Ha vinto l’astensionismo. L’affluenza definitiva al referendum sulle trivellazioni in mare, promosso nella giornata di ieri 17 aprile, è stata del 31,19% con l’85,84% che ha votato Sì e il 14,16% che ha optato per il No.
Il quorum del 50% più uno, necessario a non rinnovare le concessioni per le piattaforme entro le 12 miglia dalla costa e, quindi, ad abrogare l’articolo 6 comma 17 e terzo periodo del Codice dell’ambiente (decreto legislativo 152 del 3 aprile 2006), non è stato raggiunto. Dunque il testo della legge rimarrà inalterato.
La consultazione popolare è stata promossa per la prima volta su richiesta di nove regioni: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise. La Basilicata, in particolare, ha registrato un accesso alle urne del 50,16%, segue Puglia con il 41,65%, Veneto con 37,85%, Abruzzo con 35,44% e Marche con 34,75%.
Maggiore astensionismo, invece, è stato registrato in Trentino Alto Adige con il 25,19%, Calabria con il 26,69%, Campania 26,13%, Umbria 28,42% e Sicilia 28,4%.
“Non siamo riusciti a raggiungere il quorum, ma non tutti hanno giocato pulito in questa partita. L’invito all’astensione venuto dal governo rimane una brutta pagina nella storia della nostra democrazia“, ha commentato in nota stampa Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace.
Da sottolineare che, tranne il referendum del 1995 sui sindacati e quello del 2011 sull’acqua, nessuno ha più raggiunto il quorum: ad esempio, nel 2000 solo il 32,5% degli italiani ha votato per l’articolo 18; nel 2005 il 25,5% sulla procreazione e nel 2009 sulle il 23,3% elezioni delle camere.
Di seguito alcuni tweet dei “protagonisti mediali” che in questi giorni hanno alimentato il dibattito sul voto.
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