Moratoria mineraria in acque profonde per governance oceanica

L'appello all'Autorità internazionale dei fondali marini (Isa)

Una moratoria sull’attività mineraria è la “soluzione migliore per consentire all’Isa (Autorità internazionale dei fondali marini, ndr) di diventare la custode delle profondità marine”. A chiedere il cambio di passo verso la gestione responsabile dei patrimoni blu è la Deep Sea Conservation Coalition. In un rapporto, la Coalizione esplora le opportunità, a disposizione dell’Isa, nel caso di una moratoria o di una sospensione precauzionale dell’attività mineraria in acque profonde. Un’iniziativa già sostenuta da decine di Stati, migliaia di scienziati, aziende e istituzioni finanziarie, leader per i diritti umani, rappresentanti della società civile e gruppi indigeni in tutto il mondo.

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Foto di Milos Prelevic su Unsplash.

Redatta da esperti oceanici, la pubblicazione contiene quattro articoli che esaminano le opportunità e i benefici di una moratoria in quattro aree chiave: governance oceanica globale; scienza e ricerca in acque profonde; sviluppo delle capacità e trasferimento tecnologico; sviluppo economico sostenibile.

“Moratoria mineraria in acque profonde”: appello all’Isa

In tema di sfruttamento delle profondità marine, l’Autorità si trova in una situazione critica: “Continuerà a comportarsi come al solito, aprendo la strada allo sfruttamento delle profondità marine per profitti a breve termine, causando danni irreversibili a lungo termine? Oppure garantirà che le attività in acque profonde siano realmente vantaggiose per l’umanità, proteggendo al contempo l’ambiente marino per le generazioni presenti e future?” si chiede nel rapporto la Deep Sea Conservation Coalition.

Come spiega il primo articolo della raccolta, una moratoria o una pausa precauzionale non solo è pienamente compatibile con il mandato dell’Isa, ma le consentirebbe anche di diventare il custode delle profondità marine. Contribuendo così a far progredire l’Accordo, recentemente adottato, nell’ambito della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto dell’Ambiente. Senza dimenticare che la necessità di proteggere gli oceani è stata recentemente ribadita dagli sforzi globali in materia di governance oceanica, inclusa l’adozione dell’Accordo sulla biodiversità marina delle aree al di là della giurisdizione nazionale (Bbnj).

La decisione di sviluppare uno strumento giuridicamente vincolante sulla biodiversità delle acque internazionali, è frutto dell’impegno espresso sul tema dai Paesi membri in esito alla Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile di Rio de Janeiro (2012).

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Progresso della ricerca scientifica marina e protezione ambientale

Il secondo documento delinea un futuro in cui una moratoria mineraria consentirebbero all’Isa di dare priorità al proprio mandato. In particolare, per il progresso della ricerca scientifica marina. L’Agenzia sarebbe così in grado di guidare “entusiasmanti spedizioni in acque profonde per studiare e mappare il vasto fondale abissale e condividere i risultati con il mondo”. In base a questa visione, l’Isa promuoverebbe la collaborazione internazionale per nuove scienze delle profondità marine, dando priorità alla partecipazione dei Paesi in via di sviluppo e facilitando un’equa condivisione delle conoscenze.

Strettamente correlato a questa promessa di una scienza collaborativa, il terzo documento punta allo sviluppo di capacità e al trasferimento tecnologico. Svincolando questi programmi dalle attività estrattive, l’Isa potrebbe reindirizzare i propri sforzi verso lo sviluppo di capacità scientifiche e tecniche a supporto della protezione ambientale. Ma anche a migliorare la comprensione degli ecosistemi di profondità e dei benefici essenziali che offrono. Aiutando a superare le disuguaglianze nelle scienze oceaniche, favorendo la partecipazione alla governance oceanica globale dei Paesi in via di sviluppo.

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“Aspetti economici dell’estrazione mineraria in acque profonde non tornano”

Le sinergie tra l’Isa e l’accordo Bbnj offrono “percorsi promettenti per realizzare questa trasformazione”. In particolare, dai sistemi di dati condivisi alle partnership di ricerca collaborativa, ai programmi di formazione. Ciò potrebbe includere iniziative congiunte per “promuovere la leadership femminile nelle scienze delle profondità marine ed esplorare come le conoscenze tradizionali possano essere applicate nell’attuazione dell’accordo” suggerisce il documento della Deep Sea Conservation Coalition.

Infine, il quarto documento chiarisce che il conto degli aspetti economici dell’estrazione mineraria in acque profonde “semplicemente non tornano”. Mentre la domanda iniziale di metalli potrebbe generare ricavi a breve termine, si prevede che la saturazione del mercato e il calo dei prezzi eroderanno la redditività a lungo termine. Considerati gli ingenti investimenti necessari, gli enormi rischi ambientali e le costose cause legali, ecco che i rendimenti previsti appaiono marginali. “In contrasto con questi profitti discutibili, l’estrazione mineraria in acque profonde avrebbe impatti su larga scala e irreversibili sui fondali marini e sul sequestro del carbonio, causando danni incalcolabili e distruggendo valore per l’umanità sia oggi che in futuro” conclude il rapporto.

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