Se vogliamo realmente sostituire almeno il 50% della produzione termoelettrica da gas metano, carbone e prodotti petroliferi che ad oggi si attesta su circa 170 TWh/anno – di cui 140 dal solo gas metano, dovremmo implementare di un fattore 5 le installazioni di impianti di fonti rinnovabili. Questo significa passare dallo scarso GW/anno degli ultimi 10 anni ad almeno 5 GW/anno per i prossimi 13 anni. Un sorpasso possibile che la storia ci insegna in parte è già accaduto e in cui giocheranno un ruolo strategico le comunità energetiche e l’autoconsumo collettivo con cittadini sempre più prosumer.
COSA È L’AUTOCONSUMO COLLETTIVO E COSA È UNA CER
Per comunità energetica possiamo intendere una coalizione di utenti che, in maniera volontaria, contrattualizzano scambi di energia con l’obiettivo di produrre, consumare e gestire l’energia prodotta attraverso uno più impianti energetici locali alimentati da fonti rinnovabili.
Un concetto ampio che identifica sia comunità di interessi sia comunità di luogo che condividono lo sviluppo di un progetto comune per la produzione di energia rinnovabile e i benefici economici e sociali che ne derivano.
All’interno di una rosa di possibili configurazioni e con le dovute differenze tra loro, le comunità energetiche perseguono un obiettivo unico e comune: fornire energia rinnovabile a prezzi accessibili ai propri membri, piuttosto che dare la priorità al profitto economico come una società energetica tradizionale.
Generazione capillare e localizzazione della produzione energetica sono i principi su cui si fonda una comunità energetica che, attraverso il coinvolgimento di cittadini, attività commerciali e imprese del territorio, risulta in grado di produrre, consumare e scambiare energia in un’ottica di autoconsumo e collaborazione.
Il concetto di autoconsumo si riferisce alla possibilità di consumare in loco l’energia elettrica prodotta da un impianto di generazione locale per far fronte ai propri fabbisogni energetici.
All’interno delle comunità rivestiranno un ruolo fondamentale i “PROSUMER”, ovvero coloro che avranno la possibilità di essere contestualmente produttori e consumatori di energia elettrica cedendo all’esterno del proprio Punto di connessione l’energia in esubero che verrà consumata da altri membri della comunità.
Produrre, immagazzinare e consumare energia elettrica nello stesso sito prodotta da un impianto di generazione locale permette al prosumer di contribuire attivamente alla transizione energetica e allo sviluppo sostenibile del Paese, favorendo l’efficienza energetica e promuovendo lo sviluppo delle fonti rinnovabili.
Da oggi in poi l’autoconsumo potrà essere attuato non solo in forma individuale ma anche in forma collettiva all’interno di condomini o comunità energetiche locali.
Il ruolo del Prosumer per incrementare le energie rinnovabili
La possibilità per ogni cittadino di poter essere “Prosumer” era già esistente, ma il limite era sul perimetro di azione in cui era possibile produrre e scambiare energia, al netto di un sistema di stoccaggio virtuale in rete. Regolato dal regime di scambio sul posto, tale perimetro era delimitato dal proprio punto di connessione.
Con l’avvento dell’autoconsumo collettivo e delle comunità energetiche tale perimetro è stato ampliato a un intero edifico condominiale, nel primo caso e addirittura a un numero indefinito di utenti, collegati alla stessa cabina primaria di scambio, nel caso delle comunità energetiche. In più oggi la potenza massima realizzabile degli impianti che posso essere collegati è salita a 1 MW.
Tale spinta normativa oggi gode anche di un aiuto da parte del mercato -conosciamo bene l’impennata dei prezzi del PUN dell’energia elettrica e dei prezzi del gas- oltre ad un chiaro segnale geopolitico che ha messo al primo posto dell’agenza politica la transizione al vettore elettrico quanto prima e l’abbandono conseguenziale dell’utilizzo del gas metano di cui siamo dipendenti per il 95% dall’estero.
Per una efficace transizione ecologica serve incrementare le istallazioni esistenti
Tale obiettivo, dal Piano nazionale energetico dovrà essere conseguito soprattutto attraverso l’implementazione dell’installazione di impianti fotovoltaici. Dall’analisi del parco esistente, si evince che solo incrementando notevolmente le installazioni di classe di potenza da 20 a 200 kWp e da 200 a 1.000 KWp tale obiettivo potrà esser raggiunto, in quanto tali impianti pesano pero oltre il 50% della produzione totale e rappresentano in numero meno dell’8% degli impianti esistenti.
In conclusione la transizione energetica dovrà passare attraverso dei percorsi ben definiti, i cui solchi sono già in passato stati tracciati e che dovranno solamente essere “percorsi senza ostacoli”.
Oggi l’ostacolo maggiore non è certo di tipo tecnologico, finanziario o normativo, ma risiede nell’eterno contrasto alla realizzazione delle infrastrutture strategiche, di cui il nostro Paese richiede una programmazione da oltre 30 anni, ostacolata da eventi di varia natura (sia istituzionali che non).
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Energia elettrica il sorpasso delle fonti fossili
L’anno in cui la produzione di energia elettrica da fonte fossile superò in quantità prodotta quella idroelettrica era il 1967; da allora le fonti fossili hanno sempre più rappresentato lo zoccolo duro della produzione di energia elettrica nazionale.
Anche quando il nucleare era in una fase di sviluppo, all’apice della sua produzione – anno 1986- e prima dell’incidente di Chernobil e del successivo referendum che mise fine al nucleare italiano, la sua quota sulla produzione nazionale rappresentativa meno del 5% del totale prodotto. Registrando scarsi 9 TWh di energia elettrica prodotta nel 1986, il termoelettrico pesava per oltre il 70% della produzione totale, raggiungendo il picco, al valore di incidenza dell’83% nel 2005.
Oggi possiamo sperare che il sorpasso del 1967, da parte del termoelettrico sull’idroelettrico, lo potremmo rivivere nei prossimi 10 anni; questa volta con la particolarità che la generazione elettrica da fotovoltaico potrebbe superare la generazione termoelettrica.
Andando indietro nel tempo di 12 anni osserviamo che nel 2005 la produzione di energia elettrica in Italia da sistemi fotovoltaici era pari a zero e l’eolico non superava i 2,5 TWh/anno la stessa produzione nel 2021 si è attestata su circa 24 TWh di energia prodotta da FV e tra eolico e FV oggi si producono 45 TWh/anno circa, con un peso, sul totale prodotto, di circa il 9%.
I prossimi anni vedranno una sicura accelerazione di tali produzioni, grazie anche alla realtà di un nuovo modo di considerare il sistema di produzione, distribuzione e vendita dell’energia elettrica, attraverso l’implementazione dei sistemi di autoconsumo collettivo e le comunità energetiche sostenibili (CERS).
L’accelerazione che ci dovremmo augurare di leggere, dovrebbe essere la stessa degli anni d’oro del fotovoltaico in conto energia (2005-2012). Anni in cui si è arrivati nel triennio 2009-2012 a installare impianti che hanno incremento la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile di circa 10 TWh/anno.
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