In Italia nel 2021 la bioeconomia ha registrato un rimbalzo dell’output pari al 10,6%, diffuso a tutti i settori, recuperando pienamente il terreno perso e raggiungendo 364,3 miliardi di euro, circa 26 miliardi di euro più del 2019. Stabile l’occupazione a 2 milioni di persone. Tuttavia, dopo un primo trimestre ancora caratterizzato da una buona evoluzione, la crisi geopolitica in Ucraina ha reso lo scenario in cui si muovono le imprese ben più complesso. I rincari dei costi e le difficoltà di approvvigionamento degli input energetici ed agricoli avranno un impatto significativo per alcuni comparti di settore (agricoltura, pesca, carta e prodotti in carta in particolare).
Sono alcuni dei dati dell’8° Rapporto sulla Bioeconomia, redatto dalla direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Cluster Spring e Assobiotec-Federchimica, presentati il 30 giugno a Salerno.
Bioeconomia cresce e recupera terreno
Il confitto in Ucraina ha reso ancora più evidente la necessità di ripensare il modello di sviluppo economico in una logica di maggiore attenzione alla sostenibilità e al rispetto ambientale: “In questo contesto il ruolo della bioeconomia è uno dei pilastri del Green deal lanciato dall’Unione europea, al centro anche di molti progetti del Pnrr italiano”, si legge nella nota stampa.
La quantificazione e l’analisi approfondita delle filiere del comparto diventano elementi importanti per scelte di politica economica mirate e consapevoli dei cambiamenti in atto. Nel 2021, ha confermato la sua rilevanza generando in Francia, Germania, Spagna e Italia un output pari a circa 1.500 miliardi di euro, occupando oltre 7 milioni di persone. Conferma inoltre una elevata resilienza: dopo aver subito meno del complesso dell’economia l’impatto della pandemia nel corso del 2020, l’insieme dei settori della bioeconomia hanno registrato un significativo incremento.
In questo scenario, “la bioeconomia può rappresentare una risposta importante in questa direzione, in particolare per le regioni del Mezzogiorno, che possono contare su una buona specializzazione in questi settori e su un elevato potenziale innovativo. Sono numerose le start-up della Bioeconomia nelle regioni meridionali, a cui si è recentemente affiancato l’acceleratore Terra Next a Napoli”, commenta nella nota stampa Gregorio De Felice di Intesa Sanpaolo.
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Accelerare processi produttivi su rinnovabili
Quello è stato messo in luce è la necessità di accelerare verso l’adozione di processi produttivi più efficienti sul piano energetico, la produzione diffusa di energia elettrica da fonti rinnovabili ma anche e soprattutto sul riutilizzo delle materie prime seconde, in un’ottica circolare e locale.
Se la crisi del cambiamento climatico rischia di continuare ad alimentare la crisi energetica e delle materie prime, “dobbiamo far scattare un’accelerazione senza precedenti verso una vera transizione ecologica. Si tratta di riconoscere il valore sistemico della bioeconomia circolare, il suo potenziale rigenerativo, i suoi bioprodotti come catalizzatori del cambiamento, le sue bioraffinerie in grado di sfruttare residui e by-products e di produrre bioenergia, nonché la sua capacità di diminuire l’utilizzo di risorse non rinnovabili, massimizzando l’efficienza e la sostenibilità delle risorse rinnovabili”, evidenzia nella nota l’ad di Novamont e presidente del Cluster Spring, Catia Bastioli.
La bioeconomia circolare è oggi un paradigma imprescindibile per evitare sprechi e valorizzare gli scarti. Lo ricorda nella nota la vicepresidente Assobiotec-Federchimica, Elena Sgaravatti: “È necessario un profondo cambiamento trasformativo: abbiamo bisogno di un’economia circolare e rigenerativa su larga scala in piena coerenza con l’approccio One Health che oggi ormai tutti riconosciamo come indirizzo strategico per una crescita sostenibile. All’interno di questo meta settore, le biotecnologie hanno certamente un ruolo straordinario e sono lo strumento per lo sviluppo di un’economia prospera, sostenibile e rispettosa dell’ambiente, per produrre di più con meno”.
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