Una mascherina chirurgica se gettata irresponsabilmente sul marciapiede o sul bagnasciuga rilascia fino a 173mila microfibre al giorno. Rappresenta una minaccia per l’ambiente, soprattutto marino, per via del meccanismo di degradazione foto-ossidativa delle fibre di polipropilene presenti nei tre strati che la compongono.
L’inquinamento prodotto dall’abbandono della mascherina chirurgica
Il dato emerge dalla ricerca “The release process of microfibers: from surgical face masks into the marine environment“, pubblicata sulla rivista Environmental Advances, condotta dai chimici del dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’università Bicocca di Milano: Francesco Saliu, Maurizio Veronelli, Clarissa Raguso, Davide Barana, Paolo Galli e Marina Lasagni. “Speriamo che questo nostro lavoro possa sensibilizzare verso un corretto conferimento delle mascherine a fine utilizzo e promuovere l’implementazione di tecnologie più sostenibili”, hanno commentato in una nota stampa Saliu e Lasagni, rispettivamente ricercatore e docente del dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra di Milano-Bicocca.
Lo studio offre il dato della stabilità oltre il limite di utilizzo della mascherina chirurgica, che non era disponibile in letteratura. È stato ottenuto sottoponendo i dispositivi a esperimenti di invecchiamento artificiale per simulare quanto avviene nell’ambiente per via dell’esposizione ad agenti atmosferici e radiazioni solari. Le misure promosse con le tecniche di microscopia elettronica e microspettroscopia infrarossa hanno rivelato che una singola mascherina sottoposto a luce ultravioletta per 180 ore è in grado di rilasciare fino a 173mila microfibre al giorno del diametro di poche decine di micron.
In un contesto naturale, il materiale può arrivare al mare ed essere sottoposto a stress meccanici prolungati per effetto del moto ondoso. Si occuperanno di verificare gli effetti sugli organismi marini gli scienziati del centro di ricerca e alta formazione dell’Ateneo alle Maldive, il Marhe center. Preoccupano, ad esempio, gli eventuali danni da ostruzione in seguito ad ingestione e gli effetti tossicologici dovuti alla veicolazione di contaminanti chimici e biologici.
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