È partito il 24 settembre il progetto Autarchia energetica sostenibile (Autens) promosso dall’università di Pisa per sviluppare comunità energetiche sostenibili.
Il nome è davvero originale e “indica la prospettiva di poter fornire energia a utilizzatori tra loro consociati anche nel caso in cui non sia sostenibile/disponibile una fornitura di energia dalle reti elettriche o gas principali”, spiega il professor Marco Raugi, direttore del centro interdipartimentale di ricerca sull’Energia per lo sviluppo Sostenibile. Il progetto prevede di aggregare gruppi di edifici – commerciali, industriali e abitazioni – alimentati da energia, elettrica e termica, prodotta esclusivamente da fonti rinnovabili locali.
Comunità energetiche: come funzionerà l’autarchia sostenibile
I ricercatori svilupperanno un sistema in grado di adattare la domanda di energia alle risorse disponibili al momento. Si ribalterà, quindi, il paradigma attuale secondo cui è il fornitore che sviluppa soluzioni secondo la richiesta di energia. Il nuovo modello prevede che le richieste di energia degli utilizzatori – in termini di distribuzione oraria e consumi complessivi tra quelli per usi civili e quelli per usi industriali – rispettino le risorse energetiche disponibili. Questo per abituarsi all’idea della finitezza delle risorse sul Pianeta.
Per riuscirci l’Università avvierà un’indagine socio-economica per individuare le diverse esigenze elettriche e termiche e prefigurare la disponibilità al cambiamento negli stili di consumo energetico e nella negoziazione dei consumi per le attività produttive.
Compenetrazione e bilanciamento delle rinnovabili
Le tecnologie in gioco sono legate alla produzione di energia solare, eolica, geotermica e da biomasse. Saranno impiegati pannelli solari ibridi termici/fotovoltaici, gli impianti a pompa di calore geotermica, gli accumuli a cambiamento di fase, e l’implementazione di un sistema di monitoraggio e controllo con algoritmi di machine learning. Senza dimenticare l’idrogeno che “potrà far parte del sistema”.
Saranno inoltre sfruttate diverse competenze nei campi dell’Ict, dell’intelligenza artificiale e delle scienze sociali. Il team è interdisciplinare: comprende docenti e ricercatori di Ingegneria dell’energia, Ingegneria dell’informazione, Informatica, Economia, Farmacia e Giurisprudenza.
“In un certo senso si recupera la logica del castello assediato che deve sopravvivere soltanto con le risorse che autoproduce”. M. Raugi
Scalabilità e unicità del progetto
Questa specifica tipologia di comunità energetica è “pensata per essere scalabile e replicabile. Può essere applicata anche in tempi brevi a località isolate (montane, desertiche, etc)”. “Il bilanciamento delle fonti rinnovabili dipende dalla localizzazione geografica della comunità”, aggiunge Raugi. Ad esempio, “se in zona calda avrà una prevalenza solare, se montana potrebbe essere eolica o idroelettrica… Il sistema saprà adattare le fonti rinnovabili alla localizzazione geografica”.
Rispetto ad altri progetti esistenti si differenzia per “la possibilità di staccare il collegamento con le reti primarie elettricità e gas senza subire conseguenze”.
“Potrebbe migliorare l’intelligenza delle smart grid e favorire soprattutto quelle molto evolute”. M. Raugi
Protezione dati e aiuto ai poveri energetici
Il progetto è totalmente finanziato dall’Università nell’ambito del programma Pra 2020, nato per supportare le ricerche di base e applicata. La protezione di dati e informazioni in queste reti intelligenti “è un aspetto ormai imprescindibile”. Nulla vieta che, “specialmente nei casi di aree geografiche di un paese già prive di connessione con le reti elettriche e gas”, aiuti a produrre e scambiare energia tra le persone che versano in condizioni di povertà energetica.
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