Tengono gli investimenti nelle rinnovabili nonostante la pandemia con un +7% rispetto alle operazioni del 2019. Si tratta di 10,9 gigawatt equivalenti a 9,1 miliardi di euro. +20% per le operazioni e +7% in potenza ne diminuisce però il valore rispetto l’anno precedente con un -4,2%.
È quanto emerge dall’Irex Annual Report 2021 presentato il 12 maggio scorso, durante l’evento “L’energia di domani. Il settore alla sfida del Pnrr” che censisce le operazioni. Il rapporto considera gli investimenti utility scale effettuati nel nostro Paese e quelli svolti all’estero dalle imprese italiane.
Il sistema elettrico italiano
Dal rapporto è emerso come per l’andamento e l’ adeguatezza del sistema elettrico italiano sia fondamentale la disponibilità di capacità flessibile, storage e infrastrutture, in particolare alla luce della dismissione del carbone. “L’approvazione dei nuovi obiettivi climatici UE apre le porte a una nuova trasformazione del sistema energetico”, sottolinea l’economista Alessandro Marangoni, che ha guidato il team di ricerca. “Per coglierne le opportunità serve una visione di lungo termine, che metta al centro la sicurezza degli approvvigionamenti e l’adeguatezza del sistema elettrico in un quadro in cui lo snellimento dell’iter di autorizzazione, la riduzione dei costi e la revisione del market design appaiono come imperativi strategici per l’Italia”.
Strategica quindi anche la rimozione dei vincoli alle autorizzazioni, su cui il Governo Draghi con il ministro Cingolani dovrebbe intervenire a breve con il decreto Semplificazioni.
Come crescono gli investimenti delle rinnovabili
La metà del mercato va al fotovoltaico con il 50% delle acquisizioni. L’eolico anche se primo per potenza con 5,1 GW si quota al 27% . In crescita biomasse, soprattutto biometano, (dal 4% al 7%) e smart energy (dal 6% al 9%).
Si registrano i primi progetti per l’idrogeno e le installazioni in mare (per l’eolico 3,5 GW di progetti al largo delle coste italiane e il fotovoltaico galleggiante in corso di sperimentazione). Evidenziato anche l’aumento di tecnologie che accrescono la produttività come i pannelli bifacciali e i tracker in impianti utility scale.
Tra le tecnologie più promettenti, si stanno sviluppando i sistemi di accumulo con un mercato che guarda all’installazione di batterie associate a impianti, e alla creazione di piattaforme digitali per la gestione della generazione distribuita e delle comunità energetiche. Il 2020 è stato anche l’anno di maggior aumento dello storage (+1,8 GWh), crescita favorita dal calo dei costi più rapido.
Sempre più attive le compagnie oil&gas e le local utilitymentre le core renewable si confermano prime per numero di operazioni.
Il 57% delle operazioni sono state concluse in Italia. Si confermano come mete preferite degli italiani all’estero il Nord America e l’ America a cui va il 58% della potenza contro il 31% dell’Europa.
L’Irex Index, che traccia l’andamento delle small-mid cap pure renewable quotate su Borsa Italiana, ha chiuso il 2020 con una crescita del 62,2%. Un risultato overperforming sia rispetto al Ftse All Share che al Ftse Oil&Gas, ancora più notevole se si considera la difficile situazione congiunturale.
La redditività resiste al crollo dei prezzi
A fronte di un costo medio europeo (Lcoe) dell’eolico onshore che si attesta a 41,3 €/MWh (-2,2% sul 2019), il ricavo (Leoe) medio è di 47,6 €/MWh (-9,5% rispetto al 2019). Il fotovoltaico per gli impianti commerciali, con Lcoe di 63,3 €/MWh e Leoe di 74,2 €/MWh, mentre gli utility scale a terra fissi in alcune nazioni paiono meno remunerativi.
Per il 2020 il margine di riserva ha toccato il record negativo di soli 2 GW, nonostante il basso livello della domanda. Nel periodo estivo si evidenziano rischi di inadeguatezza già nel 2022. Con la disponibilità di impianti alla punta e i limiti di transito transfrontalieri attesi, non si riuscirebbe a coprire il picco previsto di domanda (+ riserva) di 63,5 GW. Per la stagione invernale, con un picco atteso più basso e pari a 58,7 GW, i risultati paiono adeguati, con margini che superano il 20%.
Nel medio-lungo termine, la realizzazione degli investimenti necessari per attuare il phase-out del carbone dovrebbe, invece, garantire l’adeguatezza e la sicurezza del sistema elettrico italiano.
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