livello locale un processo di economia circolare che unisca sostenibilità, creatività e innovazione tecnologica.

Biova Project. È una B Corp con sede a Torino che trasforma il pane invenduto in birra artigianale, riducendo lo spreco alimentare.


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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.