Ogni volta che navighiamo o facciamo acquisti online “lasciamo” una traccia, un pezzo di noi. Una miniera d’oro per i fornitori di beni e servizi. In Italia molti utenti sono inconsapevoli e incoscienti della propria profilazione: non se ne accorgono o non gli interessa. Surfando online “ci costruiamo delle gabbie”, alimentando una sorta di “conformismo digitale” in cui trasciniamo “amici, contatti e followers che la pensano come noi”. Ad alimentare spunti e riflessioni sulla diffusione e l’utilizzo di Internet nel paese è Giacinto Matarazzo, Ricercatore della Fondazione Ugo Bortoni. La Fondazione ha presentato stamane a Roma il rapporto che ha realizzato insieme ad Istat Internet@Italia2018. Diffusione di internet e divari digitali nel nostro Paese.
I risultati del rapporto
Stando ai dati contenuti nel report, nel 2016 l’Agenda digitale europea ci collocava al 28mo posto per utilizzo regolare della rete. Nulla da invidiare agli altri Stati Membri. Tra il 2006 e il 2016 gli utenti connessi sono aumentati, passando dal 14,1 al 33,9%, e il divario socio-demografico è diminuito, con un riallineamento tra operai e lavoratori e fasce dirigenziali. Discorso inverso per le disparità territoriali che ad oggi restano.
Più in generale, il 38% degli utenti usa un solo dispositivo per accedere alla rete e il 33% due. L’utilizzo combinato di pc e smartphone è elevato nelle fasce di età più giovani mentre i più anziani preferiscono il pc. I giovani che usano solo lo smartphone sono il 24% del campione e si trovano soprattutto nel Sud Italia.
La crescente diffusione delle tecnologie di informazione e comunicazione garantisce in Italia l’accesso “di primo livello” a internet. L’infrastruttura di connessione, però, non è l’unico elemento che pesa sul bilanciere del digital divide. Il tema legato alle competenze e all’uso di queste tecnologie, il cosiddetto accesso “di secondo livello”, resta una nota dolente. “Il 17% di chi usa solo lo smartphone non ha competenze. Non lo adopera per andare su internet o scrivere e-mail ma solo per comunicare con la messaggistica istantanea. Dato che ci ha stupito”, ha commentato Laura Zannella, Direttore centrale per le statistiche sociali e il censimento della popolazione di Istat, evidenziando la nuova tendenza a inviare messaggi audio. Elemento di snodo in questo scenario, dunque, lo smartphone che se “può essere definito quale fattore di inclusione digitale di primo livello”, ha proseguito la Zannella, non “favorisce possibilità di approfondimento”.
Formazione e disparità pubblico-privato
Questo device ha “cannibalizzato gli altri dispositivi”, ha rimarcato Matarazzo, per questo emerge l’importanza della formazione, soprattutto alla luce delle grosse differenze tra una fetta di popolazione che usa internet quotidianamente e con padronanza, costituita prevalentemente da giovani digitali e anziani istruiti, e una fetta del 30% che non è nemmeno interessata all’uso del www. “Spunti che richiamano il ruolo centrale della scuola”, ha sottolineato il Presidente Istat Giorgio Alleva, che consentirà di alimentare una “capacità critica” che permetterà di usare la rete “per cosa è stata creata”.
Al nodo della maggiore formazione si affianca quello della differenza di prestazioni tra pubblico e privato: “Dal 2011 al 2016 l’aumento della fruizione di internet presenta un andamento piatto per quanto riguarda le informazioni presenti sui siti web della PA, i moduli che si possono compilare e inviare via web, etc”, ha evidenziato Matarazzo. Segnale di una “stagnazione rispetto al modello industriale. La PA non riesce a stare al passo”.
Una domanda a margine dell’evento al Presidente Istat Giorgio Alleva.
Le previsioni di Cisco parlano di 14 miliardi di oggetti connessi da qui al 2021. Quali i rischi legati a tale interconnessione data la poca coscienza e le scarse competenze che avete rilevato tra gli utenti?
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