Unep: fallimento nella riduzione delle emissioni porterebbe +3,1°C

Il report del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente evidenzia le conseguenze di un'azione ritardata

Le nazioni devono impegnarsi collettivamente a ridurre del 42% le emissioni annuali di gas serra entro il 2030 e del 57% entro il 2035 nel prossimo ciclo di contributi determinati a livello nazionale (Ndc). Tale impegno deve essere sostenuto con azioni rapide, “altrimenti l’obiettivo di 1,5°C dell’accordo di Parigi verrà meno nel giro di pochi anni”: lo afferma il rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep) pubblicato il 24 ottobre.

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Gli Ndc aggiornati devono essere presentati all’inizio dell’anno prossimo, prima dei colloqui sul clima della Cop30 in Brasile. Il rapporto rileva che un fallimento nell’ambizione dei nuovi contributi concorrerebbe a un aumento della temperatura fino a 3,1°C nel corso di questo secolo: “Ciò avrebbe impatti debilitanti su persone, pianeta ed economie” avvisa il documento.

Emissioni, Unep: “Poca fiducia nell’implementazione degli impegni”

Lo scenario tracciato opera su una probabilità superiore al 66%. Tuttavia, l’aggiunta di ulteriori impegni net zero alla piena implementazione degli Ndc potrebbe limitare il riscaldamento globale a 1,9°C, ma attualmente “c’è poca fiducia nell’implementazione di questi impegni” mette in chiaro il rapporto. L’analisi di Unep esamina cosa sarebbe necessario per limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C. Per questo percorso, le emissioni devono scendere del 28% entro il 2030 e del 37% rispetto ai livelli del 2019 entro il 2035, il nuovo anno fondamentale da includere nei prossimi programmi. Ora occorre sfruttare i prossimi colloqui della Cop29 a Baku, in Azerbaijan, per aumentare l’azione e preparare il terreno per intraprendere il percorso tracciato con l’Accordo di Parigi: “Il momento critico per il clima è arrivato. Abbiamo bisogno di una mobilitazione globale su una scala e un ritmo mai visti prima, a partire da adesso” esorta nella nota Inger Andersen, direttore esecutivo dell’Unep, “Niente più aria fritta”.

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Il rapporto evidenzia le conseguenze di un’azione ritardata. I tagli richiesti sono relativi ai livelli del 2019, ma le emissioni di gas serra sono da allora cresciute fino a un record di 57,1 gigatonnellate di CO2 equivalente nel 2023. Se questo concorre a una differenza marginale rispetto ai tagli complessivi richiesti dal 2019 al 2030, il ritardo nell’azione significa che il 7,5% delle emissioni deve essere tagliato ogni anno fino al 2035 per il target che punta a 1,5°C e per il 4% a 2°C. L’entità dei tagli annuali richiesti aumenterà con ogni anno di ritardo.

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Solare ed eolico: 38% del potenziale di riduzione della CO2 al 2035

Un maggiore utilizzo di tecnologie solare fotovoltaica ed energia eolica potrebbe fornire il 27% del potenziale di riduzione totale al 2030 e il 38% nel 2035. L’azione di difesa delle foreste potrebbe fornire circa il 20% del potenziale in entrambi gli anni. Altre valide opzioni includono misure di efficienza, elettrificazione e cambio di combustibile nei settori dell’edilizia, dei trasporti e industriale. Questo potenziale dimostrerebbe, secondo il report, che è possibile raggiungere gli obiettivi della Cop28 di triplicare la capacità di energia rinnovabile entro il 2030, raddoppiare il tasso medio annuo globale di miglioramenti dell’efficienza energetica, abbandonare i combustibili fossili e conservare, proteggere e ripristinare la natura e gli ecosistemi.

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Tuttavia, per sfruttare anche solo una parte di questo potenziale sarà necessaria una mobilitazione internazionale senza precedenti e un approccio che coinvolga tutte le nazioni, concentrandosi su misure che massimizzino i benefici socioeconomici e ambientali e riducano al minimo i compromessi. L’analisi delle Nazioni Unite rileva che gli investimenti di mitigazione per raggiungere lo zero netto devono crescere di sei volte, sostenuta dalla riforma dell’architettura finanziaria globale, da una forte azione del settore privato e dalla cooperazione internazionale.

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