E’ un connubio vincente quello tra il settore dei fanghi di depurazione e il comparto dell’economia circolare. Una relazione improntata alla creazione di filiere virtuose di riuso, elementi propulsori importanti per sviluppo di una smart city sostenibile, integrata ed efficiente. In questo contesto un ruolo centrale è rivestito dall’innovazione tecnologica, vero e proprio motore di questa rivoluzione green. Questo strumento, per produrre i suoi migliori risultati deve, però, essere concepito in un’ottica il più possibile organica, che inserisca il singolo sistema in un ventaglio di soluzioni integrate tra loro.
Alle implicazioni economiche, ambientali e regolatorie di questo percorso sostenibile, che vede i fanghi trasformarsi da mero prodotto di scarto a risorse preziosa da destinare agli usi più disparati, è stato dedicato, il 6 luglio a Milano, il convegno “Fanghi di depurazione, da rifiuto a risorsa”, organizzato da ATO, Ufficio d’Ambito Territoriale Ottimale della Città metropolitana di Milano, in collaborazione con Gruppo CAP.
Fanghi di depurazione e bioeconomia circolare
Tante le best practice presentate nel corso dell’evento. Esempi concreti di come soluzioni tecnologiche all’avanguardia per l’estrazione di materia di valore da queste sostanze possano non solo presentare vantaggi di tipo ambientale, ma anche aprire la strada all’introduzione sul mercato di prodotti altamente competitivi. Tra gli ambiti applicativi di questi prodotti, frutto di filiere virtuose, c’è anche il comparto edilizio, come ha spiegato il professor Francesco Fatone della Facoltà di ingegneria dell’Università Politecnica delle Marche, che ha illustrato una serie di casi dimostrativi portati avanti, nella cornice europea del programma Horizon 2020, dal progetto Smart plant, iniziativa volta a trasformare gli impianti di trattamento delle acque reflue in centri nevralgici di diffusione dell’economia circolare. “Nell’ambito del progetto stiamo recuperando, ad esempio, biopolimeri, cellulosa, nutrienti. Dall’insieme di questi materiali derivati dai fanghi di depurazione, produciamo biocompositi che hanno elevata durabilità, flessibilità e capacità termomeccanica e quindi sono valorizzabili nel mercato delle costruzioni”, ha spiegato Fatone.
In generale, ha aggiunto il professore, da un punto di vista tecnologico il settore “è pronto“, quindi il passo successivo su cui si concentrerà la ricerca sarà quello di rendere questi prodotti competitivi anche da un punto di vista economico.
Dalla bioraffineria alla biopiattaforma
Altra best practice protagonista del convegno è stata quella di Gruppo CAP, illustrata da Andrea Lanuzza, direttore del settore Gestione Fognature dell’azienda. Quello portato avanti dall’utility milanese è un progetto che traduce in modo concreto ed efficace la visione olistica e sinergica del gruppo: il passaggio dal concetto di bioraffineria a quello di biopiattaforma.
“Il passaggio dalla bioraffineria alla biopiattaforma è legato all’intenzione di integrare i processi di trattamento dei nostri impianti di depurazione con i processi di partner industriali che possano favorire un percorso di recupero di risorse, materie ed energia”, ha spiegato Lanuzza. In quest’ottica “la sfida è quella di non limitarsi al singolo impianto di raffinazione, ma di cercare soluzioni integrate con altri settori per realizzare biopiattaforme in grado di accelerare il percorso verso un paradigma di economia circolare”.
Creare alternative al carbone non rinnovabile
La realizzazione di prodotti alternativi al carbone non rinnovabile è invece il perno del progetto sperimentale realizzato da Metropolitane Milanesi nel depuratore di Milano San Rocco. “Stiamo sperimentando nuove tecnologie che possano avere un impatto positivo sul ciclo di vita del depuratore e consentano di sostituire combustibili fossili con sostanze a minor impatto ambientale – ha spiegato Andrea Aliscioni, Direttore Acque Reflue e Depurazione di MM – stiamo ad esempio testando la trasformazione a bassa temperatura e pressione del fango di depurazione in lignite e in carbone. In questo modo si crea un prodotto alternativo al carbone non rinnovabile”.
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