Adottando su larga scala le pratiche di agricoltura rigenerativa, il settore agricolo può ridurre fino al 30% la quota delle emissioni globali. Ciò permetterebbe di liberare il potenziale di sequestro del carbonio del suolo, stimato per compensare fino al 27% della CO2 e restare al di sotto dei 2°C. Lo rivela il rapporto del movimento Salva il Suolo, pubblicato l’1 novembre, secondo cui i suoli del mondo contengono circa 1.500-2.400 gigatonnellate di carbonio organico nel metro superiore.
Un aumento annuo dello 0,4% di questa riserva di carbonio significherebbe immagazzinare da sei a dieci gigatonnellate di carbonio in più ogni anno. Le attuali emissioni globali antropogeniche ammontano a circa 40 Gt di CO2 all’anno che equivalgono a circa 11 Gt di carbonio: “Pertanto, almeno teoricamente, il potenziale dei suoli di compensare le emissioni annuali di CO2 per raggiungere l’obiettivo di zero netto è altamente significativo” si legge nel report.
Integrare l’agricoltura rigenerativa nelle strategie di mitigazione
Questa transizione richiede un cambiamento fondamentale nelle pratiche agricole, dando priorità alla salute dei suoli e alla biodiversità, per garantire un sistema alimentare resiliente e sostenibile. Il report sottolinea la necessità di integrare l’agricoltura rigenerativa nelle strategie globali di mitigazione del cambiamento climatico, “riconoscendo il profondo impatto della salute del suolo sul sequestro del carbonio e sulla riduzione delle emissioni” si legge a commento.
Tuttavia, questo potenziale di sequestro può essere realizzato solo se i suoli sono in condizioni sane. Le emissioni di gas serra provenienti dall’agricoltura variano significativamente tra le diverse aree, influenzate da fattori quali le pratiche agricole, l’utilizzo dei terreni e dei tipi di colture o bestiame prodotti: “C’è una certa incertezza sulla quantità totale di emissioni di cui il settore agricolo è responsabile oggi. Le stime variano dal 14 al 30% di tutte le emissioni di gas serra antropogeniche. Le prove suggeriscono che, nel tempo, l’agricoltura globale è diventata più efficiente in termini di emissioni di gas serra” si evidenzia nel rapporto. Sebbene la produzione sia aumentata rapidamente, le emissioni sono state sempre più disaccoppiate dalla produzione: entro il 2007, l’impronta di carbonio media globale, per unità di raccolto e bestiame prodotti, era rispettivamente del 39% e del 44%, inferiore rispetto al 1970.
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Rilascio 1% di carbonio da suoli europei è pari a emissioni di 1 mld di auto
Poiché non si prevede che i requisiti di resa globale diminuiscano, è necessario esaminare la possibilità di un continuo disaccoppiamento tra produzione agricola ed emissioni. È necessario mantenere lo stock di carbonio esistente per garantire che i suoli non diventino fonti di emissioni: ad esempio, un rilascio di appena l’1% del carbonio ora contenuto nei soli suoli europei sarebbe pari alle emissioni annuali di 1 miliardo di auto.
Un’analisi condotta nel 2016, riportata nel documento, ha rivelato che i terreni lavorati emettono in media il 21% in più di CO2 rispetto a quelli non lavorati. In particolare, questa differenza sale al 29% nei terreni degradati con basso contenuto di carbonio organico nel suolo (inferiore all’1%). Lo studio rivela che le pratiche di agricoltura rigenerativa hanno ridotto le emissioni di CO2 rispettivamente del 45% e del 51% in media in 6 anni. I risultati dimostrano che l’adozione di pratiche di non lavorazione può ridurre significativamente le perdite di anidride carbonica dai terreni asciutti, fornendo uno strumento prezioso per mitigare il cambiamento climatico. Infine, il miglioramento della salute del suolo, tra cui il ridotto utilizzo di input sintetici come i fertilizzanti azotati, può contribuire a realizzare ulteriori benefici di sequestro del carbonio.
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