La povertà energetica è un fenomeno che sta crescendo silenziosamente nei paesi sviluppati. Riguarda non solo disoccupati ma anche fasce deboli come anziani e bambini con aggravi importanti sulla salute. Un fatto su cui diversi stakeholder si stanno interrogando e indagando per comprendere al meglio il fenomeno. È il caso dell’incontro che si è svolto a Roma lo scorso 26 novembre “La povertà energetica e gli anziani” su uno studio della Fondazione di Vittorio organizzato e promosso dal sindacato pensionati italiani della CGIL-SPI che apre il mensile di Novembre di Canale Energia.
Dall’indagine è emerso come oltre ai poveri energetici (19% del panel) ci sia una categoria di vulnerabili (15%) che, se non vengono presi per tempo, rappresentano il potenziale di crescita del fenomeno.
Un’emergenza che chiede risposte istituzionali efficaci. Fattore per cui si sono confrontati diversi stakeholder nel corso del pomeriggio e da cui sono emerse soluzioni diverse. Lo strumento ad oggi più in uso è il bonus energia, acqua e gas che dal 2018 è stato semplificato con la domanda unificata. Lo strumento segue il nucleo familiare in modo da agevolare eventuali cambi di residenza o di fornitore ma è ancora poco usato. Una comunicazione territoriale capillare e la semplificazione dello stesso sembrano essere i fattori inficianti: difatti la procedura richiede una modulistica annuale che il cittadino deve fare presso gli sportelli del comune, elemento complesso per alcuni e anche fonte di imbarazzo.
I dati dell’indagine
Sono diversi i fattori che identificano le condizioni di povertà energetica secondo i dati emersi dall’indagine della Fondazione Di Vittorio, come evidenzia la ricercatrice Serena Ruggiero: l’assenza di una casa di proprietà (27,9% dei poveri e 22,6% dei vulnerabili sono in affitto), le condizioni ridotte dell’abitazione, (il 35,9% vive in abitazioni tra i 41 e i 60 mq), assenza di impianto di riscaldamento (18% dei vulnerabili e 19% dei poveri). Le abitudini di consumo dei poveri e dei vulnerabili si basano sulla privazione se non strettamente necessario dell’uso di impianti di riscaldamento / raffrescamento. Una scelta che ha delle ripercussioni importanti rispetto la salute degli anziani in povertà energetica, come sottolinea la dott.ssa Ruggiero “L’assenza di comfort termico è strettamente collegato a una salute vulnerabile”.
L’identikit degli anziani a rischio è spesso riconoscibile in famiglie mononucleari, tendenzialmente vedovi, con un trascorso prepensionamento di collaboratore domestico o casalingo. Gli indigenti invece hanno difficoltà nonostante il bonus energetico a mantenere condizioni di temperatura adeguate nelle abitazioni e sono quindi più facilmente soggetti a problemi di salute.
Le soluzioni degli stakeholder
Per migliorare le condizioni di queste categorie emerge dall’indagine della Fondazione Di Vittorio come l’Isee non è sempre in grado di individuare utenti appartenenti a queste due fasce di necessità. Il bonus sociale viene identificato comunque come uno strumento centrale per il contenimento del problema. In questo le misure di efficientamento energetico si dimostrano poco efficaci per la difficoltà delle fasce a rischio di accedervi. Allargare la platea di diritto, aumentare l’importo del bonus e semplificare l’acceso sono tra le azioni chiave che possono aiutare ad arginare il problema secondo l’indagine.
Massimiliano Girolami, Responsabile dell’ufficio sistemi informativi dell’ANCI-Associazione dei comuni italiani, conferma l’aspetto poco appetibile della misura, rispetto la procedura per ottenerla. Da una simulazione eseguita dall’associazione una coppia di pensionati otterrebbe un risparmio di circa 150 euro l’anno per il totale dei tre bonus. Non solo strumenti già attivi per la semplificazione degli utenti non sono adeguatamente comunicati ai fruitori neanche dagli sportelli addetti Un esempio per tutti la richiesta della “Carta acquisti” prevede già in automatico l’adesione al bonus elettrico, ma il richiedente deve inserire il numero di contatore. Un dato non essenziale per svolgere la richiesta che invece faciliterebbe l’amplificazione di accesso al bonus elettrico che ad oggi ha un gruppo di affezionati fruitori ma non riesce a crescere.
“Per informare i cittadini sensibili si potrebbe anche usare la banca dati Istat”, suggerisce Girolami, che potrebbe diventare uno strumento di comunicazione one to one per accompagnare il cittadino nella compilazione della procedura. A livello informatico basterebbe molto poco per ottenere un grande risultato con poco impegno economico e strutturale. Le barriere sono più di carattere istituzionale e di proprietà. In questo serve una visione e una strategia di PA digitale in grado di cogliere le opportunità della digitalizzazione delle banche dati.
E per chi si preoccupa dei costi per lo stato e la manovra finanziaria basta ricordare che il bonus energia è già una voce in bolletta per i contribuenti standard e come tale si paga da sé.
Detto ciò, favorire misure di supporto priori di azioni di efficientamento energetico potrebbe rappresentare la seconda fase di un percorso per “costruire una politica inversa” come suggerisce Ivan Pedretti Segretario generale CGIL-SPI, in cui lo Stato favorisce un finanziamento per realizzare gli interventi di efficientemento energetico e poi verifica che siano stati usati per il fine preposto. In questo modo si possono arginare i problemi di salute legati all’indigenza energetica e ridurre i consumi di chi, non potendo acquistare elettrodomestici efficienti, di fatto consuma di più.
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