INattesa di un quadro legislativo di sistema sul trattamento dei fanghi di depurazione, stanno emergendo modelli virtuosi di gestione del ciclo idrico integrato su scala territoriale in linea con i principi dell’economia circolare. Gli obiettivi da raggiungere includono un rinnovamento del settore industriale, l’esigenza di coniugare sostenibilità ambientale e circolarità economica, guardando al benessere sociale.
Per approfondire questi aspetti, Canale Energia ha intervistato Gianluca Delbarba, presidente di Acque Bresciane.
Secondo i dati Istat (2019), l’Italia è al primo posto nell’UE per l’estrazione di acqua a uso di approvvigionamento idrico urbano con 156 metri cubi per abitante. Occorre quindi riflettere su tre aspetti fondamentali per una migliore gestione delle reti idriche: la disponibilità della risorsa, la qualità dell’acqua e l’energia necessaria al suo trasferimento. Su quali progetti state puntando per migliorare le infrastrutture degli acquedotti?
Per tutelare l’acqua potabile il primo passo è la prevenzione, analizzando criticità e fattori di rischio delle infrastrutture, ma anche gli effetti causati dalle attività antropiche. Il documento che fotografa la situazione e gli interventi messi in campo per risolvere e prevenire è il Piano di sicurezza dell’acqua per ogni Comune. Un altro aspetto fondamentale è la ricerca, per questo stiamo conducendo tre studi, rispettivamente con l’università di Milano Bicocca e con il politecnico di Milano.
Il primo analizza tutte le fonti presenti nel territorio che gestiamo, dal punto di vista idrogeologico e idrochimico, valutando la vulnerabilità dei nostri sistemi a potenziali inquinamenti. Il secondo, incrociando le pressioni antropiche con la valutazione di alcuni fattori di rischio dei sistemi idropotabili gestiti, ha definito un elenco di microinquinanti emergenti potenzialmente presenti nel nostro territorio tra quelli indicati nella recente direttiva europea, nella watch list e in quali Comuni effettuarne la ricerca.
Infine, stiamo analizzando, sempre in collaborazione con Milano Bicocca, l’impatto dei cambiamenti climatici sulla risorsa acqua del nostro territorio. A queste azioni a medio termine affianchiamo l’impegno dei campionamenti e delle analisi con frequenze ben oltre gli obblighi di legge.
Le perdite idriche rappresentano la criticità sulla quale, a livello nazionale, è posta sempre più l’attenzione. Ancora oggi sono persistenti e rappresentano uno spreco della risorsa con enormi conseguenze ambientali, economiche e sociali. Come affrontate questa complessa operazione?
Abbiamo creato una struttura dedicata a questo tema così delicato, per raggiungere gli obiettivi posti da Arera. Abbiamo davanti un percorso pluriennale, per questo è importante che la concessione del servizio idrico duri fino al 2045, arco di tempo a cui abbiamo legato il nostro piano industriale e il piano di sostenibilità. In entrambi, la drastica riduzione delle perdite è centrale. Occorre raccogliere dati, mappare l’esistente e trasformare i dati in informazioni. Prevediamo importanti investimenti nei prossimi dieci anni per ridurre di circa 10 punti il valore di M1a.
Non si tratta solo di sostituire chilometri di rete o contatori, ma anche di gestire le pressioni, sostituire le prese, installare contatori sugli allacci che ad oggi ne risultano sprovvisti (es. fontanelle pubbliche). Per massimizzare i risultati è stato predisposto un articolato piano che partendo dalla stima dei costi e benefici ottenibili con ognuna delle singole attività descritte, ha consentito di definire i sistemi critici nonché la pianificazione temporale degli interventi.
Il trattamento delle acque reflue urbane rappresenta un altro tema cruciale per le ripercussioni sulla qualità dell’acqua. Come procederete per migliorare l’efficienza del trattamento di depurazione e sui fanghi prodotti e creare un distretto circolare?
Quando si parla di ciclo idrico spesso di dimentica che, per chiudere davvero il cerchio, occorre considerare anche la gestione dei fanghi prodotti dai processi di depurazione. Soprattutto perché la maggior efficienza degli impianti depurativi produce volumi maggiori di fanghi. Nel 2019 abbiamo prodotto meno di 18 mila tonnellate di fanghi e la stima per il 2021 è di 25 mila tonnellate.
Smaltire i fanghi ha un costo economico, ma anche ambientale. Entrambi possono essere ridotti contenendo il più possibile la quantità conferita in discarica. I nostri fanghi sono di buona qualità, circa il 90 % ha caratteristiche che li rendono riutilizzabili, direttamente o indirettamente, in agricoltura. Il restante 10% viene recuperato attraverso la termovalorizzazione, ma oggi nuove tecnologie consentono di ridurre ulteriormente questa percentuale.
Attualmente un primo importante risultato è l’azzeramento dei fanghi conferiti in discarica nel 2021, contro le 198 tonnellate del 2019. Dal 2020 Acque Bresciane ha avviato un progetto che prevede una sperimentazione con un processo terziario di trattamento fanghi al depuratore di Rovato, sul 25% di quelli prodotti. Nella primavera del 2022 verrà installato un impianto di bioessicazione a bassa temperatura in grado di trattare 1.000 tonnellate l’anno, riducendo la concentrazione di acqua nei fanghi dal 75% al 25% e quindi i volumi del 70%.
Si tratta di investimenti significativi, che verrebbero incentivati da un quadro legislativo più definito: il trattamento terziario dei fanghi di depurazione è considerato trattamento di rifiuti, mentre dovrebbe essere ricompreso all’interno della filiera di trattamento del ciclo idrico, nell’ottica di un’economia circolare.
Per garantire una elevata qualità dei fanghi di depurazione, a tutto questo deve affiancarsi a un efficiente controllo degli scarichi industriali, che sono la principale fonte di inquinamento.
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