L’economia circolare rappresenta una delle carte vincenti su cui le imprese italiane possono puntare per affrontare le criticità della ripresa post – Covid 19. L’adesione a questi modelli virtuosi ha rappresentato infatti durante l’emergenza sanitaria un fattore in grado di rafforzare la resilienza delle aziende. Permettendo loro di reagire meglio rispetto a quelle realtà che invece adottano modelli produttivi lineari. E’ stato questo uno dei messaggi emersi questa mattina nel corso della presentazione dei risultati del progetto RI-Ecco, realizzato dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, in collaborazione con l’Istituto di management della scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Un’iniziativa che punta a promuovere l’economia circolare nelle pmi del territorio.
Economia circolare e resilienza delle imprese
Il binomio economia circolare resilienza è stato in particolare al centro dell’intervento di Fabio Iraldo, professore della scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Il docente ha illustrato alcuni scenari delineati dal suo gruppo di lavoro, slegati dal progetto RI-ECCO e incentrati in particolare sull’impatto del Covid. “Molti degli elementi fondanti dell’economia circolare hanno rappresentato per le pmi dei vantaggi per poter alimentare le logiche della resilienza. Anche anche nelle fasi più dure dell’emergenza”, ha spiegato.
Economia circolare, imprese e chiusura dei cicli
Questo accade, ha aggiunto il professor Iraldo, “perché molte delle logiche dell’economia circolare si fondano sulla chiusura di cicli. Questo è un concetto molto ampio e può infatti essere declinato anche come chiusura nelle filiere, approvvigionamento locale, simbiosi con i fornitori o con altri attori della filiera“. Un modus operandi volto a “fidelizzare i rapporti tra questi soggetti”.
Un punto di forza per le imprese
“Tutte queste chiavi di lettura della chiusura dei cicli hanno rappresentato un elemento fondamentale per la capacità di operare di quelle aziende che non hanno chiuso durante il lockdown. Ma anche di quelle imprese che hanno interrotto le attività e che nella fase di immediata ripresa sembrano avere un elemento di vantaggio”, ha sottolineato il professore. Per queste aziende in sostanza la filiera corta e la chiusura dei cicli, che garantiscono una certa autonomia di approvvigionamento, hanno fatto sì che gli effetti devastanti della crisi innescata dal Covid potessero essere gestiti in modo più efficace.
Effetti sul consumatore
Un altro tema chiave in ambito economia circolare è sicuramente quello del consumatore. “In questa fase di disorientamento dei consumatori – ha spiegato il professor Iraldo – la mia personale opinione è che bisognerebbe agire al più presto per rivoluzionare il rapporto dei consumatori con i prodotti che preferiscono sul mercato”.
Un’occasione per promuovere i prodotti green
“In particolare questo momento potrebbe essere davvero l’occasione per proporre ai consumatori molte innovazioni frutto di filiere circolari. Prodotti che forse prima della pandemia facevano storcere un po’ il naso, ad esempio, per l’estetica. In questo momento invece questi prodotti potrebbero veramente rappresentare una chiave per conquistare quote di mercato. E allo stesso tempo convincere il consumatore che è giunto il momento di cambiare i modelli di consumo”, ha sottolineato Iraldo.
Fasi del progetto RI-Ecco
Tornando invece al progetto RI – Ecco, il percorso proposto alle pmi è stato strutturato in tre fasi. La prima di coinvolgimento delle imprese del territorio in incontri informativi. La seconda di organizzazione di tavoli di lavoro. E la terza di supporto individuale per un checkup dei bisogni specifici di ogni singola azienda.
Livello di partenza
Nella prima fase è stato quantificato il livello di adesione ai modelli dell’economia circolare delle imprese coinvolte. “La misurazione del punto di partenza ha collocato la media delle imprese analizzate intorno al 34% della circolarità potenziale raggiungibile”, ha spiegato Marco Frey, professore della scuola Sant’Anna di Pisa e coordinatore del progetto. “La misurazione è avvenuta con una serie di domande e verifiche condivise che riguardavano le diverse dimensioni della circolarità”, ha aggiunto. Questo dato va rapportato a una media italiana del 26%. Inoltre le pmi del campione hanno registrato performance di circolarità complessive del 49% nella fase di utilizzo di materie e del 36% in quella del design del prodotto.
L’importanza della circolarità immateriale
Nell’ambito del progetto sono state inoltre realizzate delle linee guida. Indicazioni per accompagnare le imprese nel percorso di adesione all’economia circolare, che verranno successivamente rese pubbliche. Tra i punti chiave c’è stato quello della circolarità immateriale. “Per l’ottimizzazione dei flussi in ottica di circolarità non è sufficiente operare nelle dimensioni più tradizionalmente viste le soluzioni tecniche di gestione delle risorse. Bisogna considerare anche un tema relativo alle competenze e alle relazioni che l’impresa è in grado di metter in campo per procedere nella prospettiva di questa circolarità”, ha aggiunto Frey.
Simbiosi industriale
Accanto al tema della circolarità immateriale, un altro concetto chiave è quello della simbiosi industriale. Si tratta di quel sistema di connessioni virtuose che rende gli scarti di un’azienda le risorse da impiegare in un altro processo produttivo. Delle potenzialità di questo modello sinergico hanno più volte parlato, nel corso dei loro interventi, le aziende aderenti al progetto, coordinate da Filippo Corsini ricercatore della scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Nello specifico le imprese hanno sottolineato come la creazione di reti virtuose e di un approccio sistemico alla circolarità sia stato il punto di forza del loro percorso verso gli obiettivi della circular economy.
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