caro-bollette

Alla vigilia di Natale non si spegne l’attenzione del Governo sui rincari delle bollette. Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha proposto di incrementare l’estrazione di gas a livello nazionale, così da ridure le importazioni ad oggi circa al 95% del totale.
Il ministro ha dichiarato in un’intervista al Messaggero: ”Abbiamo deciso che era meglio comprare gas all’estero invece di utilizzare il nostro e ci troviamo a dover potenziare le rinnovabili il più rapidamente possibile. Ma non si fa in due anni. Quindi nei prossimi 12-18 mesi dobbiamo muoverci anche in altre direzioni. Come quella di aumentare la produzione nazionale di gas con i giacimenti già aperti. Potremmo aumentare di una quantità non esagerata, magari raddoppiare i 4 miliardi di metri cubi attuali”.

La posizione degli ambientalisti

Per Greenpeace, Legambiente e Wwf la proposta del ministro Cingolani è “senza senso e senza logica, oltre che poco lungimirante”, come dichiarato in una nota stampa congiunta.
Le riserve certe di gas nel territorio italiano (fonte Unmig) sono pari a 45,8 miliardi di Sm3 (standard metri cubi). Attualmente, vengono estratti circa 4,5 miliardi di metri cubi di gas dai pozzi esistenti ed attivi nel nostro territorio, se si mantenesse questo ritmo, nell’arco di dieci anni sarebbero esaurite e si dovrebbero andare a vedere quelle “probabili”.
Cifre che sarebbero irrisorie rispetto al fabbisogno attuale nazionale, che ammonta a 72 miliardi di Sm3: se fossero estratte tutte le riserve certe di gas italiane, evidenzia l’Unmig, l’Italia sarebbe indipendente per poco più di sette mesi. Senza contare gli impatti ambientali delle estrazioni di gas e i costi delle attività estrattive e di distribuzione.

“Questi numeri dimostrano chiaramente”, spiegano Greenpeace, Legambiente e Wwf, “che per intervenire sulle bollette dei nuclei familiari è necessario intraprendere strade e percorsi del tutto diversi da quelli menzionati dal ministro Cingolani. Due le strade da seguire: da una parte eliminare tutti gli oneri di sistema impropri dalle bollette elettriche, anch’esse soggette a continui aumenti. Dall’altra, è necessario e doveroso proprio intervenire su quella componente che determina l’andamento del costo delle utenze, ovvero la componente energia. In altre parole, è urgente e obbligatorio investire nelle fonti rinnovabili, non solo attraverso le comunità energetiche, ma anche nei grandi impianti. Inoltre, occorre strutturare politiche di efficienza energetica, da qui al 2030, in grado di portare tutti gli edifici, residenziali e non, a ridurre i consumi di almeno il 50%, in linea anche con le proposte europee”.

Puntare sul fare squadra e tecnologie alternative

Aduc, associazione consumatori, afferma che si procede tutti disuniti verso il caos, mentre occorrerebbe fare squadra: “Il gas non c’è oggi e non ci sarà domani. Forse dopo-dopo-dopodomani, ma dipenderà dagli equilibri geopolitici che, Germania e Unione europea in testa, riusciranno a determinare per avere (come tampone, ma di una certa durata) il gas russo. Noi crediamo che non ci siano alternative a farsi meno danni, con una migliore e più parsimoniosa organizzazione di quanto abbiamo. La realtà è simile all’emergenza Covid. E occorre comportarsi di conseguenza: provvedimenti, campagne di informazione, interventi mirati contro sprechi e abusi. Qualcosa che può fare solo il governo, pur lodevole e auspicabile la capacità di ognuno di ridursi il danno da solo, a cominciare da queste feste di Natale”.

Anche il coordinamento Free (Fonti rinnovabili ed efficienza energetica) sostiene che più gas naturale fossile è una non-soluzione. Il presidente Livio de Santoli dichiara in nota: “Una non-soluzione che rischia di allontanare l’urgenza di trovare soluzioni alternative al gas, grande attore del caro-bolletta, che rischia di bloccare lo sviluppo del biometano, nonostante il suo potenziale riconosciuto di 9 miliardi di metri cubi al 2030, e che inciderebbe oltretutto molto poco sulla formulazione del prezzo dell’energia considerata la piccola quota di gas nazionale aggiuntiva rispetto ai consumi attuali, pari al 5,5%. Inoltre, prosegue De Santoli, fatto non trascurabile, il ministro continua nella sua narrazione di un accanimento terapeutico rispetto alla generazione di energia centralizzata, alla quale il modello del gas appartiene”.

L’assemblea annuale del Roca

Ieri 22 dicembre, si è svolta l’assemblea annuale dei soci Roca (Ravenna offshore contractors association), dove alla luce del dibattito è stata espressa soddisfazione nel vedere l’ampia convergenza sulla necessità di riprendere le estrazioni nazionali.

“Gli errori di pianificazione sulle quantità di metano da stoccare, stanno causando l’impennata dei prezzi e l’aumento del consumo di carbone e legname, con maggiore inquinamento”, afferma l’Associazione in nota stampa. “Il 2022 vedrà sicuramente il nuovo PiTesai la cui stesura ha bloccato le attività per oltre due anni. L’Italia sta pagando caro tale fermo che ci obbliga ad importare quasi totalmente il metano dall’estero pagandolo di più, inquinando di più e soprattutto mettendo in crisi tutto il settore. In Italia come in tutto il mondo la richiesta di energia aumenta ed il ritardo nella installazione di impianti per green energy crea una maggiore consumo di energia da fonti fossili. Se si riuscisse a diminuire il prezzo del metano potrebbe esserci un minor consumo di carbone, di gran lunga il più inquinante”.


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