Il 2024 è, secondo l’astrologia cinese, l’anno del “drago verde di legno”: un segno zodiacale caratterizzato da costanza e affidabilità, legato agli alberi e ai boschi, simbolo di crescita e di rinascita. È un anno perfetto per celebrare le foreste, degli ecosistemi brulicanti di vita su cui anche gli esseri umani possono fare costantemente affidamento, spesso dimenticandosi di tutte le straordinarie funzioni che svolgono.
Quelle dell’Africa centrale, per esempio, “hanno un ruolo ecologico cruciale non solo per i bacini del Congo e del Sangha, ma anche per l’intero Pianeta. Costituiscono un habitat essenziale per molte specie minacciate, tra cui primati come gorilla e scimpanzé; aiutano a prevenire l’erosione del suolo, contribuiscono al ciclo dell’acqua e alla regolazione del clima su scala globale”.
A spiegarlo è Benoît Jobbé-Duval, direttore generale di ATIBT (Association Technique Internationale des Bois Tropicaux). Si tratta di un’associazione di categoria fondata su richiesta della FAO e dell’OCSE, impegnata nella promozione della gestione sostenibile delle foreste del bacino del Congo che, secondo le Nazioni Unite, assorbono 1,5 miliardi di tonnellate di CO2 l’anno (pari al 4 per cento delle emissioni globali).
Gli obiettivi di ATIBT
ATIBT riunisce un’ampia gamma di attori a diversi livelli: produttori, commercianti, consulenti, ONG e istituti di ricerca. Il suo obiettivo è quello di proteggere questi preziosi ecosistemi da una delle più gravi minacce che, insieme ai cambiamenti climatici, sta mettendo in serio pericolo la loro salute e la loro capacità di fornire servizi ecosistemici: il disboscamento illegale. “La tracciabilità e la certificazione dei prodotti forestali possono contribuire a combattere questo problema”, prosegue Benoît Jobbé-Duval.
Il ruolo dell’industria del legno
“Le foreste devono essere gestite in modo da garantire che il prelievo di legname non superi la capacità di rigenerazione naturale della foresta. Gli standard di certificazione FSC (Forest Stewardship Council) e PAFC (Pan African Forest Certification) incoraggiano queste pratiche. L’industria del legno può contribuire alla conservazione della natura investendo in programmi di rimboschimento e nel ripristino delle aree forestali degradate”.
La riforestazione e la pianificazione forestale
Il direttore di ATIBT si riferisce a due pratiche fondamentali: la riforestazione e la pianificazione forestale. Se la prima è legata più che altro alla piantumazione di nuovi alberi, la seconda riguarda la corretta gestione delle foreste esistenti: l’eliminazione della vegetazione secca, l’introduzione di “viali tagliafuoco” e l’adozione di altre strategie per prevenire i danni causati dagli incendi o dalla siccità.
In questo quadro, abbattimento e potatura assumono delle funzioni molto specifiche: se, per esempio, un bosco è molto denso e ha tantissimi alberi che per raggiungere la luce hanno dovuto crescere in altezza, i loro tronchi saranno più fragili e meno resistenti alle folate di vento. In quel caso, come ci aveva spiegato in un’intervista il ricercatore Giorgio Vacchiano, “potrebbe essere utile andare a togliere qualche albero, in modo che quelli che restano abbiano più spazio per svilupparsi e iniziare a irrobustirsi e che il terreno riceva più luce, favorendo la germinazione dei semi”.
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Il programma Fair&Precious
La promozione di una gestione forestale “gentile”, grazie a un approccio multilaterale in grado di bilanciare gli interessi economici e ambientali, è proprio alla base del programma Fair&Precious di ATIBT, volto anche a sensibilizzare i consumatori. Questi sono alcuni dei suoi obiettivi:
- proteggere le foreste tropicali e preservare le risorse forestali;
- migliorare le conoscenze tecniche sulla diversità delle specie arboree tropicali e sul loro utilizzo;
- tutelare lo spazio vitale della fauna endemica e avviare programmi antibracconaggio;
- stimolare lo sviluppo economico dei Paesi produttori, strutturando anche degli appositi percorsi formativi nell’ambito della silvicoltura e della falegnameria;
- favorire l’acquisto responsabile di materiali di alta qualità.
Il rispetto dell’equilibrio e della biodiversità delle foreste
A spiegare meglio che cosa si intende per gestione forestale “gentile” è Stéphane Glannaz, Chief Commercial Officer di Precious Woods (una delle realtà che fanno parte della rete di ATIBT): “Non significa solo prelevare meno di quanto la natura genera”, concetto che riprende un po’ la definizione di sviluppo sostenibile (una crescita che sappia soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri).
“Significa anche rispettare l’equilibrio e la biodiversità delle foreste. Se vogliamo combattere l’eccessivo sfruttamento (spesso fonte di traffico) ed evitare, come abbiamo visto in diversi continenti, la conversione massiccia di queste foreste in vivai di conifere o di altre specie a crescita rapida con il pretesto che sono più redditizie e più facili da gestire, dobbiamo imparare a valorizzare e a lavorare con tutte le caratteristiche delle foreste originarie per garantirne la sopravvivenza a lungo termine”.
Il caso della foresta di Ngombé, nella Repubblica del Congo
Valorizzare le risorse locali è la chiave per assicurare la sostenibilità ambientale e sociale di questo modello di sviluppo. Un altro esempio è quello di Interholco, altro membro di ATIBT che ha ricevuto in concessione dalla Repubblica del Congo la foresta di Ngombé, che si estende per oltre un milione di ettari nel nord del Paese. Più di 300mila ettari sono protetti, mentre quasi 50mila sono riservati agli abitanti. Nei restanti 800mila ettari, Interholco raccoglie 0,8 alberi per ettaro (dal diametro compreso fra 70 e 100 centimetri), solo e soltanto una volta l’anno ogni trent’anni.
La tutela dei diritti dei lavoratori e lo sviluppo socioeconomico
“Lo stipendio d’ingresso dei nostri lavoratori supera di due volte il salario minimo previsto dalla convenzione nazionale. Tutti i membri delle loro famiglie godono di cure mediche. Le vacanze sono retribuite, così come il congedo di maternità”, racconta Tullia Baldassarri Höger, direttrice della comunicazione dell’azienda.
“Durante la pandemia di Covid-19, Interholco ha incoraggiato le sarte di Ngombé a formare una cooperativa che, in seguito, ha cucito migliaia e migliaia di mascherine: non solo per i lavoratori, ma anche per gli abitanti dei circa 85 villaggi di cui è costellata la foresta. È di Ngombé anche la bibliotecaria che ha in gestione da anni la biblioteca dell’azienda, una vera ‘foresta’ di più di novemila volumi: i lavoratori e gli oltre mille allievi della scuola pubblica locale possono frequentare i corsi di inglese e di informatica. Tutti gratuiti”.
Il ruolo delle popolazioni indigene
Non bisogna dimenticare che le foreste sono veri e propri organismi viventi che hanno un rapporto di simbiosi con le comunità indigene: le une dipendono dalle altre. Uno studio di qualche anno fa aveva dimostrato che dai popoli indigeni dipende la salvaguardia di oltre un quarto della superficie globale, per un totale di 38 milioni di chilometri quadrati, distribuiti su 87 Paesi: i dati di Global Forest Watch evidenziano che, nei territori gestiti da questi popoli, la perdita di foreste si dimezza.
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Il coinvolgimento attivo delle comunità locali
“Le popolazioni indigene sono presenti da ben 40mila anni nella foresta di Ngombé. La loro conoscenza dell’ecosistema non ha rivali. Dobbiamo ringraziare il loro rapporto simbiotico con la foresta se si è conservata per millenni”, continua Tullia Baldassarri Höger.
“Oggi si stima che ci vivano circa 18mila persone. La gestione forestale si basa su piani quinquennali che vengono aggiornati ogni anno, nel rispetto dei diritti delle comunità locali, che possono benissimo cacciare, pescare e raccogliere cibo nel bosco per il proprio sostentamento: è importante non solo per ragioni di sussistenza, ma anche per la loro identità culturale. Almeno un anno prima che inizi la raccolta del legno, il personale di Interholco provvede all’ascolto dei bisogni di ogni villaggio coinvolto. Le donne vengono interpellate in separata sede, per assicurarsi che possano esprimersi liberamente”.
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Il lancio di Equitable Earth e l’obiettivo deforestazione zero alla COP28
Alla 28esima conferenza sul clima delle Nazioni Unite, la COP28 che si è svolta fra novembre e dicembre a Dubai, non solo è stato stabilito l’obiettivo di azzerare la deforestazione entro il 2030, ma è avvenuto anche il lancio di una nuova coalizione che vede il coinvolgimento dei leader indigeni del bacino amazzonico e di quello del Congo. L’obiettivo di Equitable Earth, questo il nome dell’alleanza, è di cambiare la direzione del mercato volontario dei crediti di carbonio per dare priorità alle comunità forestali e ai Paesi del sud del mondo. Un ulteriore strumento per favorire lo sviluppo di un’economia verde: verde come il drago di legno, che speriamo possa essere di buon auspicio per la natura quest’anno.
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