Tra gli incendi delle aree boschive e la contaminazione dei sedimenti del Mar Mediterraneo esiste un legame. Per capire l’effetto sull’ambiente terrestre e sul mare, oltre che dei rispettivi abitanti, i dipartimenti di Scienze dell’ambiente e della terra e di Economia, metodi quantitativi e strategie d’impresa dell’università di Milano-Bicocca hanno elaborato un modello matematico-statistico.
Incendi boschivi e contaminazione Mediterraneo
Lo studio “Spatial and temporal trends in the ecological risk posed by polycyclic aromatic hydrocarbons in Mediterranean Sea sediments using large-scale monitoring data” è stato pubblicato sulla rivista Ecological Indicators (Elsevier). La ricerca, guidata dall’ecologa Sara Villa, ha ricostruito l’andamento spaziale e temporale del rischio rappresentato dalla presenza di 16 idrocarburi policiclici aromatici (Ipa) per le comunità bentoniche, gli organismi che vivono nei sedimenti del Mediterraneo.
Questi organismi sono fondamentali per l’ecosistema acquatico. Il loro stato di salute riflette quello del mare in cui vivono. In particolare, sono una fonte di cibo per altri animali e, pertanto, sono capaci di trasmettere lungo l’intera catena trofica i contaminanti che assimilano dai sedimenti.
Con l’occasione, i ricercatori hanno studiato le origini della contaminazione da Ipa in mare. “Con i nostri indici abbiamo notato che l’origine della contaminazione era molto spesso legata a combustione di biomasse naturali”, spiega in una nota stampa Sara Villa. Per capire quali fossero gli impatti degli incendi sulla qualità dell’ambiente acquatico, prosegue, “abbiamo constatato che all’aumentare degli incendi, aumenta la contaminazione dei sedimenti marini con un tempo di risposta di tre anni circa”. Nella maggior parte dei casi si evince che gli idrocarburi policiclici aromatici hanno origine antropica.
Da dove arrivano i contaminanti
I risultati indicano che gli Ipa presenti nei sedimenti mediterranei provengono principalmente da fonti antropiche, ossia dalla combustione incompleta di carbone, legna o benzina o da processi industriali, ivi inclusi l’uso di petrolio e/o acque reflue industriali o urbane. Tuttavia, possono anche essere emessi da fonti naturali, come gli incendi boschivi o l’attività vulcanica. Questi contaminanti possono essere trasportati su lunghe distanze e sono capaci di entrare nell’ambiente acquatico, o attraverso percorsi atmosferici dopo processi di deposizione secca o umida o perché trasportati dalle acque di pioggia verso i corsi d’acqua e quindi in mare.
La possibilità di sfruttare unità di misura per valutare lo stato dei contaminanti nell’ambiente acquatico e terrestre rappresenta “un aspetto nuovo e strategico sul quale incardinare la lotta agli incendi nelle aree boschive e spingere ad una maggiore consapevolezza pubblica, per proteggere non solo l’ambiente terrestre ma anche quello marino”, sottolinea Villa. Redigere e attuare strategie di prevenzione degli incendi boschivi, in Italia e in Europa, è importante “anche per la protezione del Mar Mediterraneo, soprattutto alla luce dei preoccupanti scenari che prevedono l’aumento della frequenza e dell’intensità degli incendi boschivi in correlazione con i cambiamenti climatici e con la frequenza degli eventi estremi”, conclude Villa.
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