L’Europa sta scrivendo il vocabolario della finanza sostenibile, affinché criteri e metodologie nella selezione del portafoglio delle imprese sostenibili siano universali, ma permane ancora un certo divario tra mondo della finanza e mondo industriale.
“Mondo finanziario e industriale devono collaborare e questo è un momento importante per ribadire un nuovo patto tra questi due mondi”, afferma Paolo Gerardini, vicepresidente di Assolombarda con delega a credito e finanza, che continua, “la tassonomia europea è stata ideata per spingere la finanza sostenibile e quindi il mondo finanziario farà da volano per le imprese, tra cui quelle idriche. A gennaio 2022, i finanziatori saranno obbligati a rendicontare per ogni investimento quanto questo corrisponda alla tassonomia europea. Ma uno strumento serio di screening non deve diventare un elemento burocratico che strangoli le imprese. Queste normative, per quanto indispensabili, non devono impattare negativamente sulle nostre imprese e quindi sui nostri territori. Ottemperare alla sostenibilità non deve essere a detrimento dell’opportunità di creare Pil, ma anzi, il contrario”.
Questo è uno dei temi affrontati questa mattina, 24 novembre, all’evento sulla presentazione della ricerca “Relazione tra investitori e settore idrico: un buco nell’acqua?”, promossa da Gruppo Cap, gestore del servizio idrico integrato della Città metropolitana di Milano, in collaborazione con ETicaNews, testata di ricerca giornalistica sviluppata all’interno di ET.group, Esg knowledge company, e la collaborazione di Assolombarda.
L’obiettivo della ricerca è fotografare i rapporti tra il mondo della finanza e il settore idrico, per evidenziare opportunità di investimenti e promuovere il dialogo con i principali attori attivi sul fronte della finanza sostenibile.
I risultati della ricerca
La ricerca presentata da Luca Testoni, founder & director ETicaNews_ET.group e Stefano Ferrari Esg consultant ETicaNews_ET.group, si è focalizzata sui motivi per cui il mondo della finanza sia disinteressato o poco interessato a quello del settore idrico italiano. Quest’ultimo sconta una serie di problematiche quali: la frammentazione del mercato, soprattutto al sud, e una forte disomogeneità normativa. L’ambizione della ricerca è quella di far tornare la finanza ad occuparsi dell’economia reale, grazie anche al momento storico favorevole, in cui si pone grande attenzione sui temi Esg e sono in arrivo i fondi del Pnrr.
L’indagine è stata proposta a 40 soggetti selezionati, appartenenti al network di ETicanews, e tra di essi almeno 17 dei soggetti finanziari hanno rifiutato di partecipare, per 13 di essi il tema idrico non è un tema materiale e hanno dichiarato di non disporre di dati per il posizionamento.
Le ragioni all’origine del divario di conoscenza e materialità esistente sono principalmente: una mancata capacità di misurarsi rispetto al settore preso in esame, l’assenza di materialità e conoscenza del tema indagato e il mancato tracciamento di dati quantitativi relativi al tema.
I motivi della distanza tra mondo finanziario e settore idrico
Sul perché ci sia questa distanza tra il mondo della finanza e il settore idrico esistono diverse motivazioni: la complessità e disomogeneità normativa del settore di riferimento, la gestione pubblica della risorsa che quindi la fa percepire come un bene pubblico non di interesse per gli investimenti privati e fortemente impattato da una gestione politica. Inoltre, i problemi legati alla governance e all’impianto regolatorio, insieme ad una gestione frammentata contribuiscono a questa distanza.
Il profilo Esg è ritenuto però essenziale per la crescita sostenibile e potrebbe rappresentare un volano che avvicina finanza privata e settore idrico. Oltre ciò, il canale bancario è il canale principale per il settore idrico, ma spesso non è sufficiente e quindi poter accedere ad altri tipi di mercato potrebbe costituire una svolta.
L’interesse degli investitori e le richieste al settore idrico
Tra gli investitori c’è un maggiore interesse per tutte quelle progettualità che si rivolgono alle infrastrutture esistenti rispetto a costruirne delle altre ex novo, infatti i risultati della ricerca rivelano che le aree di intervento su cui agire risultano essere: la manutenzione degli asset al fine di ridurre le perdite idriche, il potenziamento dei sistemi di depurazione delle acque reflue e il riutilizzo delle acque di scarico; importante per gli investitori anche la digitalizzazione della rete infrastrutturale. Gli investitori chiedono alle aziende anche di presentare business plan chiari e che comunichino efficacemente i dati contabili.
Come afferma Stefano Pareglio, presidente della Fondazione Utilitatis: “Paesi come l’Italia, indietro nella gestione del settore idrico, investono nelle infrastrutture, ma ancora non siamo riusciti a ridurre gli sprechi, mentre i Paesi del nord Europa investono già su aspetti più avanzati e di sostenibilità. In un paese moderno, vanno fatte integrazioni verticali e passare alla water footprint per poter valutare l’impatto della risorsa acqua, ad esempio nel settore agricolo e industriale per essere più efficienti. É palese il potenziale del ciclo idrico e il suo ruolo sull’abbattimento delle emissioni, anche in un Paese come l’Italia, che consuma più acqua della media europea, ai vertici col 42% di dispersione idrica. Non è accettabile che questo possa durare ancora a lungo, anche alla luce dell’obiettivo al 25%”.
I principali fattori che aiuteranno a colmare la distanza tra i due mondi
Un primo fattore è sicuramente costituito dal Pnrr, che favorirà gli investimenti pubblico-privato. Il secondo dal rafforzamento del dialogo e del coinvolgimento con le utilities. Al terzo posto, l’attenzione crescente alla sostenibilità da parte sia delle aziende che degli investitori.
“Nonostante si debba colmare questo divario, l’acqua rischia di non essere destinataria di cure e attenzioni, nonché investimenti”, afferma Letizia Macrì, vicepresidente Esg dell’European Institute, che continua: “il legislatore europeo ha creato un solco con la tassonomia europea, però c’è molto da fare, come oggettivizzare gli obiettivi Esg. L’ input del legislatore è quello di cercare di misurare e semplificare gli obiettivi Esg, ma se analizziamo i Gri (linee guida per creare i rendiconti della performance sostenibile o sociale), lasciano ampia discrezionalità su come valutarli. Le società quotate valutano scarsamente o affatto il bene acqua, inoltre non c’è una definizione uniforme della misurazione, alcuni utilizzano il metro cubo, altri il mega litro, e non esiste nemmeno una definizione univoca di water stressed. Con la mia associazione ci stiamo lavorando”.
L’importanza del dato e del coinvolgimento dei privati
Gianluca Manca, head of sustainability Eurizon Capital Sgr, fa notare che “il pubblico da solo non ce la può fare, quindi bisogna coinvolgere i privati e mettere al centro il sistema finanziario, perché trasmette le risorse di tutti verso progetti per tutti. L’uomo della finanza deve poter avere dei dati su cui fare delle valutazioni, e il problema della loro mancanza e disomogeneità sta andando verso una soluzione. La Commissione UE farà in modo che i dati vengano inseriti in maniera standardizzata, e questo è un aspetto positivo perché molte Pmi non hanno la capacità di reporting delle grandi aziende, ma la finanza chiede i dati alle imprese che deve finanziare e che a sua volta devono essere presentati al pubblico. Il mondo finanziario comunque vede l’acqua come un bene su cui investire”.
Partnership pubblico-privato: una rivalità superata
Anche la vecchia rivalità pubblico-privato parrebbe superata, perché ciò che cambia è l’approccio. “I ritorni sugli investimenti nel settore idrico sono a lungo termine, ma ci sono”, come dichiara Maria Vittoria Pisante, dir. strategy communication di Siram Veolia, “però la regolazione deve fare la sua parte nella regolazione della tariffa, avendo la responsabilità di guardare anche a lungo termine e dare stabilità a chi vuole investire. La partnership pubblico-privato è uno strumento che può essere utilizzato nell’idrico: infatti, da una nostra indagine ciò che manca spesso è la cultura e la competenza, quindi questo tipo di collaborazione può sicuramente aiutare”.
Rafforzare lo scambio di idee tra idrico e finanza
Andrea Lanuzza del gruppo Cap conclude affermando che: “Questo tipo di ricerca ha l’obiettivo di cominciare a rafforzare lo scambio di idee tra idrico e finanza, perché la ricerca aumenta la consapevolezza su alcune evidenze come la frammentazione del settore idrico. L’industria idrica è come le altre, ma chiede know-how specifico e bisogna perciò industrializzarsi. Noi gestori vediamo la industrializzazione come una forte leva, noi di Cap vediamo una leva ed opportunità della nostra presenza sul territorio a cui siamo vicini e che possiamo aiutare. Abbiamo degli investimenti che hanno un payback lungo, ma ci sono altri pacchetti di interventi che permettono di creare sinergie con altri settori, ad esempio con i rifiuti e l’agricoltura. Perciò, ci sono inefficienze che si possono affrontare nell’immediato e che danno risultati nel breve periodo”.
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