L’innalzamento della temperatura globale sta accelerando lo scioglimento dei ghiacciai che dormono sulle Dolomiti, tra le montagne più alte d’Italia. L’Snpa (Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente) avverte: la regressione e l’assottigliamento quest’estate è stato marcato. Oggi si vedono ad occhio nudo numerosi crepacci lungo i fianchi delle montagne, che possono mettere a repentaglio l’incolumità degli alpinisti non dotati dell’attrezzatura adeguata.
Lo scioglimento dei ghiacciai sulle Dolomiti
Le vette delle Dolomiti hanno vissuto un mese di giugno tra i più freschi dal 2001 e la seconda decade di luglio la più fredda dal 2000. Le basse temperature hanno mantenuto i ghiacciai ricoperti di neve invernale, considerato anche che durante la primavera la neve è caduta con meno frequenza. Ad agosto, invece, le temperature sono state oltre la norma e il lungo caldo ha accelerato la fusione del manto nevoso. Già ad occhio nudo la differenza è evidente.
Neve, ghiacciai e crepacci sulle Dolomiti
Il lungo periodo caldo di agosto ha accelerato la fusione del manto nevoso residuo, evidenziando numerosi crepacci sulle Dolomiti. Nel video un crepaccio sulla Marmolada ripreso dall'escursionista Manuela Xaiz
Gepostet von ARPAV am Donnerstag, 3. September 2020
Il caldo riduce l’estensione dei ghiacciai e, di conseguenza, la disponibilità dell’acqua, rilasciata gradualmente dai ghiacciai durante la tarda primavera e l’estate. Sulle Dolomiti il fenomeno, purtroppo, prosegue dagli anni Ottanta.
La neve è tornata sulle Dolomiti solo a fine agosto, la sera del 31, a 2.600-2.800 metri di quota. Il 1° settembre quasi tutte le cime erano imbiancate. Ma queste nevi sono anomale, avverte l’Snpa: negli ultimi 10 anni ha nevicato diverse volte a fine agosto. Ad esempio, nel 2010 con neve fino a 1.600-1.800 m il 31 agosto o nel 2017 con 20 cm di neve a Monte Piana il 2 settembre.
C’è da dire che lo scioglimento è stato accelerato dalla presenza di un manto nevoso poco candido e ricco di pollini, specifica Snpa.
Il monitoraggio del manto nevoso
Il monitoraggio del manto nevoso durante la primavera diventa essenziale per una gestione efficiente dell’acqua, rimarca l’Snpa. Soprattutto lì dove il fenomeno è più marcato, ossia sulle Alpi centrali e occidentali.
Arpa Veneto, il Centro valanghe di Arabba e altri soggetti preposti continuano a monitorare la risorsa idrica nivale dal 2015 per fornire dati aggiornati all’Autorità di bacino distrettuale delle Alpi orientali. L’Arpav si avvale di 19 stazioni automatiche in quota e 21 tradizionali. Gli operatori adoperano una strumentazione portatile per misurare alcuni parametri altrimenti non rilevabili, come le caratteristiche interne del manto nevoso.
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