Il prezzo del gas ha avuto una crescita costante in questi ultimi anni. Una dinamica che a, seguito del lockdown del Covid-19, è diventata sempre più evidente. Eppure, nonostante anche la guerra in Ucraina, le dinamiche del mercato del gas non hanno mai vissuto una carenza effettiva per cui sarebbe giustificato l’aumento di prezzo arrivato anche a dieci volte.
In questo scenario la fine del mercato tutelato spaventa ancora di più, soprattutto considerato la crescita delle persone in vulnerabilità che faticano a pagare le bollette di luce e gas. Cerchiamo di affrontare alcuni aspetti del mercato dell’energia nel webinar “Come si forma il prezzo dell’energia” organizzato da Federconsumatori di cui la nostra testata è stata media partner.
Chi decide il prezzo del gas
“È importante mettere a fuoco i meccanismi e i soggetti della speculazione dei prezzi, superando la lettura classica legata alla dinamica tra domanda ed offerta”. Introduce così i lavori Fabrizio Ghidini responsabile nazionale per l’energia di Federconsumatori. Una riflessione necessaria visto quanto e come il mercato dell’energia a fronte di una domanda abbastanza stabile e costante, vede un’offerta decisamente volatile.
Questo indaga il libro “Prezzi alle stelle. Non è inflazione è speculazione” di Alessandro Volpi, professore dell’Università di Pisa intervenuto ai lavori “la risposta è nella finanziarizzazione molto forte che si è svolta negli anni sul prezzo del gas”.
In Europa tale prezzo è dato da una piattaforma di scambio che ha sede ad Amsterdam e che determina il TTF, Title Transfer Facility, legato al Dutch TTF Gas. Questo indice “presenta delle caratteristiche molto interessanti” per dirla con le parole di Volpi.
“La prima è che è di proprietà di una società listino statunitense che si chiama Nyes. Proprietaria anche del New York stock exchange. Questo listino è a sua volta posseduto da grandi fondi. Tra cui Vanguard, State street e Blackrock sono gli azionisti di riferimento. È un listino di matrice privata che gestisce questi prezzi. Anche a livello internazionale non esiste un gestore di prezzi che sia di determinazione istituzionale”, sottolinea il Professore. “Tra l’altro in questo contesto di gas vero se ne scambia pochissimo. Solo il 10% è rappresentato da scambi reali”.
Per dare dei numeri: nell’ultimo anno sono stati scambiati circa 700mc di gas nella borsa di Amsterdam a fronte di un consumo mondiale che sfiora i 400 miliardi di metri cubi.
Come la speculazione fa crescere le bollette
Il 90% degli scambi quindi avviene su “scommesse finanziarie che scaturiscono dal prezzo del 10% del mercato. Su ogni contratto reale si producono migliaia di scommesse che alla fine sono preponderanti rispetto al mercato e che hanno portato a lucrare sull’andamento del prezzo finale”.
Quindi “i prezzi sono aumentati non tanto per dinamiche geopoliche. Infine gli scommettitori hanno pensato che si fosse raggiunto un tetto dove fosse opportuno scommettere sul ribasso del prezzo e questo è sceso”. In questo scenario il ruolo del Price Cap fissato dall’Europa sarebbe quasi nullo secondo Volpi.
Non solo, conoscendo la formazione di questo prezzo secondo il Professore in Italia la stessa Arera ha commesso delle leggerezze. “Determinare i prezzi di riferimento partendo da dati di un giorno che rappresenta il picco di volatilità, non ha giovato ai prezzi in bolletta”.
Per superare questo impasse Volpi suggerisce di guardare al problema nella sua reale dinamica: “Dobbiamo prendere atto che la dinamica dei prezzi è di natura speculativa. A questa distorsione se ne legano altre. L’Europa collega al prezzo del gas quello delle altre fonti energetiche, ponendolo come riferimento” allerta il Prof.
La riflessione del professore evidenzia le ramificazioni dei fondi di investimento. Oltre alla borsa di Amsterdam questi sono partecipati dalle banche mondiali e dalle utility. E qui il cerchio si chiude. Si tratta quindi di un mercato i cui servizi sono determinati dalla stessa proprietà che detiene la risorsa energetica che li soddisfa.
Per questo Federconsumatori da tempo si batte affinché con la fine della maggior tutela nasca un nuovo sistema di regolazione.
“Pensiamo che spetti all’Autorità definire un prezzo margine su cui si possa oscillare entro certi parametri. E se si sfora, si rientra nell’usura” spiega il presidente dell’Associazione Michele Carrus. Un’azione che porterebbe il mercato verso la trasparenza, tutelando però la libera concorrenza.
Parere su cui si discosta in parte la richiesta del Professor Volpi che sottolinea come, finché non si agisce direttamente alla radice della formazione del prezzo, non si uscirà davvero dal giogo della volatilità finanziaria. “È importante non dare per scontato che il prezzo finanziario sia quello reale. Stabiliamo un principio generale per cui il prezzo del gas non si faccia con strumenti di finanza derivata”. Solo così, secondo il professor Volpi, sarà possibile sradicare una dinamica altrimenti perversa.
Per farlo l’Italia da sola potrebbe non bastare e diventa necessario guardare con maggiore insistenza a un’Europa davvero unita.
L’italia nel suo piccolo può però contribuire a fare chiarezza tra i player del mercato tutelando i consumatori da venditori poco seri. Per questo Carrus ribadisce la posizione di Federconsumatori di ottenere “un albo fornitori che risponda a determinati requisiti” così da limitare il numero sempre più crescente di operatori che non garantiscono né serietà né effettiva libera competizione sui prezzi.
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