Negli ultimi 100 anni la disponibilità d’acqua nel mondo è cambiata di pari passo con i cambiamenti climatici. Di chi è la responsabilità? Dell’uomo in ogni caso, che ha inciso profondamente sull’equilibrio del ciclo idrologico, compromettendo il bilanciamento tra acqua in entrata tramite le precipitazioni e acqua in uscita tramite l’evaporazione.
La rivelazione, anche se forse è meglio dire la conferma, arriva dallo studio “Observed changes in dry-season water availability attributed to human-induced climate change” recentemente pubblicato sulla rivista Nature geosciences.
Le due fasi della ricerca
La ricerca è stata suddivisa in due fasi: nella prima, sono state confrontate le mappe globali della distribuzione dell’acqua disponibile nel suolo dal 1902 al 2014. In particolare, i ricercatori hanno indagato la disponibilità media di acqua nei due intervalli 1902-1950 e 1985-2014.
Terre più aride e più umide
Gli studiosi hanno scoperto che a livello globale c’è stata una riduzione media della disponibilità d’acqua. Alcune zone, quelle di medie latitudini, hanno sperimentato l’aumento dell’aridità nel mese più secco dell’anno. Si tratta di oltre la metà della superficie terrestre, tra il 57 e il 59%, distribuita tra Europa, Nord America occidentale, Asia settentrionale, Sud America meridionale, Australia e Africa orientale. Gli scienziati hanno scoperto che la maggiore evaporazione d’acqua, piuttosto che la riduzione delle precipitazioni, ha inoltre provocato l’intensificarsi delle stagioni secche.
All’opposto, il 41-43% delle terre in Cina, in Asia sud-orientale e nel Sahel hanno registrato un aumento dell’umidità.
La conferma: l’origine antropogenica della disponibilità di acqua nel mondo
Nella seconda fase, lo studio ha ricercato la causa di questo cambiamento. Ha escluso l’impatto della variabilità naturale individuando l’origine antropogenica come unica spiegazione della variazione di disponibilità d’acqua terrestre.
Per riuscirci sono state comparate tre configurazioni della distribuzione di acqua nel mondo attraverso un’analisi multi-modello. Si è confrontata la situazione del mondo del 1850 cosiddetto preindustriale, del mondo oggi e del mondo che avremmo osservato se la variabilità naturale fosse stata l’unica a influire sul clima.
“Con e senza l’attività umana, le simulazioni ci catapultano in un inizio di ventunesimo secolo completamente diverso, mentre il mondo del preindustriale non è così differente da quello che avremmo avuto oggi senza l’influenza dell’uomo sul sistema climatico”, spiega in una nota Daniele Peano, ricercatore della fondazione Cmcc-Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici, tra gli autori dello studio.
La domanda sorge spontanea: come cambierà la disponibilità di acqua nel mondo domani? Quanto l’uomo continuerà a incidere i cicli naturali? Non resta che sperare nell’impegno singolo e collettivo nel preservare il mondo come lo conosciamo oggi.
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