Gli investimenti per fronteggiare il fabbisogno impiantistico, l’abbattimento dei tempi e lo snellimento delle procedure autorizzative, l’accettazione sociale, il processo di governance locale e il superamento della frammentazione gestionale. Questi i cosiddetti margini di miglioramento del sistema di gestione dei rifiuti urbani individuati nel Green book 2020.
Lo studio è stato presentato stamane a Roma da fondazione Utilitalis e Utilitalia. È suddiviso in tre sezioni: contesto normativo; modelli di governance, operatori e spesa delle famiglie; osservatorio gare.
I numeri del Green book 2020
La produzione di rifiuti urbani e assimilati nel 2018, riporta lo studio, ha raggiunto le 30 milioni tonnellate, mentre i rifiuti speciali arrivano a 130 milioni di tonnellate. Il tasso di riciclaggio dei rifiuti urbani si attesta tra il 45,2 e il 50,8%, superiore alla media europea del 47%. Il conferimento in discarica tocca il 22%.
I costi del servizio variano in base alla distribuzione territoriale. Nel 2019 la spesa per il servizio per una famiglia composta da tre persone è stata in media 310 euro. Evidenti le disparità: si tratta di 273 euro al Nord, 322 al Centro e 355 euro al Sud. Differenze che hanno interessato gli ultimi sette anni, dal 2014 al 2019. Tra le cause a maggiore incidenza c’è il costo sostenuto per il trasporto dei rifiuti fuori Regione, a causa della carenza infrastrutturale.
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Il fatturato complessivo del settore tocca i 10 miliardi di euro e si poggia sui proventi della tariffa rifiuti: rappresenta un quarto delle spese correnti dei comuni italiani. li addetti ai lavori sono oltre 95 mila. È uno dei pochi settori che non si è fermato durante il lockdown e che potrà influire positivamente sulla ripresa economica del Paese.
La crescita del settore sarà possibile, evidenzia lo studio, solo con un investimento complessivo di almeno 8 miliardi di euro da impiegare nella costruzione degli impianti, nodo della gestione dei rifiuti urbani e leva per l’introduzione della tariffa puntuale a livello nazionale.
La ricerca della Banca d’Italia
Il centro studi di Banca d’Italia ha condotto una ricerca su circa 6.100 comuni e ha rivelato che negli 800 comuni dov’è stata introdotta la tariffa puntuale la produzione di rifiuti residui è dimezzata. Non solo, il risparmio complessivo sui costi del servizio è compreso tra il 10 e il 20% l’anno. Questo, però, si limita a contesti con raccolte differenziate molto articolate e con un’elevata qualità del servizio.
6.350 i soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti urbani
Il panorama è molto dispersivo: 637 aziende, escluse le gestioni in economia, sono attive nella gestione del ciclo dei rifiuti. Per la metà si occupano della raccolta e del trasporto; il 25% di raccolta e gestione diretta di uno o più impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti. Il restante quarto è specializzato nella gestione dell’impianto.
Sono anche i comuni ad occuparsi di una o più fasi del servizio, in totale 5.000 secondo i dati Arera. Tra aziende ed enti locali il totale è di 6.350 soggetti. Solo il 2,4% gestisce il ciclo integrato.
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