Una rivoluzione copernicana ancora a metà strada. Il confronto online di Ricicla tv sul tema “Rifiuti urbani, una rivoluzione sottovalutata?” ha posto l’accento sulle incertezze, i vuoti normativi e i dubbi generati dalla recente entrata in vigore della nuova disciplina sulla classificazione dei rifiuti introdotta dal decreto legislativo 116 del 2020, che ha cambiato il volto della gestione dei rifiuti urbani in Italia.
Al momento in tema di smaltimento dei rifiuti sembra procedere col freno a mano tirato. Colpa di un mancato coordinamento con gli operatori del settore dinanzi al recepimento delle direttive europee meglio note come “Pacchetto economia circolare” e alla conseguente stesura dell’attuale D.Lgs. 116/20.
Un nuovo concetto di rifiuti urbani
Le novità più rilevanti del D.Lgs. 116/20, evidenziate anche durante la diretta live di Ricicla Tv, riguardano due punti principali: da un lato, viene cancellato ogni riferimento ai “rifiuti assimilati” a quelli urbani. Dall’altro, si stabilisce che le utenze non domestiche possono conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani, rivolgendosi quindi a imprese del settore privato.
Il concetto dei “nuovi” rifiuti urbani si estende pertanto a tutti quei “rifiuti speciali” che fino al 31 dicembre 2020 erano assimilati o assimilabili alla categoria di rifiuti urbani: nello specifico, si tratta di rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti a usi diversi di quelli domestici, assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità.
“La nuova norma ha in sé un profilo rivoluzionario dal punto di vista dell’approccio. – ha spiegato l’on. Paolo Russo, della commissione Bilancio della Camera dei Deputati e ospite dell’incontro – Quello che bisogna evitare adesso è un aggravio economico per le attività commerciali e produttive, una disorganizzazione nella gestione dei rifiuti e una confusione sul flusso finanziario dei comuni”.
Disciplina di classificazione dei rifiuti: l’Anci chiede una proroga della nuova norma
Uno stravolgimento delle finanze comunali è il rischio paventato anche dall’Associazione nazionale comuni italiani che, con una proposta di emendamento alla legge di conversione del decreto “milleproroghe” attualmente all’esame della Camera, ha formalmente chiesto una proroga al 2022 per la nuova disciplina sulla classificazione dei rifiuti.
Come spiega durante la diretta Walter Giacetti, componente del comitato di verifica Anci Conai: “Vi è una criticità generale a livello di normativa nazionale che genera confusione: per questo c’è forte preoccupazione da parte di Anci. La mancata condivisione con gli operatori del settore getta questi ultimi nel caos, paralizzando la situazione”.
Circa l’applicazione della nuova norma, secondo Giacetti “Non ci sono stati grandi problemi nell’immediato, perché nessuno sa bene come fare: non è solo un problema di fiscalità, ma anche di classificazione dei rifiuti. Tutti i principi sono condivisi e certi, ma a mio avviso la proroga è necessaria perché il legislatore definisca bene un pacchetto di norme che stia in piedi”.
Da parte dei comuni, l’interrogativo più grande riguarda l’applicazione della Tari, la tassa sui rifiuti. Difatti, con la scomparsa della categoria dei rifiuti assimilati, e conseguente soppressione della potestà regolamentare comunale di assimilazione per qualità e quantità, il rischio per i comuni è quello di aumento consistente della Tari. Un incremento della pressione fiscale sui cittadini e sulle piccole attività sarebbe la diretta conseguenza del tentativo di recuperare il minor gettito, considerati i costi – spesso rigidi – del servizio rifiuti.
Gestione dei nuovi rifiuti urbani, anche le imprese non sembrano pronte
In che modo le aziende hanno recepito la nuova normativa? Tiziana Cefis, consulente ambientale di TeA consulting, nel corso dell’incontro ha sottolineato alcune criticità: “Allo stato attuale, soprattutto le medio-grandi aziende interessate dalla normativa sono impossibilitate a valutare l’ipotesi di continuare a rimanere nel servizio pubblico di raccolta o di trasmigrare al servizio privato così come prevedono le nuove norme, perché ad oggi mancano gli elementi per ragionare su come operare questa scelta”.
Si aggiunge anche il problema delle aziende private che trasportano, raccolgono e riciclano quei rifiuti che sono diventati urbani: per loro “c’è stato un intervento di regolamentazione dell’Albo nazionale gestori ambientali – racconta Cefis – che ha consentito a questo tipo di aziende di continuare a raccogliere gli ormai ex rifiuti speciali”.
Tuttavia, ciò che è preoccupante è il silenzio dalla maggior parte degli enti preposti al rilascio delle autorizzazioni degli impianti: pochi di loro hanno emanato delle determinazioni analoghe alla delibera dell’Albo, stabilendo cioè che gli impianti potranno ricevere gli stessi rifiuti che ricevevano prima dell’1/1/2021. Di contro, sono moltissimi gli impianti che stanno continuando a ritirare rifiuti anche se le loro autorizzazioni non lo prevedono esplicitamente.
La proroga, dunque, sembra essere un atto sempre più concreto. Per Barbara Gatto, responsabile della Green economy di Cna, un eventuale slittamento dell’applicazione delle norme “non deve servire per aspettare che qualcuno dall’alto risolva il problema, ma a lavorare per un quadro coerente che non ostacoli la gestione efficace di questi rifiuti e che non si trasformi in costi esorbitanti per le imprese. La proroga ci darebbe il modo di lavorare senza fretta e nel modo giusto, coinvolgendo i soggetti che stanno lavorando nel settore”.
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