Negli ultimi 10 anni il fotovoltaico è stato una tecnologia emergente cresciuta a livello nazionale e internazionale in maniera esponenziale. Complici prima gli incentivi erogati dal Gse (Gestore Servizi Energetici) attraverso i conti energia e poi una maturità tecnologica che ha reso i pannelli sempre più efficienti. Ma oggi si affaccia un altro tema nel panorama delle rinnovabili. Come riciclare i pannelli? E soprattutto chi paga per questa gestione? Di fatto la filiera del riciclo segue due normative, quella dei Raee e quella del Gse. Il Gse ha deliberato le prime disposizioni nel 2012 per il riciclo dei pannelli incentivati nel IV e V conto energia (entrati in esercizio dal 1° luglio 2012) mentre dal 2014 i moduli PV rientrano appieno nel campo di applicazione della normativa Raee (d.lgs. 49/2014).
Il decreto Raee (all’art. 40, comma 3) prevede che il Gse applichi delle trattenute agli incentivi erogati, a copertura del futuro riciclo degli impianti fotovoltaici che aderiscono ai primi tre conti energia (entrati in esercizio fino al 30 giugno 2012). Nel settembre 2020, con il recepimento del “Pacchetto Economia Circolare” (a mezzo del d.lgs. 118/2020 di modifica del decreto Raee) è stata data la possibilità ai gestori degli impianti incentivati secondo i primi tre conti energia, di presentare al Gse un certificato di garanzia di riciclo rilasciato da uno dei Consorzi riconosciuti, al fine di evitare l’applicazione della trattenuta prevista. In questo caso bisogna attuare un “contratto di servizio” a fronte del quale viene rilasciata quietanza del versamento da parte del Consorzio che manleva sia il soggetto responsabile che il Gse.
Alcuni dubbi sull’efficienza del contratto di servizio
Una recente circolare di luglio del ministero della Transizione ecologica apre però ad alcuni dubbi sul tema. In primo luogo, stando agli ultimi dati del Gse circa 10.800.000 moduli non sono ancora adeguatamente coperti da una congrua garanzia finanziaria. Un aspetto, questo, che riguarda anche i pannelli dismessi oggetto di eventuali azioni di revamping, per i quali può comunque essere richiesto il servizio di ritiro al produttore che fornisce i nuovi pannelli.
Inoltre, il Ministero al fine di scongiurare operazioni di dumping in relazione alla copertura finanziaria per la corretta gestione del fine vita dei pannelli, ha chiarito che l’importo da versare nello strumento di garanzia “trust” istituito dai consorzi riconosciuti rimane il medesimo rispetto alle quote di garanzia trattenute dal Gse, così determinate nelle istruzioni operative emanate dal Gse stesso.
Fondamentale scongiurare il pericolo di dumping
L’utilizzo di un consorzio riconosciuto ha sicuramente diversi vantaggi come la copertura del territorio attraverso la rete di operatori di logistica e trattamento di cui ogni consorzio dispone, ma occorre valutare con attenzione il servizio offerto e le relative clausole contrattuali. Un’eccessiva guerra sul prezzo per il rilascio del certificato di garanzia, rischia di poter aprire a pratiche di dumping rispetto all’effettivo importo necessario per garantire il futuro riciclo dei pannelli, quando diverranno rifiuti.
Un pericolo quello del dumping che è concreto, e che nel lungo periodo potrebbe portare a danneggiare l’intero sistema di riciclo dei pannelli e dei consorzi virtuosi che cercano di rispettare le norme e garantire la sostenibilità ambientale ed economica di tutta la filiera.
Una filiera quella del riciclo che, ricordiamo, rappresenta una vera e propria industria, il cui output consente di ridurre l’approvvigionamento di materiali strategici, come le terre rare, al di fuori dell’UE. E per questo è fondamentale affidarsi a operatori professionali e competenti che garantiscono un servizio adeguato al giusto prezzo, così come stabilito dalle norme e ribadito dal Ministero.
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