I ghiacciai alpini hanno perso circa il 30% della loro superficie negli ultimi trent’anni con disastrose conseguenze, non solo per gli ecosistemi montani, ma anche per le comunità a valle. A lanciare l’allarme è Greenpeace che, insieme al Comitato glaciologico italiano e al dipartimento di Scienze e politiche ambientali dell’università degli studi di Milano, ha condotto una spedizione sul ghiacciaio del Lys, in Valle d’Aosta, nel gruppo del Monte Rosa.
L’organizzazione ambientalista ha osservato gli effetti del cambiamento climatico e delle attività antropiche nell’ambito del progetto Fino all’ultima goccia.
I ghiacciai arretrano e le acque di fusione sono inquinate
L’impietosa fotografia che emerge dalla spedizione restituisce l’immagine di “ghiacciai che arretrano e si fondono a un ritmo allarmante, acque di fusione potenzialmente contaminate da sostanze inquinanti che mettono a rischio la biodiversità degli ecosistemi montani e vallivi” si legge nella nota stampa di resoconto.
In particolare, i ricercatori e il team di Greenpeace hanno documentato il ritiro del ghiacciaio del Lys: dai primi dell’Ottocento a oggi ha perso ben 2 km di lunghezza e presenta tra i tre e i quattro corpi glaciali disconnessi. Una sorte purtroppo condivisa con gli altri ghiacciai italiani: si stima infatti che tra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento erano all’incirca un migliaio, con una superficie complessiva di 650 km quadrati.
Molti sono oramai estinti e i rimanenti occupano solamente una superficie di 370 km quadrati, una perdita di circa il 50%: “L’innalzamento delle temperature e la fusione dei ghiacciai, accelerati negli ultimi 30 anni principalmente a causa delle attività umane, stanno avendo e avranno ancor più in futuro grandi ripercussioni sulla disponibilità della risorsa idrica e sulla sua stagionalità” osserva Luigi Perotti, segretario del Comitato glaciologico italiano.
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Ghiacciai sono sentinelle del cambiamento climatico
I ghiacciai, come quello del Lys, sono sentinelle del cambiamento climatico, conservano le tracce del nostro passato e sono importanti riserve d’acqua. Da qui nasci la necessità di studiarli e proteggerli dagli impatti del climate change e dell’inquinamento urbano. Durante la spedizione, sono stati infatti prelevati campioni dalle acque di fusione del Lys, per analizzare la presenza di possibili residui di Pfas e di fitofarmaci: “Con il nostro progetto Fino all’ultima goccia vogliamo chiedere impegni concreti a governi e aziende, per ripensare il nostro modello produttivo e ridurre le emissioni climalteranti e l’inquinamento” dichiara nella nota stampa Simona Savini di Greenpeace Italia.
L’inquinamento proveniente da agricoltura intensiva e da produzioni industriali si diffonde ad alta anche attraverso le precipitazioni: la presenza di nitrati, provenienti principalmente dal traffico veicolare e dall’uso di fertilizzanti in pianura, viene monitorata dall’Istituto scientifico Angelo Mosso, in collaborazione con il Cnr Irsa.
È ormai noto che il cambiamento climatico sta accelerando la fusione glaciale, rilasciando non solo acque di fusione, ma anche contaminanti ambientali rimasti intrappolati nei ghiacci anche per decenni: “Sono molecole storiche estremamente reattive e potenzialmente pericolose per la salute degli organismi che popolano gli ecosistemi montani e vallivi, per questo è molto importante indagarne e monitorarne la presenza” conclude nella nota Marco Parolini del dipartimento di Scienze e politiche ambientali dell’università di Milano.
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