Per supportare le azioni di risparmio, riuso e riutilizzo dell’acqua e per promuovere l’efficientamento idrico, il Water Management Report 2019, redatto dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano e presentato questa mattina, propone di adottare un meccanismo di incentivazione simile a quello dei certificati bianchi per l’efficienza energetica chiamati Certificati Blu.
“Una policy incentivante per i risparmi d’acqua”, ha spiegato in una nota stampa Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy&Strategy Group, potrebbe portare “allo sviluppo di soluzioni di riuso e riciclo della risorsa” oltre “alla mitigazione della barriera economica” e alla “modifica culturale nell’approccio degli stakeholders al tema dell’acqua”. Gli incentivi, ha puntualizzato, servirebbero in primis per realizzare le infrastrutture, “soprattutto quelle legate alla depurazione”, indispensabili per “poter mettere mano seriamente al tema delle perdite di acqua e quindi alla riduzione dei prelievi”.
Come dovrebbero funzionare i Certificati Blu
“Un valore del Certificato Blu di 3.000 euro (3,00 €/m3) abbasserebbe sotto i 3 anni il tempo di ritorno ed innalzerebbe sopra il 15% l’IRR in quasi tutti i casi studio analizzati – commenta Vittorio Chiesa -. Se poi si arrivasse a 4.000 euro, tutti i casi manterrebbe indicatori economici di investimento vantaggiosi, ma basterebbero valori nell’ordine di 1-1,5 €/m3 per fare entrare nel novero degli interventi economicamente sostenibili quelli di riuso/riutilizzo in ambito industriale. Non va dimenticato però che stiamo parlando di cifre di 3 ordini di grandezza superiori all’attuale costo di acquisto della risorsa idrica per le utenze industriali”.
Per ottenere questi numeri, l’Energy&Strategy Group ha preso in esame un campione di 13 casi rappresentativi di altrettante soluzioni, di uso civile e industriale, e per ognuno ha analizzato gli aspetti tecnici e le condizioni al contorno specifico: costo dell’acqua, del trattamento dell’acqua, dell’intervento di risparmio, O&M etc.
Per analizzare la sostenibilità economica si è tenuto conto di due indicatori con i relativi valori soglia: un tempo di ritorno dell’investimento di 3 anni e un tasso interno di rendimento (IRR) a 20 anni del 15%. Infine, sono state valutate le tecnologie per il risparmio di acqua in due macro aree: le soluzioni di utilizzo efficiente, che riducono i consumi perché abbassano il fabbisogno di acqua, e quelle di riuso/riutilizzo, che riducono il prelievo di acqua ma non il fabbisogno.
Dall’analisi emerge che, senza l’apporto di incentivi, solo 4 dei 13 casi mostrano degli indicatori economici “sostenibili” per gli utilizzatori finali in base al primo criterio (3 sono di risparmio d’acqua, 1 di recupero/riuso) e solo 6 rientrano nella soglia fissata per il IRR a 20 anni.
Forti cambiamenti per il Servizio Idrico Integrato
Una misura urgente che serve a tutelare questa risorsa al centro di importanti cambiamenti. Primo tra tutti l’entrata in vigore del nuovo quadriennio tariffario 2020-2023 con Delibera 34/2019/R/idr del 29 gennaio 2019 di avvio del procedimento. Poi la discussione in Parlamento della cosiddetta proposta di Legge “Daga”, le “Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque”, atto Camera 52 del 23 Marzo 2018, che propone di modificare alle fondamenta la struttura del ciclo idrico integrato.
Gli attori della filiera che coprono il 45% dell’intera popolazione servita, per oltre 90.000 km di rete gestiti, e cubano circa 2,3 miliardi di m3 di acqua annui, hanno espresso parere negativo sulla legge Daga. Perché, riporta la nota, “non tocca le vere barriere agli investimenti, che a loro parere sono la disorganicità dimensionale dei soggetti gestori – ancora troppo parcellizzati e dunque non in grado di raccogliere, in ottica di investimento di impresa, i capitali necessari -, la conseguente difficoltà di accesso ai finanziamenti e il basso valore economico – o così percepito dal cliente finale – della risorsa acqua”.
La mappa del Servizio idrico integrato
Il rapporto mappa la qualità del Servizio Idrico Integrato (Sii) tenendo conto degli indicatori specifici introdotti a partire dallo scorso anno. Il sistema fognario italiano registra punteggi minimi in tutto il territorio. Le disparità emergono su altri aspetti. Nel Nord Italia, dove si è investito di più e dove gli operatori hanno dimensioni maggiori, si è riusciti a garantire un’interruzione del servizio inferiore alle 6 ore contro le 15 del Centro, Sud e Isole. Per quanto riguarda lo smaltimento dei fanghi in discarica, i valori di sostanza secca smaltiti al Nord arrivano al 20%, quelli al Centro, Sud e Isole al 30%.
Dal rapporto emerge la scarsa importanza attribuita dall’opinione pubblica al cosiddetto “oro blu”. A mostrare poca attenzione sia il mondo industriale, “che confessa un impatto trascurabile, o comunque marginale, del costo dell’acqua sul proprio conto economico”, ha proseguito Chiesa, sia i gestori del servizio idrico “perché stretti tra lungaggini burocratiche che rendono infinitamente complesso ogni intervento sulla rete e mancanza di lungimiranza politica”. La politica, prosegue il comunicato, è molto più impegnata nel dibattito sulla privatizzazione che su quello dell’efficienza idrica.
La scarsa importanza attribuita a questa risorsa e il basso costo non si riflettono nei numeri del consumo idrico pro capite che in Italia è tra i più elevati d’Europa.
Il profilo degli operatori
Nel 2018 il profilo degli operatori di grandi dimensioni del Servizio Idrico Integrato è risultato più virtuoso della media per quanto riguarda le perdite idriche percentuali: il rapporto tra volume delle perdite idriche totali e volume complessivo in ingresso nel sistema di acquedotto è risultato essere inferiore al 35%. Il quadro non è così roseo per quanto riguarda le perdite idriche lineari, cioè il rapporto tra il volume delle perdite idriche totali e la lunghezza complessiva della rete di acquedotto con valori superiori ai 60 mc/km/gg. Per il 2019 si attende un miglioramento soprattutto per quanto riguarda l’interruzione del servizio, l’incidenza delle ordinanze di non potabilità e lo smaltimento dei fanghi in discarica.
Aspettative sul futuro
La sensibilità delle aziende al tema del consumo di acqua rispetto a quello dell’energia è molto bassa. I risultati di una survey condotta su 98 imprese, rispetto alle 1.000 coinvolte, ha mostrato che per il 14% del campione assume un valore superiore all’1% mentre per circa il 30% è “non rilevante” anche quando il consumo in termini quantitativi non è trascurabile.
Non a caso, si evidenzia in nota stampa, “i questionari dell’E&S Group hanno un tasso di risposta del 25%, mentre qui ci si ferma al 10″. Inoltre, per quasi il 90% del campione, il valore investito è inferiore a 1 euro per m3 di acqua consumata. Un grande divario rispetto ai settori della plastica e della ceramica, dell’alimentare del cartario.
I 2/3 delle soluzioni innovative sono state adottate nel Nord Italia e per il 61% riguardano le applicazioni industriali. Tra le principali barriere che dissuadono le aziende dall’adottare per il riuso e riutilizzo dell’acqua risultano esserci i tempi troppo lunghi dell’investimento, per il prezzo troppo basso dell’acqua, e il livello di qualità da rispettare.
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