La Nature Restoration Law è legge

Il Consiglio Ambiente dell'UE ha ufficialmente adottato la Legge sul ripristino della natura, nonostante l’opposizione italiana. Il commento positivo di Federica Ferrario di Greenpeace: “Non è distruggendo la biodiversità che si agevolano gli agricoltori”

Oggi, 17 giugno, è una giornata importante per gli ecosistemi e le specie che li costituiscono. Dopo una fase di stallo causata dall’opposizione di alcuni Stati membri dell’UE, la Legge sul ripristino della natura (Nature Restoration Law) è stata finalmente approvata anche dal Consiglio dell’Unione europea, il cui via libera si aggiunge quindi a quello del Parlamento.

“Sono lieto di questo voto positivo. Non c’è tempo per una pausa nella protezione del nostro ambiente. Oggi il Consiglio dell’UE ha scelto di ripristinare la natura in Europa, proteggendo così la sua biodiversità e l’ambiente in cui vivono i cittadini europei. È nostro dovere rispondere all’urgenza del collasso della biodiversità in Europa, ma anche consentire all’Unione europea di rispettare i suoi impegni internazionali. La delegazione europea potrà presentarsi alla prossima COP a testa alta”, ha commentato Alain Maron, Ministro dell’Ambiente della Regione di Bruxelles-Capitale.

L’opposizione del governo italiano

È stata decisiva la scelta dell’Austria di appoggiare la legge, nonostante il dissenso iniziale. Non ha cambiato idea invece il governo italiano, che ha votato nuovamente contro l’approvazione del regolamento, nonostante le firme raccolte anche grazie all’impegno del WWF. “Un voto contrario che ha solo un significato: opporsi alla lotta all’inquinamento, alla tutela della salute dei cittadini e degli ecosistemi, ma anche alla cementificazione selvaggia”, secondo i parlamentari del Movimento 5 Stelle nelle Commissioni Ambiente e Attività produttive di Camera e Senato.

 

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Il parere a caldo di Greenpeace Italia

“Per quanto purtroppo il testo sia stato nel corso degli ultimi due anni indebolito molto, la sua approvazione rappresenta comunque una buona notizia. Considerando che, negli ultimi mesi, si stava tendenzialmente andando a fare degli enormi passi indietro rispetto a tutta quella che è la normativa di tutela ambientale, questo è un segno che va un po’ in controtendenza e, quindi, ne siamo felici”, spiega Federica Ferrario, responsabile Campagna Agricoltura di Greenpeace Italia. “Anche in questa occasione, però, l’Italia non ha fatto una bella figura perché è fra i pochi Paesi che si sono opposti al regolamento”.

Le principali misure previste dalla Nature Restoration Law

La nuova legge chiede agli Stati membri di stabilire e attuare misure per ripristinare congiuntamente, come obiettivo comunitario, almeno il 20 per cento delle aree terrestri e marittime dell’UE entro il 2030. Le norme riguardano una serie di ecosistemi terrestri, costieri e d’acqua dolce, forestali, agricoli e urbani, comprese le zone umide, le foreste, i fiumi e i laghi, nonché gli ambienti marini, comprese le praterie di fanerogame e le scogliere coralline. Fino al 2030, gli Stati membri saranno chiamati a concentrarsi prioritariamente sui siti Natura 2000 nell’attuazione delle misure di ripristino.

La Viceministra italiana dell’Ambiente, Vannia Gava, ha giustificato la scelta dell’Italia spiegando che “il regolamento, così com’è, impatta negativamente sul settore agricolo dell’Unione, accrescendone gli oneri economici e amministrativi”.

Secondo Coldiretti, “la legge approvata dal Consiglio mantiene un’impostazione ideologica sbagliata che mette in contrapposizione la natura e l’agricoltore, vero custode del patrimonio ambientale”.

Un nuovo modello “agroecologico”

Eppure, secondo Greenpeace, è proprio qui che sta “l’errore”. “Non è andando a distruggere la biodiversità che si agevolano gli agricoltori, né limitando le misure che ci aiutano a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, come la siccità estrema che in queste settimane sta colpendo soprattutto le regioni del sud Italia”, prosegue Ferrario. “Quello su cui bisogna puntare è un modello agroecologico, allontanandosi dalle monocolture e sfruttando tecniche che permettano di trattenere maggiormente l’umidità nei suoli”.

Neanche a farlo apposta, oggi è anche la Giornata mondiale contro la desertificazione e le Nazioni Unite hanno ribadito l’importanza di ripristinare i suoli degradati. “Attualmente, circa il 70 per cento dei terreni agricoli a livello europeo viene utilizzato per produrre cibo per animali, dando spazio a colture idroesigenti come il mais”.

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È sicuramente qualcosa su cui lavorare in vista della COP16 sulla biodiversità che si svolgerà nell’ottobre 2024 in Colombia. L’UE ha compiuto un grande passo avanti nella giusta direzione oggi, ma è solo l’inizio del percorso. “Non possiamo più continuare con il business as usual. Non lo diciamo solo noi, lo dicono gli scienziati. Servono decisioni rapide e chiare che portino a rivoluzionare il nostro modello di produzione industriale del cibo, che rientra anche fra le principali cause della deforestazione”, conclude Ferrario.


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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.