I Paesi di tutto il mondo hanno promesso di porre fine alla deforestazione entro il 2030, con risorse pari a 19,2 miliardi di dollari. I presidenti di Cina, Brasile e Stati Uniti, rispettivamente Xi Jinping, Jair Bolsonaro e Joe Biden, sono tra i leader che ieri alla Cop26 di Glasgow si sono impegnati a proteggere aree vastissime, che vanno dalla taiga della Siberia orientale al bacino del Congo, sede della seconda foresta pluviale più grande del mondo.
La Dichiarazione sull’uso delle foreste e della terra è il primo obiettivo raggiunto alla Cop (31 ottobre-12 novembre), in particolare durante il World Leaders Summit (1-2 novembre). Si tratta della riunione dei capi di Stato e di Governo per annunciare gli impegni dei rispettivi Paesi volti al raggiungimento della decarbonizzazione e della neutralità climatica.
2nd day at #COP26.
Looking forward to addressing key climate issues:– carbon pricing, with @JustinTrudeau
– addressing climate through infrastructure development, with @POTUS
– forests
– Global Methane Pledge, with @POTUS
– innovation, with @BillGates & @eib President Hoyer pic.twitter.com/o2T133ObaF— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 2, 2021
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Il costo del disboscamento
Il disboscamento è responsabile di quasi un quarto delle emissioni di gas serra, in gran parte derivanti dalla distruzione delle foreste del mondo per prodotti alimentari, come l’olio di palma, la soia e il manzo.
Attraverso la firma della Dichiarazione presidenti e primi ministri dei paesi partecipanti alla Cop si impegneranno a proteggere gli ecosistemi forestali. Si respira maggiore determinazione, rispetto a precedenti accordi, da parte di Cina e Stati Uniti oltre che di Brasile, Repubblica Democratica del Congo e Papua Nuova Guinea.
La prima vittoria del Regno Unito sulla deforestazione
Gli impegni sulla deforestazione sono una prima vittoria per il Regno Unito, ma la dichiarazione politica è volontaria e non fa parte del processo di Parigi. Si tratta di una serie di accordi collaterali che la presidenza britannica sta spingendo insieme a quelli sulle emissioni derivanti dal metano, dai trasporti e dall’utilizzo del carbone.
"I, for one, hope that this conference will be one of those rare occasions where everyone will have the chance to rise above the politics of the moment, and achieve true statesmanship.”
The Queen has delivered a video message to mark the start of #COP26
— The Royal Family (@RoyalFamily) November 1, 2021
I finanziamenti previsti
Il giornale inglese The Guardian riporta che il pacchetto di finanziamenti include: 5,3 miliardi di sterline di nuovi finanziamenti privati e 8,75 miliardi di sterline di finanziamenti pubblici per ripristinare le terre degradate, sostenere le comunità indigene, proteggere le foreste e mitigare i danni degli incendi. Fanno parte dell’accordo anche un impegno da parte degli amministratori delegati a eliminare le attività legate alla deforestazione e un finanziamento di 1,5 miliardi di sterline da parte del governo britannico per le foreste. All’Indonesia andranno 350 milioni di sterline e 200 milioni al bacino del Congo, con un nuovo fondo di 1,1 miliardi di sterline per la foresta pluviale dell’Africa occidentale. Con 1,25 miliardi di sterline governi e filantropi finanzieranno le attività di protezione delle foreste promosse direttamente dai popoli indigeni e dalle comunità locali.
La posizione degli attivisti
Per Carlos Rittl, che lavora in Brasile per la Rainforest Foundation Norway, come riportato sul Guardian:“Grandi assegni non salveranno le foreste se il denaro non va nelle mani giuste”, sottolineando che le risorse dovrebber essere destinati a gruppi indigeni e a coloro che sono impegnati a proteggere la foresta.
Secondo Mina Setra, attivista dei diritti indigeni del Borneo, i fondi stanziati sono insufficienti. Dichiara al Guardian: “Siamo sottovalutati e i nostri diritti non sono ancora rispettati, una dichiarazione non è sufficiente. Abbiamo bisogno di prove, non solo di parole”.
L’obiettivo dell’India di emissioni nette zero al 2070
Momento chiave, quello in cui l’India si è impegnata a raggiungere emissioni nette zero entro il 2070, compatibilmente con il suo piano di sviluppo. È la prima volta che il Paese fissa un obiettivo e si impegna a ridurre le sue emissioni, seppure 20 anni dopo la data concordata dai Paesi sviluppati.
Atteso nelle prossime ore il premier giapponese Fumio Kishida per la sua prima uscita ufficiale.
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