La pandemia di Covid-19 ha stimolato la riduzione delle emissioni di alcuni atenei italiani, fino al 20-30%. Il beneficio momentaneo si accompagna a una previsione di risparmio e di emissioni nette zero sul lungo periodo, grazie ai progetti in campo che vanno dai lavori sull’involucro degli edifici alla sostituzione delle fonti luminose passando per la gamification nella mobilità alternativa.
L’attività della Rete delle università per lo sviluppo sostenibile
Il punto è stato fatto questa mattina durante l’evento “Impatto del Covid-19 sulle emissioni degli atenei italiani verso Emissioni Zero” promosso dal politecnico di Milano. Nei saluti iniziali Stefano Caserini, docente del PoliMI nonché coordinatore del gruppo di lavoro cambiamenti climatici della Rete delle università per lo sviluppo sostenibile (Rus), ha evidenziato un generale calo delle emissioni di gas climalteranti.
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Sulla gestione efficiente dell’energia e la relativa decarbonizzazione degli atenei italiani si è soffermato Alberto Poggio, coordinatore del Gdl Energia della Rus. Per calcolare l’impronta ecologica di un ateneo, ha spiegato, bisogna tenere conto “di tanti elementi tra cui l’impronta carbonica”, influenzata prevalentemente dai trasporti. Ferma restando la regola che per favorire la decarbonizzazione occorre “ridurre i consumi e cercare di coprirli con le energie rinnovabili”. Il Gdl lavora per “rafforzare il ruolo dell’energy manager nell’Ateneo, non più singolo ma con una squadra e risorse”; sulle metriche, sulle comunità energetiche e sulla mappatura dell’energia, “diviso per sedi, strutture e attività”. Un modo per avere “l’evoluzione storica, i dati energetici e gli indicatori, per valutare interventi fatti, così da acquisire credibilità, fotografare la situazione attuale e prevedere azioni di breve termine o di più lungo periodo”.
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L’intervento di Matteo Colleoni, coordinatore del Gdl Mobilità della Rus, ha illustrato quali sono state le emissioni dei trasporti. L’analisi condotta tra luglio e settembre 2021 su 51 atenei di 32 città italiane ha rilevato una diminuzione diffusa nell’uso del trasporto pubblico locale. “In alcune aree del Nord Est Italia la soglia dell’uso del Tpl è stata inferiore del 50%, è atipico”. Generalmente, in estrema sintesi “c’è un buon riparto modale con alcuni casi critici”: “rispetto al 2016 gli spostamenti completamente insostenibili sono aumentati” con una “significativa emissione di inquinanti”. Per ovviare a questa inversione di tendenza provocata dalla pandemia bisognerà incrementare l’uso del Tpl, soprattutto tra il personale tecnico-amministrativo e i docenti, stimolare “la mobilità attiva”, introdurre “politiche di residenzialità”, supportare l’acquisto di biciclette e introdurre “interventi di innovazione tecnologica”.
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Casi concreti tra gli atenei, da Brescia a Cagliari
Nel corso dell’evento sono stati illustrati alcuni casi concreti. L’università La Sapienza di Roma dal 2007 adotta un piano energetico con il quale ha promosso una serie di interventi per la riduzione dei consumi energetici negli edifici e ha puntato sulle infrastrutture verdi per promuovere azioni di mitigamento climatico. Si è fatta portavoce della cultura della sostenibilità tra gli atenei italiani con l’attivazione, lo scorso anno, di un corso interfacoltà in Scienze della sostenibilità e, quest’anno, di un corso sullo Sviluppo sostenibile.
I consumi effettivi dal 2019 al 2020 sono diminuiti del 20-30% nelle sedi del politecnico di Milano. Sempre a Milano l’università Bicocca, che ha consumi paragonabili a quelli di un comune italiano di medie dimensioni, l’analisi della ripartizione dei consumi tra gli edifici condotta negli ultimi due anni fa ben sperare nel risparmio di lungo periodo. Questo alla luce degli interventi promossi per l’efficientamento degli impianti, il controllo e la gestione degli edifici, l’autoproduzione energetica, il Led e le colonnine di ricarica per i veicoli elettrici.
A Cagliari il questionario condotto su 48 mila studenti stimati e 12 mila dipendenti ha rivelato che prima dello scoppio della pandemia i più virtuosi erano gli studenti che usavano il trasporto pubblico locale, probabilmente soprattutto per motivi economici. Per stimolare forme alternative di spostamento casa-università-casa nel capoluogo sardo stanno sperimentando una applicazione e forme di gamification.
A Brescia l’analisi delle emissioni ha tenuto conto del passaggio allo smart working. Durante le chiusure della primavera 2020, che hanno toccato prima la Lombardia, nelle sedi dell’università di Brescia è stata registrata una diminuzione dei consumi elettrici rispetto a un’inerzia di quelli termici. La presenza di laboratori e la continuità del lavoro per personale ridotto ha comunque determinato un aumento dei consumi rispetto all’anno precedente. L’impreparazione a quello che sarebbe successo ha inciso anche sui consumi energetici, considerato che l’Università copre circa il 3% dei consumi del comune.
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