Il percorso di uscita da una crisi talvolta rappresenta un momento di rinascita, raramente può divenire uno stimolo alla transizione verde. Per questo, la riconversione di Comal impianti è d’esempio: nel 2008 ha abbandonato il mercato meccanico e impiantistico, travolto dalla crisi finanziaria, e ha scommesso sul fotovoltaico.
L’azienda è stata fondata nel 1989 a Montalto di Castro (VT) e ad oggi ha realizzato più di 30 impianti fotovoltaici per oltre 600 MW installati in tutto il mondo. “In Italia ci occupiamo di costruzione di grandi impianti fotovoltaici e siamo l’unica azienda che opera come Epc-Energy performance contract”, spiega nella video intervista a Canale energia l’amministratore delegato Alfredo Balletti. “Siamo arrivati a questo punto – prosegue l’a.d. – perché quando in Italia gli impianti con gli incentivi non si costruivano più, siamo andati nel Sud Africa”. Nel 2016 Comal impianti ha tagliato un importante traguardo: è stata “la prima azienda a realizzare 63 MW in grid parity”.
L’impresa si distingue nel mercato perché “copriamo tutta la catena del valore dell’impianto fotovoltaico, non facciamo solo ingegneria”, aggiunge Balletti. I moduli sono prodotti in Cina, “ma in Italia la nostra specificità è di essere brillanti nella costruzione, dal punto di vista ingegneristico e di management”. Questo per quanto riguarda sia i tracker monoassiali, prodotto ormai consolidato di Comal impianti, sia le cabine di trasformazione, che stanno per essere lanciate sul mercato.
Il fotovoltaico è una delle fonti rinnovabili più mature, ma ancora oggi incontra uno scoglio al suo sviluppo spiega Bellini: “Il problema più grande in Italia oggi per i grandi impianti è la burocrazia. Abbiamo tempi di attesa anche di 10-12 mesi. Senza parlare dei ricorsi che ogni cittadino può fare”. C’è poi il discorso dell’accumulo, cui l’azienda è molto attento: “Stiamo seguendo la produzione di idrogeno verde per usarlo sotto forma di gas sia per il riscaldamento che per la produzione di energia”.
Guardando al futuro, Comal impianti è attiva in Italia, ma sta conducendo trattative in Africa: “Il nostro interesse è di internazionalizzare l’azienda, abbiamo ricevuto un ordine dall’Oman per costruire 150 MW su 500. In Libano siamo alla fase conclusiva di un altro progetto”, evidenzia l’a.d. Pensando poi alle nuove tecnologie, guarda alla blockchain “come una grossa opportunità, che andrà migliorata per gestire al meglio la produzione localizzata” e alle comunità energetiche come una nuova occasione che “nel giro di qualche anno diventerà interessante”.
Un percorso che porterà l’azienda a seguire, promuovere e accompagnare gli obiettivi fissati al 2030 e al 2025 con il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec) e il phase out delle centrali a carbone.
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