Ha ufficialmente preso il via il primo programma nazionale per il recupero delle plastiche nei fiumi: lo ha reso noto la viceministra dell’Ambiente, Vannia Gava, il 14 dicembre. Il provvedimento, finanziato da un apposito decreto ministeriale, rientra nell’ambito della legge SalvaMare.
Prevede la realizzazione di interventi strutturali per il prelievo e la gestione dei rifiuti presenti nei corsi d’acqua del nostro Paese, campagne organizzate con le associazioni di volontariato e iniziative di sensibilizzazione sul tema, unitamente a specifiche misure delle Autorità di bacino distrettuali.
“Si tratta di misure con cui il Ministero dell’Ambiente contribuisce fattivamente a favorire una economia circolare dei rifiuti, compresi quelli che interessano i fiumi e i mari italiani, sempre più vulnerabili ed esposti al pericolo dell’inquinamento antropico”, ha dichiarato Gava.
I dati dell’Ispra sulla plastica nei fiumi
Le ultime attività di monitoraggio dell’Ispra – che hanno interessato i fiumi Adige, Agri, Magra, Misa, Neto, Ombrone, Pescara, Po, Reno, Sarno, Simeto e Tevere – hanno rivelato che l’85 per cento dei rifiuti dispersi nei corsi d’acqua italiani è costituito da plastica, il 35 per cento della quale monouso. Seguono gli oggetti di carta (circa 5 per cento) e di metallo (3 per cento).
Leggi anche: Qual è il ruolo dei fiumi nel ciclo globale del carbonio
La maggior parte dei rifiuti, stando all’Ispra, deriva da attività legate alla produzione e consumo di alimenti, anche se per molti oggetti non è stato possibile identificarne l’uso originale. Generalmente compiono percorsi brevi, fermandosi in numerose aree di accumulo differenti prima di giungere a mare. Impedire che ciò accada, dunque, può davvero dare un grosso contributo alla risoluzione del problema dell’inquinamento degli oceani.
Per ricevere quotidianamente i nostri aggiornamenti su energia e transizione ecologica, basta iscriversi alla nostra newsletter gratuita
e riproduzione totale o parziale in qualunque formato degli articoli presenti sul sito.