Il riscaldamento globale potrebbe portare nel breve termine a un vero e proprio “apartheid climatico”. E’ l’allarme lanciato da un nuovo rapporto dell’Onu che sottolinea come l’inasprirsi di condizioni climatiche estreme renderà queste aree del mondo meno abitabili. Una situazione che mostrerà in modo ancora più evidente il divario tra ricchi e non abbienti, facendo sì che moltissime persone non dispongano dei mezzi adeguati per affrontare le criticità del cambiamento climatico.
120 mln di poveri entro il 2030
Se infatti le fasce più abbienti di popolazione possono scegliere di trasferirsi in zone con condizioni climatiche più favorevoli o addirittura possono scegliere di avvalersi di servizi a pagamento per gestire gli inconvenienti della situazione meteorologica estrema, le fasce più povere vedranno peggiorare sempre più le loro condizioni. Nello specifico, secondo le previsioni del rapporto circa 120 milioni di persone andranno incontro a condizioni di povertà entro il 2030 mentre molti altri moriranno.
“Perversamente, i più ricchi, che hanno la maggiore capacità di adattarsi e sono responsabili della grande maggioranza delle emissioni di gas serra, saranno nella posizione migliore per far fronte ai cambiamenti climatici”, scrive Philip Alston, funzionario alle Nazioni Unite per la povertà e i diritti umani nella relazione, “i più poveri, invece, che hanno contribuito meno alle emissioni e hanno la minima capacità di reagire, saranno i più danneggiati”.
Medici in campo contro il climate change
A scendere in campo per segnalare l’urgenza di intervenire contro i cambiamenti climatici è stata anche la categoria dei medici. In Inghilterra, come si legge sul Guardian, più di mille professionisti del settore sanitario, tra professori universitari e personalità di spicco, hanno chiesto una mobilitazione civile non violenta per smuovere politiche del governo più incisive nella lotta al climate change. I medici hanno scritto una lettera al Guardian in cui spiegano che le decisioni politiche del governo sono “terribilmente inadeguate” e spingono media e e politici a promuovere un percorso volto ad affrontare con misure drastiche gli effetti del riscaldamento globale. “Siamo particolarmente allarmati dagli effetti dell’aumento delle temperature sulla salute e dalle previsioni del collasso sociale e della conseguente migrazione di massa. Tale collasso rischia di danneggiare la salute fisica e mentale su una scala senza precedenti”, si legge nella lettera alla testata inglese.
Una carta di credito che valuta l’impronta di carbonio degli acquisti
Intanto crescono le soluzioni tecnologiche che in maniera sempre più innovativa contribuiscono a sensibilizzare i cittadini sull’impatto ambientale delle loro scelte. Una di queste è la carta di credito, denominata Do card, creata dalla startup svedese Doconomy che è in grado di calcolare l’impronta di carbonio degli acquisti, quantificando i loro effetti sul cambiamento climatico. Nello specifico viene fissato un limite da non oltrepassare in termini di emissioni di CO2 e, nel caso si superi questo valore, il pagamento viene rifiutato. All’atto di acquisto la carta identifica inoltre il produttore attraverso un codice di categoria specifico e, grazie a una tecnologia detta Aland Index, fa una stima della carbonfootprint.
Allerta smog fotochimico in Lombardia
Spostandoci in Italia, invece, risale a qualche giorno fa l’allarme lanciato da Legambiente Lombardia che ha sottolineato come nella regione siano stati rilevati livelli elevati, vicini alla soglia di allarme, di smog fotochimico da ozono troposferico, un ossidante nocivo per la salute. Nello specifico le zone con i dati più preoccupanti sono Monza e l’alta Brianza, il varesotto, le Alpi Lariane e la Lomellina. Da segnalare anche i dati di Erba, che ha raggiunto il picco orario di 225 microg/mc.
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