“La nostra casa è in fiamme”. Questo l’avvertimento lanciato dall’attivista svedese Greta Thunberg – e il titolo del suo libro – che ha spinto milioni di giovani in tutto il mondo a scendere in piazza in nome della giustizia climatica.
Gli eccessi del 2023
Quella di Thunberg è una metafora, ma è anche un fatto: nella seconda metà di febbraio, per esempio, è stato rilevato un aumento significativo del numero di incendi, della loro intensità e delle emissioni stimate in tutto il Sudamerica tropicale. Il gennaio 2024 è stato il più caldo mai registrato a livello globale: l’ultimo di una serie di record che hanno portato il Servizio per il cambiamento climatico di Copernicus (C3S) a classificare il 2023 come l’anno più caldo mai osservato, con una temperatura di 14,98 °C, +1,48 °C rispetto al periodo 1850-1900.
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“Il 2023, senza dubbio, è stato un anno eccezionale. L’aumento della temperatura media globale ha sfiorato il grado e mezzo rispetto ai livelli preindustriali, ci siamo fermati giusto due centesimi al di sotto. È stato un anno che ha iniziato a essere particolare, da un punto di vista climatico, già nel mese di giugno, con vari giorni che hanno superato la soglia di 1,5 gradi: una cosa strana, visto che di solito è più facile superare questa soglia d’inverno, anziché d’estate”, spiega il dottor Carlo Buontempo, direttore di C3S.
Il ruolo dei gas serra nell’aumento delle temperature
Circa il 50 per cento dei giorni, lo scorso anno, ha battuto il record di 1,5 °C e due giorni di novembre sono stati, per la prima volta, più caldi di 2 °C. Anche le temperature medie globali della superficie del mare sono rimaste persistentemente e insolitamente alte, raggiungendo livelli record nel periodo compreso fra aprile e dicembre.
“Quello climatico è un sistema complesso, che viene influenzato da una serie di fattori. Anche se nel 2023 c’è stata l’influenza di El Niño, un fenomeno che porta all’aumento della temperatura del Pacifico centrale, non saremmo in grado di spiegare gli eccessi di temperatura e di calore cui abbiamo assistito senza includere l’aumento dei gas serra”, specifica il dottor Buontempo.
La complessità del sistema climatico
A questi eccessi di calore, però, continuano a contrapporsi dei picchi di freddo. Come all’inizio del 2024, quando, presso la stazione svedese di Kvikkjokk-Årrenjarka, è stata registrata una temperatura di -43,6 gradi Celsius, la più bassa degli ultimi venticinque anni per il mese di gennaio. “Il fatto che ci sia una tendenza in una direzione, non vuol dire che tutte le variabili, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo del Pianeta, vadano in quella direzione”, chiarisce il direttore di C3S.
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“È quello che abbiamo visto negli ultimi mesi in Europa: mentre la porzione meridionale ha sperimentato temperature più elevate della media, la penisola scandinava e alcune regioni del centro-nord hanno vissuto un inverno particolarmente rigido. Non è una contraddizione, specialmente se andiamo a guardare in aree molto specifiche, dove la variabilità è più alta. Se però guardiamo il Pianeta nel suo complesso, la tendenza verso il riscaldamento è molto chiara: non serve ricorrere ai modelli, basta osservare i dati satellitari per rendersene conto”.
Gli obiettivi dell’Unione europea
L’Unione europea sembra essersene resa conto, tanto che la Commissione ha proposto di introdurre un nuovo target intermedio, in vista del raggiungimento della neutralità climatica nel 2050: oltre a ridurre le emissioni di gas serra del 55 per cento entro il 2030, gli Stati membri saranno chiamati a ridurle del 90 per cento entro il 2040. Dalle elezioni europee di giugno dipenderà il futuro del Green Deal che, negli ultimi mesi, è stato messo in discussione dagli esponenti di alcuni settori dell’economia, a partire dall’agricoltura.
“Come scienziati del clima, vediamo i cambiamenti che lo interessano e sappiamo quali sono i meccanismi da cui dipendono: la stragrande maggioranza del riscaldamento è dovuta all’aumento dei gas serra. Per cui, se la volontà politica è quella di limitare il riscaldamento, non c’è modo più efficiente che limitare le emissioni. Se chiedete a noi esperti di clima, la risposta è ovvia: prima ci riusciamo, meglio è”, continua Buontempo. “Si tratta probabilmente della sfida più difficile che gli esseri umani abbiano mai affrontato”.
Uncharted territory, sì o no?
La sfida che ci attende non riguarda solo la mitigazione dei cambiamenti climatici, ma anche l’adozione di strategie di adattamento che ci consentano di far fronte a tutti quegli effetti che sono ormai inevitabili e che, anzi, ci stanno già mettendo a dura prova.
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“Spesso si usa l’espressione ‘uncharted territory’ per parlare del cambiamento climatico. È un’immagine allo stesso tempo corretta e fuorviante”, commenta Carlo Buontempo. “È corretta perché basta guardare i grafici di Copernicus per rendersi conto di come non avessimo mai assistito a temperature simili: gli ultimi esempi risalgono a quando non esistevano ancora le città, l’agricoltura o gli animali domestici”.
“Viviamo in un mondo diverso da quello in cui ci siamo evoluti come civiltà. Però, anche se siamo in un territorio sconosciuto, non è vero che siamo completamente all’oscuro di quello che sta succedendo. Disponiamo di tantissime informazioni, e programmi come Copernicus forniscono gratuitamente dati aggiornati e accessibili a tutti. I satelliti hanno il vantaggio di avere una copertura globale e ci consentono di effettuare il monitoraggio climatico anche nei luoghi più remoti”.
Il nuovo Atlante climatico interattivo di Copernicus
Il 20 febbraio, C3S ha lanciato un nuovo strumento: l’Atlante climatico interattivo, destinato a diventare una nuova importante risorsa per i decisori politici e per chiunque abbia l’esigenza di analizzare l’andamento del clima. È un’applicazione web innovativa che consente agli utenti di visualizzare una serie di informazioni sui cambiamenti climatici passati e futuri, sfruttando dati e proiezioni del C3S Climate Data Store. Gli utenti possono anche personalizzare le mappe, selezionando determinate aree o periodi di tempo.
“Nell’ultimo rapporto dell’IPCC, c’era un atlante che facilitava la fruizione dei dati. Insieme ai suoi creatori, abbiamo lanciato una nuova versione interattiva, che può essere aggiornata in modo sistematico con gli ultimi dati di Copernicus. Si possono scaricare dati e grafici per qualsiasi variabile d’interesse, per qualsiasi zona del Pianeta”, conclude Buontempo. Che ci congeda con un po’ di ottimismo, ricordandoci come nel documento finale della COP28 sia stata menzionata per la prima volta la necessità di rinunciare ai combustibili fossili, nonostante la conferenza fosse presieduta da un petroliere. Possiamo forse aspettarci qualcosa di positivo anche dalla COP29, che pure si terrà in un Paese poco “rinnovabile” come l’Azerbaigian?
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