L’indipendenza energetica italiano passa attraverso la valorizzazione delle opportunità date dalle risorse rinnovabili del territorio. Si tratta di risorse in grado di contribuire in modo significativo alla stabilità energetica del Paese andando a sostituire la produzione elettrica derivante da idrocarburi da importazione. Questi sono stati i temi principali esposti dagli esperti durante la conferenza “Indipendenza energetica dal 2050, il contributo della geotermia” tenutasi martedì 8 ottobre a Montecitorio, organizzata da Forza Italia nella persone di Luca Squeri membro della VII Commissione ambiente.
Geotermia e nucleare un connubio perfetto
Il vicepremier Antonio Tajani ha aperto i lavori sottolineando l’importanza del potenziale che la geotermia ha nella differenziazione di fonti energetica per una transizione energetica guidata dalle rinnovabili. Su questo il senatore Maurizio Gasparri ha puntualizzato come: “Nessuno si pone di risolvere i problemi italiani riguardo l’indipendenza energetica con la geotermia”, ma ha chiarito come questa fonte possa rappresentare “uno dei principali fattori con i quali raggiungerli. Insieme soprattutto al nucleare” opzione su cui Forza Italia crede “fortemente come fonte primaria di indipendenza energetica per il Paese”.
“Dobbiamo pensare all’aumento di un trend che ci richiederà un fabbisogno energetico crescente di 20-30 Terawatt ora annui; anche con l’investimento nel geotermico” ha ribadito il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. “La transizione energetica non può reggere le aspettative di indipendenza energetica senza la transizione verso il nucleare. L’unione tra le varie fonti rinnovabili ed il nucleare potrà fornire alle generazioni future la sicurezza energetica di cui hanno bisogno.”
Nella giornata emerge anche come la geotermia sia la fonte tra le meno finanziate e sviluppate, per cui la richiesta a gran voce è di un’urgenza nell’erogazione di finanziamenti così da aggiungere altro potenziale al già 44% della produzione elettrica nazionale da rinnovabile.
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e le conclusioni del G7
D’altronde come ha sottolineato il ministro Pichetto Fratin:“il problema del geotermico è che l’investimento va fatto prima della perforazione, ma non vi è certezza che essa funzioni. Prima di investire è importante capire un meccanismo che preveda una norma con un sistema di garanzie”.
Il potenziale geotermico in Italia
Il costo della geotermia è nella corretta individuazione del pozzo e quindi nella esplorazione, ma una volta centrato l’obiettivo, come diversi tecnici intervenuti evidenziano, si tratta di una risorsa centrale per la riqualifica del territorio. Uno storico importante lo da la Toscana, che attraverso il geotermico sopperisce al 33% del fabbisogno energetico della regione. Le opportunità in Italia sono diverse come evidenzia Monia Procesi, primo ricercatore dell’INGV, anche la Sicilia sta iniziando a valorizzare il proprio grande potenziale geotermico, partendo dall’Arcipelago delle Eolie. Si tratta di un caso emblematico in cui la geotermia non si presenta come una risorsa risolutiva su scala nazionale, ma può esserlo a livello. Agire sulla sommatoria di tante scale locali può essere la differenza a livello nazionale.
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La proiezione dello sviluppo geotermico nel PNIEC prevede, ricorda Bruno Della Vedova, presidente dell’Unione Geotermica Italiana, l’approvvigionamento di una quantità di energia pari a 18 Terawatt/ora entro il 2040, che con i consumi attuali ricoprirebbero quasi il 6% del fabbisogno elettrico nazionale. Il professore continua la sua disamina riportando alcuni dati: “La nostra economia ha bisogno del geotermico, stiamo consumando 120 milioni di tonnellate di petrolio all’anno e metà di questo viene utilizzato per usi termici, ¼ per usi elettrici ¼ per i trasporti. L’aumento della produzione geotermica può diminuire il consumo di tutte queste tonnellate di petrolio”. Della Vedova continua il suo intervento muovendo una velata polemica verso le istituzioni “Gli operatori sono qui, i professionisti ci sono, perché non partiamo? Ottimo l’incontro di oggi, ma bisogna iniziare.”
Attualmente, la produzione di energia geotermica in Italia ammonta a 6 terawatt/ora, una quantità che, se generata da fonti non rinnovabili, comporterebbe l’emissione di oltre 3 milioni di tonnellate di CO2. Questo rappresenta circa l’1,9% del fabbisogno energetico nazionale, a fronte di una media europea che varia tra il 5% e il 10%, come riferisce Marco Baresi, vicepresidente dell’EGEC.
Geotermia a bassa entalpia, una soluzione per abbattere l’inquinamento in città
A livello europeo l’Italia ha perso molti treni, diventando il fanalino di coda nello sviluppo geotermico sottolinea Adele Manzella, primo ricercatore del CNR. Nonostante la grande quantità di investitori, anche esteri, pronti ad entrare nel mercato italiano, la mancanza di finanziamenti pubblici e le poche garanzie che fornisce il PNIEC riguardo a questa specifica risorsa energetica, stanno fortemente rallentando il progredire del suo sviluppo nel Bel Paese, soprattutto per ciò che riguarda progetti ad alta entalpia.
Più vicina una svolta per la geotermia a bassa entalpia, in quanto richiede investimenti infrastrutturali minori ed economicamente meno rischiosi. Nello specifico, durante la conferenza si è parlato della necessita di integrare le pompe di calore in ambiente urbano. La sostituzione di caldaie e condizionatori con gli equivalenti a pompe di calore, migliora la qualità dell’aria urbana, riduce la spesa della bolletta ed aumenta il valore delle case aumentandone contestualmente la classe energetica.
Come esorta Diego Righini, AD di Geotermia Italia è “Ridicolo ed incomprensibile” l’utilizzo di gas ed idrocarburi per utilizzi a bassa entalpia come nel caso del gas domestico e per il riscaldamento degli edifici. “Lo spreco del gas per questi consumi scava la fossa alle generazioni future. L’ENEL va sostenuta nell’investimento geotermico. La geotermia va fatta. Deve essere la massima fonte di produzione elettrica per uso domestico”.
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