L’enciclopedia Treccani classifica la desertificazione come “un processo di degradazione dei sistemi ambientali asciutti, associato agli effetti dell’azione umana, e la cui entità è variabile, sino all’instaurazione di condizioni di tipo desertico”.
Rappresenta una delle più importanti sfide ambientali dell’epoca: è per questo che, il 17 giugno di ogni anno, si celebra la Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità, promossa dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la desertificazione (UNCCD), siglata esattamente trent’anni fa.
“Uniti per la terra”, il tema dell’edizione 2024
Il tema scelto per l’edizione 2024 è “Uniti per la terra. Il nostro patrimonio. Il nostro futuro” (“United for Land. Our Legacy. Our Future”) e fa riferimento alla necessità di preservare la salubrità dei territori per garantire il benessere degli abitanti. Le celebrazioni ufficiali si terranno in Germania a Bonn, città che ospita il segretariato dell’UNCCD, e si svolgeranno in collaborazione con il Ministero tedesco per la Cooperazione e lo Sviluppo economico.
L’avanzamento della desertificazione
La fertilità dei suoli è minacciata dall’aumento della popolazione globale e della domanda di risorse naturali, associato a uno schema insostenibile di produzione e consumo, che andrebbe rimpiazzato con un modello rigenerativo e circolare. Il 40 per cento di tutto il suolo nel mondo, come riporta il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA), è già considerato degradato e questa superficie aumenta ogni secondo per l’equivalente di quattro campi da calcio.
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L’impatto sugli esseri umani
Siccità e desertificazione causano ogni anno la migrazione forzata di milioni di esseri umani. Oltre due miliardi di persone vivono in aree ad alto stress idrico, quattro miliardi sperimentano gravi scarsità d’acqua e 1,8 miliardi utilizzano fonti di acqua potabile contaminata, secondo quanto riportato dalla Sociètè de L’Eau Aèrienne Suisse (SEAS SA), che ha messo a punto un rivoluzionario sistema integrato in grado di produrre acqua di alta qualità dall’aria. L’azienda ha recentemente annunciato l’installazione di nuovi sistemi negli Stati Uniti d’America, alle Maldive e in Spagna.
Il trasporto di polveri sahariane
Dovremo impegnarci a garantire il ripristino di 1,5 miliardi di ettari di suoli degradati entro il 2030, secondo l’UNCCD, i cui Paesi firmatari si riuniranno a Riyadh dal 2 al 13 dicembre 2024. Accanto alla degradazione dei suoli, avviene anche l’espansione dei deserti esistenti.
E se “il trasporto di polveri sahariane attraverso il Mediterraneo verso l’Europa non è insolito, le osservazioni mostrano un aumento dell’intensità e della frequenza di questi eventi in alcune parti d’Europa negli ultimi anni, evidenziando l’importanza di un monitoraggio continuo della nostra atmosfera per capire come la qualità dell’aria potrebbe cambiare in relazione a questi episodi”. Lo ha dichiarato Mark Parrington, Senior Scientist del Servizio di monitoraggio dell’atmosfera di Copernicus (CAMS).
Dal 10 giugno, infatti, le previsioni del CAMS mostrano un episodio di trasporto di polvere sahariana che attraversa il Mediterraneo centrale e orientale, con conseguenti elevate concentrazioni superficiali di PM10 in aree come Bulgaria, Cipro e Grecia per diversi giorni, con valori significativamente superiori alla soglia di esposizione media di 24 ore di 50 µg/m³ stabilita dall’UE per la qualità dell’aria.
Il consiglio della SIMA
“Si stima che dal Sahara si sollevino ogni anno circa 180 milioni di tonnellate di polveri che vanno ad aggiungersi al PM2,5 e PM10 già presente in atmosfera, con ripercussioni sul fronte della salute pubblica. I soggetti più a rischio sono bambini, anziani, cardiopatici e chi soffre di malattie respiratorie, a partire dall’asma”, ha spiegato Alessandro Miani, presidente della Società italiana di medicina ambientale (SIMA).
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“Le polveri infatti possono avere anche metalli pesanti al loro interno e unirsi alle sostanze inquinanti già presenti nell’aria, e finiscono per essere inalate dall’uomo. Il consiglio è quindi quello di evitare il più possibile l’esposizione alle polveri desertiche, specie per i soggetti che già soffrono di malattie o disturbi respiratori”.
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