In Italia, ogni anno 350.000 tonnellate di pneumatici arrivano a fine vita diventando pneumatici fuori uso (Pfu). Il conferimento in discarica è vietato dalla normativa ambientale che impone che vengano recuperati.
I pfu possono diventare combustibile, oppure essere recuperati per realizzare nuovi oggetti. Questa seconda opzione, è quella preferita da Greentire, società consortile senza scopo di lucro, che si occupa della gestione degli Pfu, con l’obiettivo di affiancare gli associati, assicurarsi che la gestione sia conforme alla normativa e massimizzare il recupero dei derivati degli Pfu, dando loro una seconda vita nel rispetto dell’ambiente.
Greentire fa in modo che gomma, fibre tessili e metallo vengano riutilizzate attraverso numerose applicazioni che vanno dagli asfalti ai bitumi, ai campi da calcio in erba artificiale alle aree gioco per bambini.
Proprio il tema del recupero di materia, è stato affrontato nel webinar “Recupero di materia pilastro del green deal” organizzato da Greentire e svoltosi online oggi 13 luglio.
Roberto Bianco, presidente di Greentire, ha aperto il webinar affermando che l’Italia sul tema della gestione degli Pfu è un’eccellenza a livello europeo e costituisce una filiera di riferimento, ma l’interesse odierno è stato quello di focalizzarsi sulle criticità.
“I driver devono essere tre, dichiara Bianco: il primo è il recupero di materia, e qui è necessario un cambio di mentalità, i produttori devono ripensare il prodotto e i consumatori devono privilegiare quello riciclato senza alcun pregiudizio, senza pensare che sia di serie B. Il secondo, deve essere la ricerca e sviluppo e noi come consorzio siamo molto impegnati in questo; il terzo driver è la formazione in ottica di miglioramento della gestione degli Pfu, e per questo attualmente collaboriamo con l’Università Sant’Anna di Pisa”. “Però il supporto più importante deve arrivare dal testo normativo, che deve inesorabilmente premiare chi ricicla e punire chi ha atteggiamenti fraudolenti”.
Le posizioni del governo sul recupero di materia
L’ing. Laura D’Aprile, capo del dipartimento per la transizione ecologica e gli investimenti verdi del MiTE ha sottolineato come si debba sviluppare e rafforzare un comparto di eccellenza nel nostro Paese. Secondo i dati Ispra del 2019, gli pneumatici che sono recuperati in forma di materia sono oltre l’80% degli pneumatici fuori uso, mentre solo lo 0,6% va a recupero energetico.
“Questo quadro è completamente in linea con gli obiettivi del piano europeo per l’economia circolare che prevede l’incentivazione del recupero di materia. Per quanto riguarda tutte le filiere, ma soprattutto questa, a livello europeo c’è una gerarchia della gestione dei rifiuti che prevede: in primo luogo l’upstream, cioè tutte quelle azioni di prevenzione della produzione di rifiuti, tra cui: l’ecodesign su cui bisogna assolutamente spingere, il riciclo di materia e gli obiettivi imposti a livello comunitario e il recupero generale, incluso quello energetico. Solo alla base della piramide abbiamo la discarica, pertanto, secondo questa gerarchia vanno gestite tutte le tipologie di rifiuti”.
Nello specifico, per i veicoli fuori uso, le azioni che il dipartimento per la transizione ecologica ha cercato di mettere in campo per il contrasto dell’illegalità, sono finalizzate ad incentivare la raccolta ed evitare che i notevoli quantitativi di Pfu seguano la strada dell’estero e quindi non vengano valorizzati a livello nazionale.
Il dipartimento sta cercando in ogni modo di intraprendere e rafforzare tutte le azioni in questo senso.
Tullio Patassini, membro della commissione ambiente della Camera dei deputati, fa anche parte della commissione bicamerale di inchiesta sulle attività illecite connesse al riciclo dei rifiuti, che si occupa di analizzare su tutto il territorio nazionale situazioni critiche.
“L’esperienza dei consorzi, afferma Patassini, per noi è strategica e fondamentale, perché senza di essi non si attuano quei circoli virtuosi che sono indispensabili poiché, laddove i percorsi di trattamento, riciclo e recupero sono chiari, codificati ed economicamente sostenibili, la criminalità organizzata fa fatica ad infilarsi, in quanto in genere si inserisce nelle sacche di inefficienza. Inoltre, se il sistema è efficiente il traffico internazionale viene meno”.
Avere impianti che funzionino distribuiti sul territorio nazionale permette il giusto smaltimento degli Pfu, che spesso sfugge al controllo del sistema, dal momento che il cittadino può sostituirlo in autonomia e non smaltirlo correttamente.
“Poter far crescere e sviluppare per qualunque settore merceologico una filiera completamente nazionale del riciclo fa bene all’ambiente perché evitiamo abbandoni indiscriminati, fa bene alla salute dei cittadini perché i sistemi sono controllati, e infine al portafogli dei cittadini, in quanto smaltire rifiuti all’estero costa fino a 20 volte di più che riutilizzarlo nel ciclo produttivo. Dal punto di vista dell’impiantistica, riconosco che sta maturando a livello italiano, sia per i cittadini che per i comuni, una certa sensibilità, mentre prima la chiusura era completa”, conclude.
L’on. Rossella Muroni, commissione ambiente della Camera, dichiara: “Siamo alle prese col Dl Semplificazioni, dove c’è l’articolo 34 che si occupa proprio dei cosiddetti “end of waste”, che rispetto ai rifiuti è la madre di tutte le battaglie. In Italia, ci sono esperienze straordinarie di riutilizzo dei materiali, il recupero di materia ha una grande tradizione ed è importante, dato che non abbiamo materie prime. Tutto ciò sarebbe meraviglioso se non ci fossero le barriere normative, sugli pneumatici poi, c’è proprio una saga, dato che il ministero dell’ambiente ci ha impiegato moltissimi anni a capirlo, bloccando così una intera filiera a causa di un impedimento normativo, quando invece basta pochissimo per approvare questo tipo di provvedimenti”.
L’On. Muroni ribadisce che nel Dl semplificazioni si sta provando ad accelerare sul tema del riconoscimento degli end of waste, però è un sistema ancora troppo farrraginoso, con un doppio livello di controlli che va snellito, irrobustendo però il meccanismo del controllo.
“Il paradosso è che si continua a dare lavoro da fare all’Ispra, senza rafforzarlo dal punto di vista delle risorse e del personale, così facendo si allungano i tempi tecnici e la filiera burocratica. Io credo, continua, che si debba fare un’alleanza con gli imprenditori che vogliono lavorare bene e in modo trasparente, affermando una nuova economia. I controlli non devono costituire un ostacolo, ma una facilitazione, invece ad oggi, con un doppio sistema di controlli, come fa un imprenditore a reggere questo sistema di instabilità e precarietà?”.
Il sistema deve essere in grado di mettere insieme innovazione tecnologica, esperienza e possibilità di creare filiere importanti, peraltro attraverso i consorzi, che sono dei sistemi di raccolta consolidati.
L’On. Muroni conclude dicendo che: al Dl semplificazioni ha presentato un emendamento finalizzato a rafforzare Ispra e le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, perché altrimenti è difficile fare i controlli se non si hanno gli strumenti.
“Questo mondo non teme i controlli, anzi ha tutto l’interesse a vedere che è un’economia sana, la buona economia è quella che contrasta in modo efficace l’economia del sommerso, delle ecomafie, della gestione dei rifiuti poco trasparente e illegale, quindi occorrono norme intelligenti. La politica deve far vedere di conoscere il meccanismo e fare un’alleanza con il mondo delle imprese e della green economy, per farla questa transizione ecologica, anche perché, come farla se non riutilizzando i rifiuti?”, conclude.
Riccardo Fraccaro, della commissione attività produttive della Camera, ha asserito che la società va in una direzione drammatica: aumento della temperatura ed esaurimento delle materie prime, sono l’emblema di un sistema economico che fa male a sé stesso, confermando i modelli predittivi. Questi due scenari si possono evitare attraverso una trasformazione radicale, ma serve formazione, politica, regolamentazione, visione e un modo di progettare, consumare e vivere totalmente differente e circolare.
“Ho cercato di dare alcuni contributi, come il Superbonus, che sta dando buoni frutti e rappresenta un modello sperimentale, ma serve anche una spinta poderosa del sistema Paese nel suo complesso. Con il Superbonus abbiamo puntato sulla qualità dei materiali, sul loro ciclo di vita, perché devono essere durevoli. Abbiamo eliminato il problema economico, adesso dobbiamo lavorare sul cittadino, l’impiantista e il progettista. Ora, conta avere una casa che abbia come interesse l’ambiente. A breve, disporrò dei dati sul Superbonus e spero di poterli condividere presto con voi”.
La posizione dell’Anci
Carlo Salvemini, delegato Anci energia e rifiuti, fa notare come in Italia, per quanto riguarda la differenziata, ci siano regioni virtuose come il Veneto e poi regioni come la Sicilia che ha solamente il 20% di differenziata.
“Dobbiamo usare il Pnrr per fare investimenti nell’impiantistica, siamo carenti soprattutto nel recupero della frazione organica. Oggi, la capacità dell’impiantistica certificata è di 3 milioni di tonnellate contro una produzione complessiva di 6 milioni di tonnellate. Quindi, 3 milioni non vengono recuperate, senza considerare i rifiuti che vengono trasportati dove ci sono gli impianti. Cosa fare? La soluzione è rafforzare l’impiantistica e come Comuni investire per garantire che vi sia una tariffazione puntuale, cioè paghi per quanto consumi e infine, è inevitabile avere un sistema integrato dei rifiuti”. Conclude Salvemini: “Dobbiamo riuscire ad utilizzare le migliori pratiche a livello regionale e farle diventare buone pratiche a livello nazionale, non capisco perché non si riesca a fare”.
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