L’importanza del capitale naturale blu

Le riflessioni emerse al Blue Economy Summit di Milano e l’intervista a Minna Epps dell’IUCN

“Se si pensa alla natura come a una risorsa illimitata, significa assegnarle un valore corrispondente a zero”. Le risorse naturali, tuttavia, non sono illimitate… Proprio oggi, in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, il Global Footprint Network ha annunciato che, quest’anno, l’Earth Overshoot Day cadrà il primo agosto; un giorno in anticipo rispetto all’anno scorso.

Ralph Chami capitale naturale blu
Ralph Chami, AD Blue Green Future © Elisabetta Scuri/Canale Energia

“Quando si cerca di calcolare il valore di un albero, si pensa subito a quando lo si taglia per vendere il legname, ma qual è invece il valore di un albero vivente?”. Queste le riflessioni di Ralph Chami, amministratore delegato e & co-fondatore di Blue Green Future e Rebalance Earth, al Blue Economy Summit del 4 giugno. L’evento, svoltosi presso l’Università Bocconi di Milano, è stato organizzato da One Ocean Foundation nell’ambito dell’Ocean Week. L’8 giugno si celebrerà infatti la Giornata mondiale degli oceani.

Un mercato legato ai servizi forniti dagli oceani

A dimostrazione che neppure le risorse dell’oceano sono inesauribili, Carlos Duarte, professore di scienze marine alla KAUST e membro del comitato scientifico di One Ocean Foundation, ha ricordato le minacce corse da importanti predatori come gli squali e da importanti ecosistemi come le scogliere coralline. Se la popolazione mondiale di squali e razze si è ridotta del 70 per cento fra il 1970 e il 2018, si stima che quasi due terzi dei coralli possano essere andati incontro al fenomeno dello sbiancamento nel corso del 2023.

Duarte ha spiegato che il capitale naturale blu è costituito dagli ecosistemi marini e dai servizi ecosistemici che questi forniscono. “Forse non possiamo possederlo, ma possiamo investirci. Il carbonio blu è uno degli asset di questo mercato”.

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Il capitale naturale blu e l’economia “rigenerativa”

Non è sufficiente parlare di economia blu, secondo Minna Epps, a capo del programma sull’oceano dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN). “È necessario parlare di economia blu rigenerativa” (la video intervista completa è in cima all’articolo). E sono cinque i settori che, secondo l’organizzazione, devono essere presi in considerazione:

  1. il trasporto navale;
  2. il turismo;
  3. la pesca e l’acquacoltura;
  4. l’energia;
  5. la conservazione della biodiversità marina.
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Minna Epps, a capo del programma sull’oceano dell’IUCN, e gli altri membri del suo panel © Elisabetta Scuri/Canale Energia

Il tema del World Ocean Day 2024, Catalyzing Action for Our Ocean & Climate, fa riferimento proprio all’importanza di cooperare per adottare soluzioni trasversali che contribuiscano contemporaneamente alla salute dell’oceano e a quella del clima, che sono strettamente interconnesse. Del resto, anche la sopravvivenza della specie umana dipende dalla transizione ecologica.

“Serve un approccio olistico”, ha rimarcato Epps. “Bisogna investire sia nelle soluzioni derivanti dalla natura, sia in quelle ispirate alla natura. E occorre definire una tassonomia blu, come fatto nel caso della tassonomia verde, preservando al tempo stesso il concetto di giustizia blu e, dunque, tutelando i diritti delle comunità costiere, delle popolazioni indigene e dei piccoli pescatori.

La condivisione delle best practice

“L’impatto sull’ambiente rappresenta un aspetto che deve essere considerato da tutte le organizzazioni, e servono investimenti a tutti i livelli”, ha aggiunto Torsten Thiele, direttore esecutivo del Global Ocean Trust. Thiele ha evidenziato come il Regno Unito e gli Stati Uniti abbiano compiuto degli importanti passi avanti da questo punto di vista. In UK è stata pubblicata quest’anno una roadmap per la creazione dei cosiddetti High-Integrity Marine Natural Capital Markets, mentre negli USA era stata lanciata l’anno scorso una strategia per “includere la natura nel bilancio della nazione”.

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Condividere le buone pratiche rappresenta senza dubbio una strategia importante. “Dato che parliamo di questioni che superano i confini nazionali, la cooperazione internazionale gioca un ruolo fondamentale”, ha commentato Sylvie Goulard, co-direttrice dell’International Advisory Panel on Biodiversity Credits (IAPB). “Il panel è nato con un focus sulle foreste, ma abbiamo deciso di includere anche gli oceani e creare dei gruppi di lavoro trasversali”. Proprio allo scopo di aprire un dibattito costruttivo sul tema, il panel ha da poco portato a termine una seconda consultazione pubblica: per tutti gli aggiornamenti, basta fare riferimento all’apposito sito web.


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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.