L’Italia è il secondo Paese consumatore di plastica in Europa: nel 2020 sono state consumate 5,9 milioni di tonnellate di polimeri fossili, corrispondenti a quasi 100 kg a persona. Il 42% della plastica consumata nel nostro Paese viene utilizzata nel settore degli imballaggi, prodotti caratterizzati da un impiego di breve durata e il cui destino finale è quasi sempre quello di diventare uno scarto.
Lo rileva il rapporto La plastica in Italia, vizio o virtù? presentato il 7 aprile da Ecco, il think tank italiano sul clima, redatto in collaborazione con Greenpeace, il cluster italiano della Bioeconomia circolare Spring e le università di Padova e Palermo.
Plastica e neutralità climatica
Il report analizza le criticità, soluzioni e gli scenari futuri per favorire una decarbonizzazione della filiera della plastica che permetta al settore di rimanere competitivo e, allo stesso tempo restare allineato con gli obiettivi di neutralità climatica al 2050: “Al momento, la visione politica per questo comparto industriale è insufficiente e questo vuoto va colmato al più presto per dare un indirizzo chiaro agli attori del settore. Il grande ricorso agli imballaggi e la mancanza di proposte legislative nella filiera dell’usa e getta sono due esempi di come si rischi di non orientare l’industria italiana verso attività economiche compatibili con gli obiettivi climatici di lungo periodo”, si legge a commento nella nota stampa.
Servono soluzioni normative per la riduzione dell’utilizzo della plastica e l’incremento del riuso e del riciclo, norme precise sull’usa e getta ed una normativa sul deposito cauzionale che abbia già in mente gli obiettivi europei. È il punto di vista di Matteo Leonardi, co-fondatore e direttore esecutivo affari domestici di Ecco, secondo cui “il supporto all’industria italiana deve orientarsi alla costruzione di un’economia circolare in linea con la decarbonizzazione”. È in quest’ottica che va vista “la transizione verso l’utilizzo di nuove tecnologie, come le bioplastiche di origine vegetale, per le quali devono essere progressivamente aperti i mercati delle plastiche di origine fossile, prevalentemente di importazione, dannose per l’ambiente e il clima”, afferma Leonardi nella nota.
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Crescita esponenziale dell’inquinamento: gli scenari
I modelli di produzione e consumo hanno causato una crescita esponenziale dell’inquinamento in numerosi ecosistemi marini e terrestri. Parallelamente alla decarbonizzazione, negli ultimi anni si è fatta sempre più pressante la necessità di implementare a livello globale misure concrete contro l’inquinamento. Ogni anno finiscono in mare 11 milioni di tonnellate di plastica e si prevede che questa cifra raddoppierà entro il 2030 e quasi triplicherà entro il 2040.
Il rapporto elabora due scenari al 2050 (politiche correnti e best case) relativi al consumo di plastica in Italia e alle emissioni di CO2 associate a tali consumi:
- nel primo scenario si ipotizza che il consumo aumenterà del 5% ogni sei anni;
- nello scenario 2050 best case si assume invece che, grazie all’eliminazione dell’overpackaginge alla riduzione dei consumi di imballaggi monouso in plastica e dei consumi di plastica anche negli altri settori, si riesca a invertire il trend di crescita dei consumi, arrivando a 3,8 Mt nel 2050.
Per quanto riguarda le emissioni associate a tali consumi di plastica, nello scenario a politiche correnti si ipotizza che ancora più della metà della plastica immessa sul mercato italiano sarà fossile e che la restante plastica sia da materiale riciclato o biobased. Considerando il fine vita, si ipotizza che il 70% dei rifiuti plastici post-consumo vengano riciclati mentre il resto dei rifiuti destinato alla termovalorizzazione o al compostaggio industriale: in tale scenario si ottiene una riduzione delle emissioni del 9% rispetto al 2020.
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Le soluzioni
Le soluzioni indicate nel rapporto si fondano su tre obiettivi:
- riduzione dei consumi di plastica;
- incremento del tasso di riciclo e di riutilizzo;
- impiego di bioplastiche.
Nello scenario 2050 best case si ipotizza che sul mercato italiano non verrà più immessa plastica di origine fossile, ma solamente prodotta da materiale riciclato e plastica biobased. Accogliendo le sollecitazioni europee verso l’annullamento del deposito in discarica e la riduzione delle emissioni di CO2 tramite incenerimento, si ipotizza così che più del 90% dei rifiuti plastici vengano riciclati, grazie a importanti miglioramenti nella raccolta, nella selezione e nel riciclo della plastica. In questo scenario si raggiunge una riduzione delle emissioni del 98% rispetto al 2020.
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