Martedì 16 aprile sono stati presentati i primi risultati del progetto sperimentale Fishing for litter di Fiumicino, che ha avuto come protagonisti i pescatori del territorio, impegnati nella raccolta dei rifiuti plastici dispersi in mare. L’iniziativa ha interessato le zone di pesca dove operano i 12 pescherecci coinvolti: da Capo Linaro a Capo D’anzio, per una distanza di circa 64 miglia marine.
Insieme a Antonio Protopapa, Direttore Ricerca e Sviluppo di COREPLA, abbiamo approfondito alcuni aspetti dell’iniziativa.
Qual è il bilancio di questa prime quattro settimane di raccolta?
La quantità di rifiuti raccolti a partire dall’inizio del progetto, ovvero meno di un mese, è significativa. Siamo infatti riusciti a tirare su una tonnellata di prodotti, decisamente un buon risultato. Poi bisognerà valutare la composizione merceologica di quello che si è raccolto e capire bene l’origine di questi rifiuti. Una parte importante, circa il 22%, è formata da tubi di gomma che probabilmente derivano da attività professionali e non coinvolgono i cittadini. Un altro 16% è, invece, rappresentato da reti e attrezzature da pesca, anche queste sicuramente derivanti da attività professionali. Poi c’è un 14% rappresentato da stracci e corde in canapa. In totale circa il 50% dei rifiuti raccolti può essere in qualche modo attribuito alle attività professionali. Il resto, invece, sono plastiche varie a cui si aggiunge un 15% di bottiglie di plastica. Quest’ultima parte può essere attribuita direttamente al consumatore.
Sono stati organizzati degli incontri con i pescatori, in modo da dare loro delle indicazioni?
C’è stato un incontro in cui è stato spiegato che i materiali vanno comunque inseriti all’interno di quei sacchi che si usano per la raccolta dell’immondizia nei condomìni. In questo modo è possibile mantenere i rifiuti separati l’uno dall’altro e non avere una montagna di oggetti ammassati. Si tratta infatti di rifiuti che provengono dal mare e che tendono ad avere problemi di putrefazione, generando odori abbastanza sgradevoli. Per il resto ci si affida alla capacità dei pescatori di riuscire a raccogliere i rifiuti. Era un’attività che veniva praticata anche in passato, solo che invece di conferire a terra quanto veniva raccolto, i pescatori gettavano questi rifiuti direttamente in acqua per evitare di incorrere in sanzioni o in costi di smaltimento.
Una volta raccolti all’interno dello scarrabile del porto quale iter seguono i rifiuti?
Faccio una premessa. La questione più critica che abbiamo dovuto superare è stata quella di definire la proprietà del rifiuto. Come è noto, quando si tratta di rifiuti urbani, la proprietà è del Comune di appartenenza, mentre nel caso dei rifiuti speciali la proprietà è di chi li genera. In questo caso non si rientrava in nessuna di queste due categorie. I pescatori infatti conferivano i rifiuti in questo contenitore, ma il Comune di Fiumicino non era titolare, perché il materiale raccolto veniva dal mare. L’elemento più complesso da gestire è stato definire chi era il titolare del rifiuto. Alla fine si, però, si è raggiunto un accordo, stabilendo che che la proprietà veniva attribuita alla Regione Lazio. Una volta identificato il titolare dei rifiuti, tutto il processo è diventato molto più semplice. E’ infatti il titolare dei rifiuti il soggetto che deve compilare tutta una serie di moduli, per permettere il trasporto rispettando la normativa in vigore.
Una volta raccolto, il materiale viene poi avviato in un centro di prima selezione, dove vengono effettuate le prime analisi per separare la plastica dal resto. Una volta fatto questo, il materiale viene ritirato da Corepla che se ne fa carico selezionando e separando le varie tipologie di plastica e definendo la quota che può essere effettivamente riciclata. Questa parte di rifiuti viene poi gestita nei nostri canali di riciclo, mentre la quota restante, che invece non è riciclabile, viene avviato insieme ad altri materiali al recupero energetico. Una cosa è certa: una volta che entra in possesso del consorzio, il materiale comunque viene recuperato.
Quali saranno gli ulteriori step del progetto?
Un primo passo è stato già compiuto, perché un contenitore analogo a quello di Fiumicino è stato installato nel porto di Civitavecchia. Ci aspettiamo anche lì un’attività simile a quelle che stiamo portando avanti a Fiumicino. Inoltre abbiamo lanciato un progetto analogo anche in Puglia. Concorderemo poi altre attività con la Regione Lazio, dove abbiamo un tavolo aperto. Il nostro obiettivo è quello di estendere l’iniziativa ad altri porti, o direttamente come Corepla o indirettamente. In ogni caso con le autorità portuali si cercherà di diffondere il progetto il più possibile, una volta che il decreto Salva Mare darà ai pescatori maggiori incentivi a collaborare in queste iniziative.
Va poi sottolineato che i rifiuti che vengono tirati su dal mare non sono solo di plastica. Quindi ovviamente non può essere solo il Consorzio delle plastiche a farsi carico della questione. Noi possiamo operare nei limiti del materiale di cui ci occupiamo, poi bisogna che, in generale, tutto il sistema della gestione dei rifiuti dia un contributo per cercare di dare una mano a ripulire il mare.
L’obiettivo finale è che questo scarrabile sparisca. Noi contiamo sul fatto che, nel corso degli anni, la gente cominci a capire l’importanza dei gesti che compie in termini di conferimento dei rifiuti e smetta di disperderli nell’ambiente. Le bottiglie e i tubi che vediamo non arrivano infatti in mare da soli, qualcuno li butta lì.
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